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Tunisia, il reportage di Sky TG24 sulle spiagge della morte

Mondo
Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

La mafia dei barchini in metallo manda a morire i migranti, sapendo di farlo. E incassa. Le partenze degli immigrati subsahariani alla volta di Lampedusa avvengono a bordo di bagnarole, costruite in fretta e a pochi soldi e riempite fino all’estremo E i pescatori sono terrorizzati dalle possibili vendette dei trafficanti

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I pescatori raccontano che in questo mare muoiono gli uomini. Tanti uomini. E che a mandarli a morire sono altri uomini, che sanno molto bene quello che fanno. Noi li chiamiamo trafficanti, loro li chiamano passeurs, ma forse dovremmo chiamarli assassini o addirittura stragisti. Che ripetono il loro crimine per fare più soldi.

Il terrore delle vendette da parte dei trafficanti

La mafia tunisina dei barchini in metallo manda a morire i migranti, sapendo di farlo. E incassa. Le partenze degli immigrati subsahariani dalla Tunisia alla volta di Lampedusa avvengono infatti quasi tutte a bordo di queste bagnarole, costruite in fretta e a pochi soldi e riempite fino all’estremo di migranti neri. I pescatori di questo villaggio a Nord di Sfax ci parlano, implorandoci di non farli riconoscere. Sono terrorizzati dalle possibili vendette dei trafficanti. Che sono criminali spietati: “I trafficanti si approfittano dei subsahariani: li mettono in barche di metallo il cui spessore è al massimo di 3 millimetri. Ovviamente annegano e muoiono dopo pochi chilometri dalla partenza. A questi trafficanti interessano solo i soldi”. 

Barchini
Barchini in ferro distrutti dalla polizia e case abbandonate sul litorale a nord di Sfax

Se si prova a muovere questi barchini ci si accorge facilmente di quanto siano fragili, con delle saldature improvvisate, e non osiamo immaginare cosa possa accadere in mare aperto, con la barca stracarica di persone. Un altro pescatore ci dice che secondo lui arriva in Italia, a Lampedusa, appena il 10% dei barchini che partono e, solo da questa spiaggia, loro ne vedono partire tantissimi. 

Una proiezione di oltre 200mila annegati

Se il tasso di mortalità fosse questo, con 25 mila arrivi in Italia dalla Tunisia dall’inizio dell’anno gli annegati sarebbero oltre 200mila. Una strage senza pari. Di cui non si avrebbe notizia. Di certo, dal nostro punto di osservazione, alcune spiagge della Tunisia tra Sousse e il confine con la Libia, il numero potrebbe essere nell’ordine delle migliaia, se non di più. Le partenze sembrano continue. Così come i ritrovamenti dei cadaveri di cui i pescatori ci mostrano i video e le foto. Molto spesso, ci raccontano, recuperano i corpi in mare, anche di bambini, perché in ogni barchino ci sono sempre almeno quattro o cinque bambini. C’è anche chi ha visto un cadavere di un bimbo sulla spiaggia con un cane che gli mangiava i piedi.  

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Le fabbriche di queste bare galleggianti sono clandestine, ricavate in abitazioni private nell'entroterra. Come possano arrivare fino in spiaggia senza essere fermate dalla polizia è un mistero la cui soluzione è forse da cercare nella corruzione.
La partenza avviene in pochi minuti, di notte o di primo mattino. Sulla spiaggia arrivano i camion che scaricano i migranti e le barche, su ognuna devono salire in 40, e ognuno ha pagato tra i mille e i 1.500 euro. Poi i trafficanti consegnano un motore fuoribordo da pochi cavalli e scappano per non farsi prendere dalla polizia. I migranti partono da soli, più in fretta che possono. E le loro barche sembrano tante piccole formiche sul mare dell'alba.

Nessuna chance di riottenere il denaro

Se la partenza  va male per qualche motivo, dal maltempo alla polizia, i soldi per i migranti sono comunque perduti. I trafficanti incassano e non danno una seconda possibilità. Questi ragazzi, con un figlio piccolo, hanno appena provato a partire, ma non ce l'hanno fatta. E forse si sono salvati la vita. Una ragazza che ha appena provato a partire, ma ha fallito, ci spiega come non siano partiti a causa del maltempo, ma comunque, ci dice, i trafficanti avevano dato loro un motore da 30 cavalli per portare 40 persone a Lampedusa. Ma loro questa cosa l’hanno scoperta solo a bordo mare, quando erano in procinto di partire, avevano già pagato, e non potevano più rifiutarsi.

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Ovunque a Nord di Sfax si incontrano barche semi affondate sulla spiaggia e gruppi di africani che camminano e che tentano la via del mare. Non sanno che li attende una morte quasi certa. 

I bambini temono di imbattersi nei cadaveri

Dal molo del villaggio i pescatori ci chiamano, una barca sta partendo per andare a soccorrere un barchino che dicono essere affondato: non lo troveranno. Ma non parlano d'altro, ci fanno vedere le immagini del corpo di una bambina che hanno recuperato e coperto proprio su questo molo. È successo solo pochi giorni fa. Un altro pescatore ci racconta la vita della sua famiglia: “Mia madre piange tutti giorni, e anche mio figlio, non riesce ad andare a scuola da solo perché ha paura di incontrare i cadaveri che il mare porta a riva”. 

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Anche la pesca mandata in crisi dalle partenze

I pescatori faticano a vivere qui, non riescono quasi più a lavorare in questo mare e comunque il pesce pescato non se lo vogliono più mangiare, a causa dei cadaveri che il mare restituisce, al massimo lo vendono, ma comunque, a causa dei barchini la pesca è diventata molto difficile: “Da qui partono anche 10 barche al giorno, ma le barche di metallo che affondano qui davanti al largo rovinano le nostre reti, le strappano. E sono tante, migliaia, ovunque nel mare qui davanti”.

L'avidità per i trafficanti vale più di migliaia di vite

Chi lavora a questi traffici uccide ogni giorno decine se non centinaia o migliaia di innocenti, una strage quotidiana e pressoché sconosciuta. I trafficanti vendono a caro prezzo un sogno, quello dell'Europa, a disperati che gli danno fiducia e pagano senza fare obiezioni. L'avidità per questi criminali vale più della vita di migliaia di persone. 

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