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Biden, un anno da presidente. Dal Covid alla questione razziale: cosa è successo

Mondo

Giacomo Cadeddu

©Ansa

Il 20 gennaio 2021, in una Washington blindata dopo gli attacchi a Capitol Hill di due settimane prima, Joe Biden giurava come 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Nel discorso di insediamento parlava di un momento storico di “crisi e nuove sfide”. Per affrontarle il Paese avrebbe dovuto ricomporsi e “seguire la via dell’unità”. Quattro le grandi battaglie in vista: la pandemia da coronavirus, la tutela delle minoranze, il rilancio economico e la crisi climatica. Cosa è stato fatto e cosa no: un bilancio

Il 20 gennaio 2021, in una Washington blindata dopo gli attacchi a Capitol Hill di due settimane prima, Joe Biden diventava il 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Alle elezioni del 3 novembre 2020, l’esponente dei democratici aveva ricevuto il maggior numero di voti nella storia delle istituzioni americane: 81 milioni. A 78 anni diventava il più anziano capo di Stato a essere eletto. In mezzo alla pandemia da coronavirus e uscendo dai quattro anni di amministrazione Trump, una delle più controverse nella storia recente degli Stati Uniti, tutti gli occhi erano puntati su di lui: quelli del Paese che lo aveva scelto, ma anche quelli della comunità internazionale, alla ricerca di un interlocutore meno divisivo di Trump. A dicembre 2020 il Time sceglieva Biden, insieme a Kamala Harris – la prima vicepresidente donna, non bianca, a ricoprire il ruolo – come persona dell’anno. Il neopresidente, nel discorso di insediamento, parlava di un momento storico di “crisi e nuove sfide”. Per affrontarle il Paese avrebbe dovuto ricomporsi e “seguire la via dell’unità”. Quattro le grandi battaglie che Biden individuava all’alba del suo mandato: la pandemia da Covid-19, la questione razziale, il rilancio economico e la crisi climatica (LA CONFERENZA STAMPA PER IL PRIMO ANNO DI BIDEN). 

Popolarità in calo e le elezioni di midterm

A un anno di distanza dal giuramento di Biden, con le elezioni di midterm che chiuderanno il 2022, la sua popolarità è in calo. Secondo un sondaggio condotto da Cbs - rilasciato lo scorso 16 gennaio - il gradimento del presidente è ora al 44%. Non sarebbe stato fatto abbastanza sul fronte Covid: il 51% degli intervistati ritiene che l’amministrazione Biden non stia facendo un buon lavoro. Il 65% dei partecipanti al sondaggio non è invece convinto delle politiche messe in campo per contrastare l’inflazione e il conseguente aumento dei prezzi di beni e servizi. Novembre 2022 sarà il momento delle Midterms, le elezioni di metà mandato, occasione per eleggere i membri della Camera dei rappresentanti, un terzo dei senatori, i governatori di alcuni Stati e i nuovi sindaci di diverse città. È anche un banco di prova per verificare la tenuta del gradimento popolare sulle politiche portate avanti dal presidente in carica e dalla sua amministrazione. Biden ha dichiarato che si ricandiderà nel 2024, così come Trump, che è già tornato all'attacco, dicendosi pronto a "riprendersi il Paese".

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I primi 100 giorni di Biden

A pesare sui risultati che i democratici di Biden otterranno a novembre sarà la valutazione sulle riforme approvate nel 2021. Per tradizione, nella politica americana, si usa valutare l’operato di una nuova presidenza dopo i suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca. Al 30 aprile 2021, Biden era già intervenuto su buona parte dei dossier che aveva definito cruciali nel discorso di insediamento. In tema di gestione della pandemia, gli Stati Uniti toccavano il 29% di popolazione vaccinata (230 milioni di dosi somministrate), scriveva Reuters. Approvato l’American Rescue Plan Act, pacchetto di stimolo economico da 1.900 miliardi di dollari, con l’obiettivo principale di abbassare il tasso di disoccupazione, aumentare le prestazioni sanitarie e far crescere i salari. Molte delle novità approvate volevano dare un segnale di discontinuità rispetto a Trump. Il 19 febbraio 2021 Biden reinseriva gli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi del 2015 per contrastare il cambiamento climatico, a tre mesi dall’uscita dal trattato voluta da Trump. Ha poi modificato alcune norme in tema di immigrazione, che durante la campagna elettorale aveva promesso di riformare del tutto.

