Arcivescovo Mosca, la guerra ha scatenato l'odio
"Nelle comunità, nelle famiglie, ma anche nei cuori stessi delle persone, si è creata una reale difficoltà di comprensione - anche perché noi abbiamo fedeli di origine russa ma anche di origine ucraina, bielorussa, lituana, e non parliamo poi di quelli di origine polacca, tedesca - ecco, queste radici sono come venute fuori in un modo direi complesso. E questo ci ha fatto, però, positivamente scoprire o riscoprire il perdono come il contributo che noi come cattolici possiamo dare e che nessun altro può dare alla pace". E' quanto afferma sulla situazione dallo scoppio della guerra in Ucraina l'arcivescovo di Mosca e presidente dei vescovi cattolici russi, monsignor Paolo Pezzi, intervistato da Vatican News in occasione dell'assemblea europea del cammino sinodale, in corso a Praga. "Un primo impatto che c'è stato è stato di uno smarrimento, di una incapacità ad accogliere questo conflitto - dice Pezzi su questo primo anno di guerra -. Questo poi è sfociato in un rancore, anche in un odio reciproco che poco ha che fare con la comunità cattolica dei fedeli". "Le posso anche dire che mi sono trovato di fronte a ucraini cattolici che ritengono che questa sia la soluzione meno peggiore e comunque inevitabile - sottolinea -. Così come mi sono trovato di fronte a cattolici russi che non riescono proprio ad accogliere questa iniziativa e non riescono a pacificarsi con questa". "Da ciò, quindi insorge un odio a volte o comunque un rancore, una disistima che poi degenera e diventa non accoglienza dell'altro tout court, chiunque esso sia, in famiglia, al lavoro, non accoglienza alla fine di se stessi", spiega mons. Pezzi -. Noi abbiamo fatto un bel servizio attraverso le confessioni e devo dire che c'è stata moltissima gente che, soprattutto nel periodo di Quaresima e poi durante l'Avvento, si è accostata al sacramento della confessione". Ho avuto storie anche molto commoventi di persone che erano decenni che non si confessavano e che, proprio grazie a questo a questa incapacità di sostenere e di arginare la cattiveria che sentivano dentro, hanno trovato la forza di accostarsi al sacramento. Devo dire, ho avuto veramente alcune confessioni molto commoventi", osserva. E alla domanda su quando finirà la guerra, "questo è difficile dirlo, è molto difficile perlomeno per me - risponde l'arcivescovo di Mosca -. Perché penso che, affinché possa avvenire, possa terminare questo conflitto - come del resto ogni conflitto - occorre un'iniziativa che, diciamo così, si alzi, sia più alta rispetto al terreno di disputa. Detto fuor di metafora, occorre che qualcuno abbia l'umiltà e la certezza di non perdere niente se offre e accoglie il perdono e se ci si mette attorno a un tavolo senza precondizioni".