11/9 Stories, Piazza (NY Mets): un onore aver ispirato tanta gente con il mio fuoricampo

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Valentina Clemente

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Il 21 settembre 2001, a soli dieci giorni dall'attentato alle Torri gemelle, il baseball torna in campo. Shea Stadium di New York, Mets contro Braves: in quel match, il fuoricampo battuto da Mike Piazza fa esplodere tutta l'America in un urlo quasi di liberazione. Il giocatore e il suo fuoricampo entrano nella storia. “Sapere di aver ispirato molte persone in quel momento è il più grande onore della mia carriera” dice The Legend, come viene soprannomiato dai tifosi

Mike Piazza, una leggenda per i Mets e per tutto il baseball statunitense. Un atleta che ha lavorato tanto ed è entrato nella Hall of Fame. Non solo quella dei giocatori dello sport che ha rappresentato nei suoi anni di carriera, ma anche dei tantissimi tifosi che il 21 settembre 2001 hanno assistito alla partita contro i Braves. Quando tutto andava male, non si conosceva il numero delle vittime a seguito degli attacchi dell'11 settembre e l'America era scossa da una tragedia, il baseball, sport simbolo del Paese, tornava in campo. Proprio a New York, con i Mets di Mike Piazza che sfidano i Braves di Atlanta, in uno Shea Stadium al completo. L'emozione era tanta, per tutti. Ma è stata ancora più forte quando il numero 31 ha battuto un fuoricampo storico: l'arena newyorkese si è scatenata, tutta l'America si è emozionata. Succede anche allo stesso "eroe" di quel match, Mike Piazza, sebbene lui non ami farsi definire tale, "perché gli eroi veri sono i pompieri, gli infermieri, i poliziotti che hanno cercato di salvare vite". Chiaccherare con lui è stato speciale, rivivere quelle emozioni attraverso le immagini mi ha regalato dei brividi bellissimi, quasi commoventi. 

 

Un ringraziamento speciale va a Michele Gallerani, collega di Sky Sport, che ha reso possibile questa intervista.

Se torniamo indietro di vent'anni, cosa ricorda dell'11 settembre?

Lo ricordo ancora: quella è stata una settimana molto difficile. Con tutti i giocatori dei Mets eravamo in viaggio per una partita che si sarebbe dovuta giocare a Pittsburgh proprio l’11 settembre. Quando abbiamo saputo degli attacchi il mondo si è fermato. La partita è stata cancellata immediatamente. Io e la squadra abbiamo deciso di prenderci un po’ di tempo per capire come poter tornare a New York: tutti i voli, infatti, erano stati bloccati. Ricordo solo la paura, sembrava ci potessero essere altri attacchi e che i terroristi potessero accedere ai dati delle compagnie aeree. C’era molta confusione unita ad ansia e paura. Quando siamo tornati in città e abbiamo visto la devastazione è stato incredibile. Se sei stato a New York prima del 2001 e hai visto il World Trade Center non potrai mai immaginare di vedere uno skyline diverso. No, non puoi. Non averlo più davanti ai tuoi occhi sembrerà strano. E sapere che le torri gemelle sono state distrutte è stato uno shock. Vederle scomparire, e vedere la devastazione, la quantità di persone, famiglie che stavano soffrendo per quanto era accaduto è stato molto difficile.

 

Shea Stadium punto di raccolta degli aiuti, arrivavano da tutto il Paese

Lo Shea Stadium, dove la squadra giocava, è stata una delle aree scelte come punto di raccolta degli aiuti

 

