11/9 Stories, Wendy Whelan (New York City Ballet): tornare a danzare, una necessità

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Valentina Clemente

Foto di Nina Wurtzel

"Esibirci dopo l'11 settembre è stato un modo per dire alla nostra comunità che, attraverso la danza, potevamo aiutarci a vicenda a superare un momento così difficile per l'America". La storica Principal del New York City Ballet ricorda a tutti noi come l'arte tersicorea sia la compagna gentile che ascolta e aiuta ad affrontare gli istanti che cambieranno per sempre la nostra vita

Non ricordo quante volte ho visto il tutorial di Wendy Whelan mentre preparava le sue punte prima di ogni spettacolo, ho perso il conto. Vederla, in tutta la sua grazia, preparare diligentemente lo strumento con cui si esibiva e notare la sua concentrazione e passione prima di ogni spettacolo era sempre fonte di ispirazione. Bella, espressiva, profonda: anche attraverso i video che trovavo in rete leggevo nei suoi occhi il fuoco della passione per l'arte della danza. Wendy Whelan è il volto, ma soprattutto il cuore e l'anima del New York City Ballet: per 30 anni lei ha rappresentato la compagnia ed ora ne è Associate Artistic Director. Michail Baryshnikov l'ha definita "la più importante ballerina contemporanea". E quando glielo ricordo, durante la nostra intervista, lei si ferma qualche istante e dice: "ma è successo molto tempo fa, ora non danzo più, non sono più la persona di allora. Guardo al mio ruolo di Direttore Artistico e a quello che posso dare alla Compagnia, non al passato". Ed è la stessa cosa che mi ha detto parlando di quanto successo l'11 settembre: "Come danzatori sentivamo la necessità di tornare in sala e ad esibirci. Dovevamo superare i momenti passati e guardare avanti, per il nostro bene e per quello della nostra comunità".

Grazie mille per essere qui con noi oggi e per condividere la sua storia su come l'arte e il balletto possono guarire un Paese – e non solo – dopo eventi tragici come quello che abbiamo vissuto 20 anni fa. Dopo l'11 settembre è stato difficile per lei tornare sul palco del New York City Ballet?

 

L'11 settembre ero infortunata, la compagnia era in tournée in Italia. Quando sono tornata abbiamo solo cercato di capire come poter ricominciare. Non è stato difficile tornare sul palco, sembrava una sorta di necessità per la comunità. Come artisti sappiamo cosa facciamo e perché lo facciamo, dovevamo stare vicini ai cittadini ed aiutare a guarire la nostra comunità.

"New beginnings": la resilienza della Grande Mela espressa attraverso la danza del New York City Ballet

Il New York City Ballet nel 2013 ha pubblicato uno straordinario balletto chiamato "New beginnings" con il tenero pas de deux di Christopher Wheldon intitolato "After the rain". Pensa che la danza possa davvero dare la bellezza di cui il mondo ha bisogno in questo momento?

 

Oh sì! Il mondo ha bisogno di quanta più bellezza possiamo dargli. Il balletto è una di quelle forme d'arte. Ci è stato negato di danzare durante il Covid come ci sono state negate tante altre cose, e ora non vediamo l'ora di tornare perché sappiamo quanto bene possa fare la danza alle persone.

Ben Brantley per sito

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Ha raccontato la sua storia nel documentario “Restless Creature”. Lei è stata il cuore e l'anima del New York City Ballet per 30 anni, ma ha anche dovuto superare problemi, infortuni e reinventarsi. Ha affrontato un viaggio, forse dubbi, difficoltà, ma alla fine ha vinto. Penso che la sua storia possa essere un esempio per molti ballerini ma anche per molte persone. Abbiamo avuto una pandemia e abbiamo dovuto attraversare dubbi, difficoltà e alla fine… si può tornare sul palco. Può raccontarci qualche dettaglio in più sul suo documentario?

