Sisma Marocco, tra aiuti a rilento e la dura vita in tendopoli

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Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

La macchina degli aiuti fatica a inerpicarsi per strade di montagna spesso interrotte da enormi massi che ostruiscono il passaggio o da pezzi di montagna crollati sull’asfalto. È un paesaggio lunare. E molti paesi, quelli più in alto, sono ancora isolati. C’è bisogno di tutto, dall’acqua al cibo, dai vestiti alle coperte. E dove non arriva a macchina degli aiuti umanitari ufficiali provano a sopperire i privati, con l’aiuto fai da te

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Il terremoto ha colpito di notte, e la notte, per gli sfollati, è il momento peggiore. Migliaia di persone, tra le montagne dell’Atlante, a sud di Marrakech, vivono accampate alle porte di villaggi semidistrutti dal sisma. Nessuno si fida più a dormire in casa, e molti, comunque, una casa non ce l’hanno più. Tende improvvisate, due stuoie, e le poche coperte che si è riusciti a estrarre dalle macerie. Questo è tutto quello che hanno ( TERREMOTO MAROCCO, ALMENO 2500 VITTIMETUTTE LE NOTIZIE SUL SISMA).

La macchina degli aiuti fatica a inerpicarsi per strade di montagna spesso interrotte da enormi massi che ostruiscono il passaggio o da pezzi di montagna crollati sull’asfalto. È un paesaggio lunare. E molti paesi, quelli più in alto, sono ancora isolati. C’è bisogno di tutto, dall’acqua al cibo, dai vestiti alle coperte. E dove non arriva a macchina degli aiuti umanitari ufficiali provano a sopperire i privati, con l’aiuto fai da te.

Le statali che portano alle montagne vedono una processione continua di ambulanze ma anche di camion, camioncini e auto cariche di cibo e coperte. Chi può e ha i mezzi si organizza e parte per portare aiuto dove serve. Sulla via per Moulay Brahim, una delle località più duramente colpite, incontriamo un gruppo di runner di Marrakech. Invece di andare a correre hanno riempito le proprie auto di generi di prima necessità e sono partiti a distribuirli.

Arrivati in paese gli abitanti ci mostrano le proprie case distrutte, raccontano dei propri morti e rivivono i momenti della scossa: “È saltata la luce, nel buio in cucina mi sono aggrappato a quello che ho trovato, in quegli istanti non sai quale muro potrebbe cadere. Poi smette di colpo, e capisci che devi scappare per salvarti la vita” racconta un ragazzo che prova a organizzare la tendopoli alle porte del paese.

Il paese più a valle si chiama Asní ed è diventato un centro di raccolta degli aiuti. Qui sono arrivate le tende messe dall’esercito. Ma troppi camion passano per andare nei paesi più remoti senza fermarsi a scaricare niente per queste persone, che pure hanno bisogno di assistenza. E allora gli sfollati decidono di bloccare la strada e di saccheggiare gli aiuti. Anche qui servono acqua, cibo e coperte, e se le prendono con la forza. Per sbloccare la situazione serve l’intervento della polizia.

Lo stato dei villaggi


Nei villaggi subito sopra, come a Tansrat, bisogna organizzarsi da soli. Un gruppo di famiglie si è trasferito sul piazzale davanti a una casa ormai pericolante. I bambini e i ragazzi sono incaricati di andare a recuperare materassi, coperte, cuscini e suppellettili all’interno delle case. La prospettiva è di dormire all’aperto per tutti i lunghi mesi dell’inverno, e bisogna organizzarsi rapidamente perché già adesso in montagna la temperatura di notte scende moltissimo. Su 180 abitanti ci sono stati 10 morti, tra cui due sorelline di 2 e 7 anni. Le case sono costruite con mattoni di fango, e non hanno retto alla scossa più forte. Bisognerà ricostruire quasi tutto, e ci vorrà tempo. Nel frattempo si dorme all’aperto.

E questo è solo quello che si riesce a vedere, perché apparentemente la situazione peggiore si ha nei villaggi più alti, oltre i 2.000 metri, quelli più vicini all’epicentro del sisma. Per arrivare nei luoghi più remoti le strade sono ancora interrotte, e si va avanti solo a dorso di mulo. In alcuni casi si starebbe ancora scavando tra le macerie a mano, senza alcun altro aiuto. Una ragazza che incontriamo in una delle tante tendopoli sulla strada è disperata, i suoi familiari sono intrappolati più a sud, più in alto sulle montagne, e non riesce a raggiungerli. Piange e prova a chiamarli. Ma su in montagna anche internet non prende. Bisogna sperare di riuscire a parlare al telefono, ma spesso manca anche l’elettricità per metterlo in carica. E di questi tempi non è scontato: “La situazione su in montagna è disperata, bisogna aiutarli subito, sono da soli”.

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