Allo Shea Stadium arrivavano molti pacchi di aiuti dal resto del paese. Si vedevano camion arrivati dall'Ohio, Chicago, Tennessee, persino da stati del Far West come il Colorado, New Mexico. Sfortunatamente, qualche volta, bisogna affrontare una tragedia per vedere il lato buono delle persone. Il Paese si è davvero unito e ha sostenuto New York City, ha sostenuto le famiglie e ha cercato di fare tutto il possibile per aiutare la città a guarire e riprendersi. L’area di allestimento degli aiuti era lo Shea Stadium perché aveva un parcheggio molto grande, c’era un ampio spazio per tutti i rifornimenti. Io e un paio di altri giocatori siamo andati a far visita ai sopravvissuti, alla polizia e ai vigili del fuoco feriti negli ospedali. Abbiamo sentito che per loro era edificante e abbiamo voluto dare un po' di supporto emotivo, anche per far capire che stavamo pensando a loro. Una settimana che è rimasta impressa nella mia anima: non conosco nessun essere umano che possa vivere qualcosa di simile e non avere alcun impatto nel resto della sua vita.

HOBOKEN, NJ - MAY 15: The sun sets behind an American Flag on May 14, 2020 in Hoboken, New Jersey. (Photo by Gary Hershorn/Getty Images)

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Essere lì, giocare una partita e battere un fuoricampo penso sia stato solo fare il mio lavoro, ma ispirare così tante persone e avere una tale risposta ancora oggi è il più grande onore nella mia carriera

Torniamo al 21 settembre, il giorno della partita contro i Braves. Come squadra, siete stati in grado di guarire un intero Paese e, naturalmente, lei ha battuto un fuoricampo emozionante, tutti lo ricordano. Può descrivere quel giorno e cosa ha significato per lei essere l'eroe di quel match? Sentiva di avere delle responsabilità nei confronti del mondo del baseball e dell'America?

 

Mi sento a disagio quando le persone mi dicono che sono un eroe, non mi sento proprio tale dopo aver visto i veri eroi, a Ground Zero. E non mi riferisco solo alle vittime e a chi ha cercato di sopravvivere, ma anche ai vigili del fuoco, alla polizia e ai primi soccorritori sul posto. Molti di loro sapevano che sarebbero morti, ma si sono precipitati per salvare le persone. Ma è importante ricordare che, quando ci siamo riuniti, c'era un desiderio travolgente di stare insieme, le persone volevano abbracciarsi e parlare di ciò che stavano vivendo. Sembrò quasi catartico, immagino. Quando siamo arrivati ​​allo stadio tutti sentivano la stessa cosa. Per quanto riguarda l'evento sportivo in sé, la partita del 21 settembre allo Shea Stadium penso che abbia portato alle persone un po' di guarigione. Ma anche un po’ di forza, perché si può andare avanti e provare a guarire da un momento come questo, per quanto difficile possa essere. Essere lì, giocare una partita e battere un fuoricampo penso sia stato solo fare il mio lavoro, ma ispirare così tante persone e avere una tale risposta anche oggi è il più grande onore nella mia carriera. Ma mentirei se, guardando indietro, dicessi che non è stato un momento complicato. Questo 11 settembre sarà difficile perché la tristezza, frustrazione e disperazione di allora torneranno a galla.

Andrew BERNSTEIN headshot

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Il fuoricampo del 21 settembre 2001 è entrato nella Hall of Fame con me

Lo sport può essere una forza unificante. Il baseball è stato in grado di far riunire New York all'indomani dell'11 settembre. 

 

Mi fa molto onore. Ovviamente mi si scalda il cuore che così tante persone abbiano visto quella partita. Il baseball è molto popolare negli Stati Uniti, non tanto quando in Italia ma sta crescendo anche qui. Come ben sa, in America è uno sport nazionale, è qualcosa in cui le persone si identificano con l'essere americani,  i genitori vanno alle partite di baseball con i propri figli, ed è un gioco che si basa sulla storia e sulle statistiche. Penso sia emblematico, appropriato che le persone guardino al baseball per provare una sensazione di guarigione e ispirazione. Per me è un onore, lo è davvero. Quel fuoricampo, però, il 21 settembre, farà sempre parte di me: l’ho ricordato anche quando sono entrato nella Hall of Fame. È uno dei momenti più importanti della mia carriera, uno dei più belli. E, pensandoci, mi regala tante bellissime sensazioni

Riccardo Romani

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Ho battuto fuoricampo più importanti in partite più significative per la classifica, ma quello del 21 settembre ha un valore emotivo e personale fortissimo

Se dovesse scegliere i momenti più belli della sua carriera, includerebbe anche quel fuoricampo?

