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Cuba, la crisi dei missili del 1962 citata da Biden: cosa avvenne e come si concluse

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©Getty

L’episodio ricordato dal presidente americano in merito a Putin e alla guerra in Ucraina è avvenuto nell'ottobre di 60 anni fa. Grazie alla fermezza di Kennedy, che non cedette alle richieste militari di invadere l’isola governata da Fidel Castro, si evitò che il mondo piombasse nella terza guerra mondiale, che sarebbe stata certamente nucleare

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I missili, il blocco, la distensione. Nell’ottobre del 1962, per la precisione tra il 16 e il 28 di quel mese, il mondo intero fu sul punto di arrivare ad una Terza guerra mondiale, che avrebbe visto contrapposte due potenze nucleari come Stati Uniti e Unione sovietica. Il casus belli era già apparecchiato: l’installazione da parte di Mosca dei propri missili sul territorio di Cuba, governata dal gennaio del 1959 dai barbudos, ribelli guidati da Fidel Castro che avevano cacciato il dittatore Fulgencio Batista, vicino agli americani. L'accordo era vantaggioso per entrambe le parti: per i cubani era un ombrello con cui difendersi in caso di nuova aggressione statunitense, dopo quella già avvenuta alla Baia dei Porci nel 1961, e per i sovietici del leader Nikita Krusciov un’utile arma di negoziazione da utilizzare per ottenere vantaggi in Europa. Entrambi contavano su una presunta debolezza del nuovo presidente americano, il democratico John Fitzgerald Kennedy, eletto alla Casa Bianca nel 1960 all’età di 43 anni. Proprio la crisi dei missili di Cuba è stata citata dall'attuale presidente Usa Joe Biden secondo cui "per la prima volta da allora c'è la minaccia di un Armageddon nucleare", riferendosi al possibile uso dell'atomica da parte di Putin nella guerra in Ucraina (LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI).

La vicenda

A spingere i sovietici a dispiegare armi di media gittata a sole 90 miglia dalla Florida fu la presunta differenza militare con gli Stati Uniti, che li costringeva ad avvicinarsi per colpire l’obiettivo rispetto agli americani, che disponevano di missili ICBM più sicuri e più vicini al territorio sovietico, in quanto dispiegati in Italia, Gran Bretagna e Turchia. Così, dopo i primi incontri esplorativi, già ad agosto 1962 i sovietici iniziarono a costruire nove basi missilistiche: sei per gli R-12, missili di media gittata in grado di trasportare testate termonucleari; e tre per gli SS-5 Skean a più lungo raggio, in grado di colpire obiettivi fino a 3500 chilometri. Un’impresa che gli americani fino all’ultimo non immaginavano che i sovietici potessero compiere ma che, dopo alcune ricognizioni tra settembre e ottobre, tennero segrete fino al 21 del mese, quando lo fecero sapere anche al Regno Unito e alla NATO: il presidente Kennedy era infatti pronto a un discorso televisivo al Paese e al mondo.

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Il discorso e le conseguenze

“Buonasera miei concittadini: questo governo, come promesso, ha mantenuto la più stretta sorveglianza del potenziamento militare sovietico sull'isola di Cuba. Nell'ultima settimana, prove inequivocabili hanno stabilito il fatto che una serie di siti missilistici offensivi è ora in preparazione su quell'isola imprigionata. Lo scopo di queste basi non può essere altro che fornire una capacità di attacco nucleare contro l'emisfero occidentale”. In questo modo il presidente Kennedy fece il suo esordio televisivo in un discorso alla televisione americana, nel quale accusò i sovietici di voler destabilizzare la pace mondiale. Il livello di preoccupazione salì alle stelle: mai come allora ci fu una vera e propria corsa ad accaparrarsi cibo e carburanti in vista di un conflitto che sembrava quasi scritto. La preoccupazione massima venne raggiunta il 24 ottobre quando l’annunciata “quarantena” dichiarata da Kennedy (termine più morbido rispetto a blocco navale, che poteva essere letto come un segnale di guerra) venne messo alla dura prova dai sovietici, che portavano rifornimenti, forse anche materiale bellico, verso Cuba. Ad un certo punto però alcune navi sovietiche decisero di fare dietrofront e quelle sottoposte al controllo americano non avevano materiale bellico di alcun tipo. 

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L’apice

Se non vennero più costruite nuove postazioni, restava il problema di quelle già installate, a cui si aggiunse l’abbattimento di un U2 sopra Cuba in data 27 ottobre. Un episodio che non ebbe conseguenze anche perché la Russia aveva già deciso di lasciar perdere la causa cubana: già poche ore prima Krusciov offrì di ritirare i missili se gli Stati Uniti avessero promesso di non invadere l’isola e un dispaccio successivo (le comunicazioni, anche se difficili, tra Washington e Mosca non si interruppero mai durante la crisi) offriva lo smantellamento dei sistemi di lancio già installati se gli Usa avessero fatto una mossa analoga in Turchia. Un’offerta che venne accettata. 

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L’eredità

A posteriori si può osservare come entrambi i leader fossero estremamente trattativisti e che gli unici pericoli potevano derivare dalla cosiddetta “nebbia di guerra”, azioni incontrollate legate a singoli errori o incomprensioni dei sottoposti. Dopo questo episodio nacque la cosiddetta “linea rossa”, chiamata anche hotline, tra Washington e Mosca, per permettere ai due leader di parlarsi direttamente in caso di gravi episodi. Entrambi i leader non rimasero al potere a lungo: nel novembre 1963 Kennedy venne ucciso a Dallas, mentre appena qualche mese dopo Krusciov venne detronizzato da un colpo di coda del Politburo, organo supremo dell’URSS, ancora scottato da quanto successo a Cuba. Un momento spartiacque che sarebbe potuto andare in direzione diversa. Come sostenne il ministro della Difesa Robert McNamara in occasione di quel 27 ottobre 1962, “credevo sarebbe stato l’ultimo sabato che avrei mai visto”.

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