“Il processo finalmente è finito e sento che ho il diritto di tornare a vedere i miei colleghi, di ritirare la laurea, di condurre una vita normale a Bologna", ha detto il ricercatore e attivista, rilasciato ieri dopo aver ricevuto la grazia di al-Sisi. Poi tornerà nel Paese africano per le nozze con la fidanzata Reny Iskander
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Patrick Zaki sarà in Italia tra “un paio di giorni”. A comunicare il cambiamento nei piani è stato lo stesso ricercatore tramite il suo profilo Twitter, spiegando che è “venuto alla nostra attenzione che i documenti ufficiali per revocare il divieto di viaggio saranno finalizzati domenica a mezzogiorno. Quindi, dopo dovremo viaggiare per assicurarci che la mia situazione legale sia chiara al 100%. Stai tranquillo Bologna, arrivo tra un paio di giorni, dobbiamo solo aspettare altri due giorni”. Intanto, secondo quanto si apprende, Zaki avrebbe rifiutato il volo speciale che era stato messo a disposizione dal governo italiano e non intenderebbe incontrare nè farsi assistere da autorità dell'esecutivo di Roma. Sulla base della grazia concessa dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, ieri il neolaureato dell’Alma Mater di Bologna ha potuto lasciare il commissariato di polizia dove era trattenuto dal 18 luglio, quando aveva ricevuto la condanna a tre anni di carcere per diffusione di notizie false attraverso un articolo. Adesso guarda all’Italia: “Il processo finalmente è finito e sento che ho il diritto di tornare a vedere i miei colleghi, di ritirare la laurea, di condurre una vita normale a Bologna. Sto programmando di essere lì sabato mattina arrivando a Milano" con un volo di linea. "Sarò a Bologna due settimane per incontrare i miei amici, i miei professori, tutte le persone che mi mancano in Italia”, ha detto. Il suo non sarà però un addio all’Egitto. Anzi: tornerà nel Paese africano per sposarsi con la fidanzata Reny Iskander. Solo dopo le nozze, "sicuramente tornerò in Italia per riprendere i miei studi e la mia vita a Bologna" (LE TAPPE DEL CASO ZAKI)
Zaki: "Ora spero vengano rilasciati tutti i detenuti politici"
Zaki, appena graziato dal presidente Abdel Fattah al-Sisi, "dopo essere arrivato a casa sua ha dichiarato che vorrebbe vedere più rilasci nel prossimo periodo per tutti i prigionieri nei casi di libertà di opinione e di espressione". Lo ha scritto su Twitter il sito di opposizione oscurato in Egitto Mada Masr. "Sono sollevato per quello che è successo, ho molti progetti che sto cercando di realizzare, tra cui sposarmi e continuare il mio dottorato - ha detto Zaki -. Spero che tutti vengano rilasciati e che il caso dei prigionieri politici venga risolto completamente", riporta il tweet. Contattato telefonicamente, Patrick ha confermato di aver rilasciato la dichiarazione.
"Sentivo che sarei tornato in carcere"
Il caso giudiziario è durato più di tre anni. Zaki era stato arrestato il 7 febbraio 2020 in Egitto con l’accusa – tra le altre cose – di aver diffuso notizie false, quando era ancora uno studente dell’Alma Mater. Poi ci sono stati i lunghi mesi di custodia cautelare, la scarcerazione (senza assoluzione), gli infiniti rinvii dell’udienza finale, il verdetto lo scorso 18 luglio. "Sentivo che sarei tornato di nuovo" alla spirale di "carcere e attesa", e che il mio futuro era "bloccato da altra "prigione" e poi dal "divieto di viaggiare", ha detto Zaki. Invece è arrivata la grazia. "Un gesto di grande importanza che è stato molto apprezzato in Italia", ha sottolineato la premier Giorgia Meloni ringraziando Sisi in una telefonata durante la quale i due hanno espresso l'auspicio di incontrarsi "presto".
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Tajani: "Nessun baratto con caso Regeni"
La fine del caso di Zaki è stata vista come "uno sviluppo positivo" per le relazioni tra Egitto ed Unione europea, che "continuerà a collaborare" col Cairo "per promuovere il buon governo e i diritti umani, anche attraverso la nostra cooperazione bilaterale", ha dichiarato il portavoce del Servizio di Azione Esterna dell'Ue. Adesso si attendono però risposte su cosa è successo a Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito a Il Cairo il 25 gennaio 2016 e trovato morto il 3 febbraio dello stesso anno. Per la grazia a Patrick, ha assicurato da parte sua il ministro degli Esteri Antonio Tajani, c'è stato solo un lungo sforzo diplomatico e "nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco" per chiudere il caso Regeni. Su cui, anzi, il governo continua a lavorare: "Su Regeni stiamo continuando a chiedere di darci tutte le informazioni necessarie per poter procedere nel processo". E lancia un messaggio ai più critici: "A chi diceva che ci facevamo prendere in giro abbiamo dimostrato che la serietà del governo, della diplomazia, dell'intelligence hanno portato risultati positivi. Così come liberammo Alessia Piperno dalle carceri in Iran. Senza fare clamore, minacce, urla, manifestazioni, portiamo a casa i risultati".