 

Non so, forse ho battuto fuoricampo più importanti in partite più significative per la classifica del campionato. Ma non credo che ci sia stato un fuoricampo più importante di quello del 21 settembre per la gente, non solo di New York, ma di tutto il Paese. Il fatto che così tante persone lo menzionino ancora oggi mi fa felice. Poiché trascende il gioco, si eleva al di sopra della reale importanza del baseball. Sono stato molto fortunato, ero nel posto giusto al momento giusto e avevo molte persone che mi supportavano. È stato travolgente, è ancora oggi molto travolgente.

Jed Bernstein ok

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Cosa le hanno detto le persone dopo quella partita? 

 

Ricordo un fatto che mi è accaduto, molto significativo: ero in volo non ricordo nemmeno dove, forse verso New York City. Come quasi tutti, quando sono in aereo mi isolo, metto le cuffie, leggo una rivista o il mio iPad, diciamo che non interagisco molto con gli altri passeggeri. Mi sono seduto accanto a questo ragazzo per tutto il volo e durante l'atterraggio, stavamo raccogliendo le nostre cose e lui ha detto: "Ehi, volevo solo dirti che ho perso mio fratello l'11 settembre e che il tuo fuoricampo ha davvero aiutato me e la mia famiglia a stare meglio". È stato scioccante perché sapeva chi fossi e per tutto il tempo del volo non mi ha disturbato. Ma solo alla fine ha detto: volevo solo che tu sapessi che quel fuoricampo ha significato molto per me e la mia famiglia. Volevo solo dirti quanto lo apprezzo. Quella frase mi ha tolto il fiato. Ma questo è solo un momento. In molti mi fermano quando torno a New York: l’accoglienza di queste persone mi scalda il cuore. E non sono solo tifosi, newyorkesi in generale. E in genere da tutto il mondo. Vivo in Italia ormai per la maggior parte dell'anno, quindi essere qui è molto bello e il fatto che la gente ricordi quel momento è molto speciale.

Ben Brantley per sito

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Ho un'altra domanda Se io dovessi usare una parola per descriverla, userei "unico nel suo genere". Lei è molto umile, la sua carriera è stata così speciale, per quello che ha fatto con i Mets, e non solo. Lei racconta nel libro "Long shot" le difficoltà che ha dovuto affrontare per molti anni, ma alla fine ha raggiunto i suoi obiettivi perché ha lavorato sodo. Si sente di essere di ispirazione non solo per gli atleti di baseball, ma per tanti altri atleti e persone in tutto il mondo? 

 

Probabilmente potrei provare a insegnare alle persone che la diversità è essa stessa una insegnante, una lezione, e che non si può avere sempre successo nella vita. E a volte ci sono altre cose con cui devi fare i conti, come la politica e altre forze fuori dal proprio controllo. Ho imparato che non si può controllare ciò che pensa la gente. Quando c'è una difficoltà, devi comunque trovare un modo per superarla. Ho sempre avuto quel tipo di calma che immagino mi venga nei momenti difficili, cerco anche di dirlo alle persone che incontro: quando qualcosa non va, fermati e respira. 

Sono fiero delle mie origini italiane

Nel mio discorso all'HOF ho parlato delle mie origini italiane, di cui sono molto orgoglioso. La mia famiglia è originaria della Sicilia e siamo molto grati e orgogliosi di essere italo-americani, abbiamo un profondo amore per l'Italia. Ora abito in Italia ed è qualcosa di molto speciale, quindi grazie mille a tutti voi!

Wendy Whelan ok - Ph

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