 

L'immigrazione

Biden all'inizio del suo mandato è intervenuto sulle linee guida che la ICE (U.S. Immigration and customs enforcement) deve seguire nelle operazioni di rimpatrio, eliminato il divieto di entrata negli Stati Uniti di cittadini provenienti da 13 Paesi a maggioranza islamica e alleggerito alcune delle procedure per la richiesta di cittadinanza.  Nei mesi successivi ha poi innalzato il limite dei rifugiati ammessi negli Stati Uniti e riunito 100 famiglie separate al confine durante l‘amministrazione Trump, come ha dichiarato il segretario di Stato Alejandro Mayorkas. Tuttavia, la gestione migratoria è ancora motivo di critiche verso Biden. In molti ritengono che non sia ancora stato fatto abbastanza. Ad animare l'opinione pubblica è innanzitutto l'altissimo numero di migranti, provenienti dal Centro e dal Sud America, bloccati e deportati al confine tra Messico e Stati Uniti, a volte anche vittime di violenze da parte della polizia. Criticate anche la mancata legge sulla regolarizzazione di migranti irregolari già presenti sul territorio americano e la decisione di riaprire un campo di detenzione per migranti a Guantanamo.

 

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Covid-19

La pandemia da coronavirus negli ultimi mesi, spinta dal diffondersi della variante Omicron, è tornata anche negli Stati Uniti a registrare numeri record di contagi, ospedalizzazioni e morti. Oggi - su quasi 330 milioni di abitanti - sono circa 200 milioni gli americani completamente vaccinati, mentre sono 77 milioni quelli che hanno già ricevuto anche la terza dose, riporta il Guardian.  Da ieri, 19 gennaio, sul sito COVIDtests.gov, i cittadini americani possono ordinare test gratuiti anti Covid da fare a casa, fino all’esaurimento del miliardo di unità di scorta. Recentemente, è anche cambiata la strategia di comunicazione che l’amministrazione Biden ha tenuto durante questo secondo anno di pandemia. Come ha sottolineato Anthony Fauci, consigliere per la pandemia di Biden, il punto non è più se e quanti americani verranno contagiati, ma quando. Meglio allora puntare sull’efficacia dei vaccini per ridurre i rischi legati al decorso grave dell’infezione. “Con la dose booster gli anticorpi neutralizzanti contro Omicron aumentano di 38 volte, per cui è importante farla", ha detto Fauci. 

Economia e occupazione

Le statistiche rilasciate a inizio gennaio dal Dipartimento del Lavoro statunitense segnavano un tasso di disoccupazione tra i cittadini – relativo al mese di dicembre 2021 – al 3,9%. All’insediamento di Biden era al 6,3%. Lo scorso novembre 4,5 milioni di americani hanno lasciato il proprio lavoro in cerca di una nuova occupazione, stimano gli uffici statistici governativi. Potrebbe essere il segno di una ritrovata fiducia nel mercato del lavoro, nonostante la bassa percentuale di gradimento sulle politiche economiche che esce dai sondaggi. Non tutti i segnali sono però positivi. A dicembre 2021 il tasso di inflazione toccava il 7%, arrivando a livelli mai così alti da giugno 1982, sempre secondo le stime del Dipartimento del Lavoro. E mentre in Europa si procede verso l’introduzione della tassa minima globale al 15% sul fatturato delle multinazionali, su cui si è trovato un accordo al G20 di Roma, negli Stati Uniti la riforma è al momento bloccata. 

