Myanmar, Aung San Suu Kyi accusata formalmente, è imputata per "brogli elettorali"

Mondo

Gianluca Ales

Il premio Nobel per la Pace, che aveva vinto le ultime consultazioni a Myanmar, agli arresti dopo il golpe del 1° febbraio, ha finalmente ricevuto l’accusa formale, ma non si sa la data del processo

Almeno da un punto di vista formale, un passo è stato compiuto. Il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi sa ufficialmente di quali accuse dovrà rispondere al processo che verrà celebrato, in data ancora definire. Lo ha reso noto la stampa ufficiale attraverso il quotidiano statale Global New Light of Myanmar, secondo cui la leader del partito più votato dell’ex Birmania sarà perseguita per "frode elettorale e azioni illegali”.

Altri quindici funzionari, tra cui l'ex presidente della Repubblica Win Myint, arrestato anche lui durante il golpe di febbraio, saranno perseguiti per lo stesso reato.

Una condanna prevedibile

Non è sorprendente, per certi versi. Già nel novembre del 2020, all’indomani delle ultime consultazioni libere tenutesi a Myanmar, il generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate, aveva contestato i risultati del ballottaggio e ne aveva chiesto la riverifica, altrimenti l'esercito sarebbe intervenuto per risolvere la crisi politica in corso. La commissione elettorale, però, aveva negato queste accuse.

Supporters of the National League for Democracy (NLD) party hold portraits of Aung San Suu Kyi as they celebrate in front of the party's headquarters in Yangon on November 9, 2020, as NLD officials said they were confident of a landslide victory in the weekend's election. - Aung San Suu Kyi's ruling National League for Democracy said on November 9, 2020, it was confident of winning a landslide victory in Myanmar as official results trickled in following the weekend's coronavirus-disrupted election. Millions had lined up for hours to cast their ballots on November 8, 2020 -- only the second national election since the country emerged from outright military rule in 2011. (Photo by Sai Aung Main / AFP) (Photo by SAI AUNG MAIN/AFP via Getty Images)

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Il golpe di febbraio

Nonostante ciò, il primo febbraio di quest’anno i militari hanno compiuto un colpo di stato, riportando alla guida del paese una Giunta, guidata dallo stesso Min Aung Hlaing. Un’azione che aveva scatenato le proteste in gran parte del Paese, ma che erano state represse con durezza e con un numero di morti ancora incerto.

epa09128151 A demonstrator carrying a homemade weapon flashes the defiant three-finger salute during an anti-military coup protest in Mandalay, Myanmar, 11 April 2021. According to the Assistance Association for Political Prisoners, at least 700 people have been killed by Myanmar armed forces since the military seized power on 01 February 2021. Protests continue despite the intensifying crackdown on demonstrators.  EPA/STRINGER

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La condanna della comunità internazionale

Dura la condanna della comunità internazionale, con la sola eccezione della Cina, storica alleata della Giunta militare birmana. Ad oggi, l’unico sostenitore del Paese, che invece è sempre più isolato a livello internazionale.

Le Nazioni Unite, attraverso il proprio Segretario Generalep Antonio Guterres, hanno condannato fermamente la detenzione dei leader e hanno descritto il colpo di stato come "un grave colpo alla democrazia in Birmania". I risultati elettorali, monitorati da osservatori internazionali, avevano fornito un’indicazione chiara: un mandato forte al partito del premio Nobel.

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L’opposizione all’Onu di Cina e Russia

ll Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva tenuto una riunione di emergenza, in cui era stata proposta una risoluzione che sollecitava il "ripristino della democrazia" in Myanmar, condannava l'azione dei militari e chiedeva di rilasciare i detenuti. La dichiarazione non è stata rilasciata a causa del mancato sostegno di tutti i 15 membri del Consiglio.

Cina e Russia, in quanto membri permanenti del Consiglio e quindi con potere di veto, hanno rifiutato di appoggiare la dichiarazione.

TOPSHOT - Myanmar's State Counsellor Aung San Suu Kyi looks on before the UN's International Court of Justice on December 11, 2019 in the Peace Palace of The Hague, on the second day of her hearing on the Rohingya genocide case. - Aung San Suu Kyi appears at the UN's top court today, a day after the former democracy icon was urged to "stop the genocide" against Rohingya Muslims. Once hailed internationally for her defiance of Myanmar's junta, the Nobel peace laureate will this time be on the side of the southeast Asian nation's military when she takes the stand at the International Court of Justice. (Photo by Koen Van WEEL / ANP / AFP) / Netherlands OUT (Photo by KOEN VAN WEEL/ANP/AFP via Getty Images)

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