 

C'è così tanta speranza nel balletto e nella danza. La danza è connettersi con gli altri, connettersi con la musica, con la propria anima. La speranza è un ingrediente molto importante in ciò che facciamo come ballerini e ci aiuta ad andare avanti nella nostra vita, quando non siamo sul palco. 

 

Da Associate Artistic Director mi piace trasmettere ai giovani danzatori quello che ho imparato nei mei 30 anni di carriera

Quello che vedo e quello che amo del balletto è che porta tutti i tuoi sentimenti sul palco, ti esibisci e condividi ciò che senti. È stato difficile per lei non essere più sul palco?

 

Ora sono Associate Artistic Director del New York City Ballet e ultimamente non ho avuto il desiderio di salire sul palco. Sono così felice di poter trasmettere i miei insegnamenti e sto provando così tanta soddisfazione nell'aiutare gli altri. I ballerini hanno un tempo nella loro vita per esibirsi, un tempo nella loro vita per essere in quel luogo e spazio. Il mio tempo è terminato. La mia gioia più grande, ora, è dare tutto quello che ho appreso alla prossima generazione.

Jed Bernstein ok

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La mia missione ora? Portare avanti l'arte della danza

Penso che ballerini e artisti abbiano davvero una missione in questo mondo: portare la bellezza, come abbiamo detto. Lei è stata il cuore e l'anima del NYCB per trent'anni, quando pensiamo alla compagnia pensiamo a lei e alle sue fantastiche esibizioni in tutto il mondo. Ora, con il nuovo ruolo che ha, qual è la sua missione o quale pensa sia la sua missione?

 

Portare avanti l'arte della danza. Questo è un momento molto importante. È come l'11 settembre: c'è il tempo prima dell'11 settembre e il dopo l'11 settembre. C'è il prima del Covid e c'è il dopo Covid. Siamo costantemente nuovi e poterlo esprimere attraverso la danza credo sia qualcosa di bello.

Riccardo Romani

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Cos’ha pensato quando Michail Barishnikov ha detto che lei è la più grande ballerina contemporanea? (se qualcuno me lo dicesse, io risponderei con un'espressione tipo: oh mio Dio, è vero?)

 

È così difficile immaginare un artista del genere dire parole di questo tipo. Ma è stato un po' di tempo fa e sembra una vita fa, sento di non essere quella persona oggi. Non penso al passato, ma a quello che ho da offrire per oggi. È stata una bella cosa da sentire, ma non ci penso mai.

 

C'è qualcosa che vorrebbe fare con NYCB ora? Se avesse un sogno da avverare in questo momento, quale vorrebbe se ci è permesso saperlo...

 

Vorrei lavorare con coreografi di colore. Ho sviluppato i programmi e ho portato coreografi di colore e molte donne. Non è sempre stato così. È qualcosa che ho iniziato a fare un paio di anni fa, poco prima del Covid, e che continuo ora. 

Andrew BERNSTEIN headshot

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Come abbiamo detto, abbiamo bisogno di più bellezza nel balletto per rendere il mondo migliore. Come abbiamo detto, se penso a New York penso a Broadway, NYCB, in questo momento, dopo una pandemia e vent'anni dopo l'11 settembre, pensa che l'arte stia crescendo a New York e c'è bisogno di arte, si sente il bisogno di andare a teatro...

Assolutamente: fa parte di ciò che siamo, come newyorkesi: qualcosa che andiamo e sperimentiamo regolarmente. Non ci sediamo e non ci rilassiamo del successo passato, pensiamo sempre a ciò che è interessante e importante in questo momento. Per le persone. E per la situazione del mondo ora.

 

Se dovesse augurarsi qualcosa che abbia a che fare con il ruolo che ha nel NYCB, cosa direbbe in questo momento? Guardando a 30 anni di carriera, ora può fare qualcosa per la comunità, come ha detto, e il mondo del balletto...

 

Non vedo l'ora di tornare a teatro, di presentare nuove esibizioni e di ricostruire di nuovo il rapporto con il nostro pubblico. Voglio solo trovare nuovi modi creativi per condividere l'arte con gli altri e portarli in questo mondo.

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