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Polizia e questione razziale

Gli ultimi anni negli Stati Uniti sono stati segnati da movimenti di protesta delle minoranze sul territorio, prime su tutte quelle afroamericane, in seguito a episodi come l’uccisione di George Floyd da parte di agenti di polizia. La percezione, al di là dei singoli episodi, è che la comunità dei neri d’America sia meno tutelata di quella dei bianchi, più esposta a violenze arbitrarie da parte delle forze dell’ordine e più svantaggiata economicamente. In un contesto in cui l’ex presidente Trump è stato spesso associato al suprematismo bianco, Biden ha provato a invertire la rotta, a partire dalla nomina di Kamala Harris -nata in California, da madre indiana e padre giamaicano - come vicepresidente. Cinque miliardi di dollari sono stati destinati ad agricoltori afroamericani, mentre non ha ancora visto la luce il George Floyd Justice in Policing Act. I lavori per la sua approvazione sono arrivati a uno stallo lo scorso settembre. La riforma avrebbe  lo scopo di limitare l’uso della forza da parte dei poliziotti, vietando pratiche fisiche come le prese per il collo. Non sono ancora state approvate neanche le norme per tutelare il diritto di voto della popolazione afroamericana, bloccate dall’ostruzionismo dei repubblicani. Il Brennan Center For Justice riporta come, da gennaio a settembre 2021, 19 Stati abbiano introdotto limitazioni al voto – imponendo ad esempio pesanti passaggi burocratici per esercitare il voto via posta – che andrebbero a colpire soprattutto le minoranze, dai neri agli ispanici.

La crisi climatica

Lo scorso novembre Biden ha approvato un piano di investimenti infrastrutturali da un trilione di dollari. Tra gli scopi della riforma c’è anche quello di rendere le zone abitate più resistenti a calamità climatiche, mentre poco si muove nella direzione di ridurre la produzione di sostanze inquinanti per l’ambiente. Durante i grandi summit internazionali del 2021 - dal G7 al G20 di Roma, fino alla Cop26 di Glasgow – Biden si è però sempre mostrato risoluto sulla questione ambientale. Dal vertice in Scozia chiedeva scusa agli altri leader mondiali per le politiche climatiche di Trump, promettendo azioni concrete sia per limitare l’impatto degli Stati Uniti che quelli dei Paesi in via di sviluppo. 

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Politica estera: Cina, Russia, nucleare, Afghanistan

Poco dopo l’insediamento, Biden definiva il presidente russo Vladimir Putin “un assassino”, sancendo di fatto la fine del clima di collaborazione che Trump aveva instaurato con Mosca. Qualche mese più tardi i due leader si sarebbero visti in Svizzera, in un incontro definito “costruttivo” dal capo del Cremlino. Sulla stessa scia della precedente presidenza, anche se con toni leggermente meno accesi, sono invece andati avanti i rapporti con la Cina di Xi Jin Ping. Il primo incontro bilaterale si è tenuto a novembre si è aperto con Xi Jin Ping che definiva “vecchio amico” Biden. Restano molte però le distanze tra i due, a partire dal fronte economico fino ad arrivare ad altre questioni, come quella ambientale, il tema dei diritti umani e Taiwan. Biden ha poi stretto l’accordo Aukus con Regno Unito e Australia per “assicurare la pace e stabilità nell’area” Indo-pacifica. Senza menzionare mai la Cina, in molti hanno visto il trattato di alleanza militare come un tentativo di arginare le mire espansionistiche cinesi in questa zona del mondo. Dopo la stipula dell’accordo, l’Australia ha fatto dietrofront da un’intesa con la Francia per la fornitura di sottomarini – un affare da circa 66 miliardi di dollari – a favore di imbarcazioni a propulsione nucleare statunitensi. Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha accolto la notizia dicendo che “peserà sul futuro della Nato”. Intanto, a inizio gennaio 2022, gli Stati Uniti, insieme agli altri Paesi del Consiglio di Sicurezza Onu (Russia, Cina, Gran Bretagna e la stessa Francia) hanno ribadito l’impegno a “prevenire l’ulteriore diffusione” di armi nucleari. Su questo fronte Biden ha nel 2021 ha ripristinato l’accordo sul nucleare iraniano firmato da Barack Obama nel 2015. Rotto da Trump nel 2018, il trattato ha lo scopo di limitare le possibilità dell’Iran di costruire nuove armi nucleari, in cambio di rassicurazioni sull’eliminazione di alcune delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale. Il 2021 è stato anche l’anno della ritirata, dopo 20 anni, dell’esercito americano dall’Afghanistan, riconquistato  il 15 agosto scorso dai talebani.

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