Usa 2020, per i sondaggi Biden avanti su Trump. Ma in alcuni Stati chiave è testa a testa

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Le rilevazioni nazionali danno il candidato dem in vantaggio, ma il sistema elettorale americano, basato sull'esito nei singoli Stati, non permette di avanzare certezze in anticipo. E resta in bilico la battaglia in diversi swing states, quelli storicamente più contesi tra i partiti e che si rivelano decisivi per il risultato finale

Joe Biden è davanti, molto davanti a Donald Trump. Almeno secondo l’ultimo sondaggio della Cnn a livello nazionale, che dà il candidato dei Democratici in vantaggio con il 54% rispetto al 42% del tycoon, addirittura "il vantaggio più alto di qualsiasi candidato in oltre due decenni nei giorni finali della campagna elettorale". Ma è ancora presto perché Biden possa cantare vittoria: lo dice quanto avvenuto nel 2016, con Trump che ribaltò tutti i pronostici conquistando a sorpresa la Casa Bianca, lo dice il sistema elettorale statunitense, basato sul risultato nei singoli Stati e sul meccanismo dei grandi elettori, e lo dice infine il destino ancora tutto da decidere dei cosiddetti swing states, gli Stati senza una prevalenza netta di preferenze tra Democratici e Repubblicani, e che storicamente decidono l’elezione (LO SPECIALE USA 2020).

Le peculiarità del sistema elettorale americano

Nel sistema elettorale americano, basato sui collegi elettorali, non è importante tanto di quanto si vince ma dove si vince. Lo sa bene Hillary Clinton, candidata alla Casa Bianca con i Democratici nel 2016, che in quell’occasione ottenne la maggioranza del voto popolare ma perse in alcuni Stati chiave per l’elezione a vantaggio di Trump. Vale la pena ricordare infatti che negli Stati Uniti lo scrutinio elettorale si svolge a livello statale, con il sistema “winner takes all”: chi ottiene la vittoria in uno Stato conquista un certo numero di “grandi elettori” a esso attribuiti (la cifra varia in base alla popolazione). In totale, i grandi elettori sono 538, e viene eletto presidente chi ne ottiene almeno 270.

Cosa dicono i sondaggi: dove la contesa è in bilico

Per Trump si può dire che la strada resta in salita. Il presidente in carica negli ultimi giorni sta però recuperando qualcosa, e non a caso i Democratici hanno insistito tanto prima sul voto per posta e poi su quello anticipato. Ma resta ancora tutto da decidere: il gap tra Biden e Trump si è ridotto leggermente nel voto popolare: secondo la media dei sondaggi elaborata dal sito RealClearPolitics il distacco da Biden è sceso al 7,1% a livello nazionale. Il divario si è ridotto anche nei principali battleground states – un altro dei nomi con cui vengono chiamati gli swing states – decisivi per la vittoria finale. Sempre secondo la media elaborata da RealClearPolitics, il gap tra i due sfidanti è esiguo in Florida, dove Biden è in vantaggio di solo mezzo punto percentuale, in Ohio, uno degli swing states per eccellenza, con la stessa situazione ma a favore di Trump, e in Arizona con Biden davanti di soli due punti. Molta incertezza anche in North Carolina, con i due candidati quasi appaiati, e in Pennsylvania, dove Biden è in vantaggio di soli tre punti percentuali. L’ex vicepresidente di Barack Obama può dirsi più al sicuro in Michigan (+8,6 secondo la media dei sondaggi) e in Wisconsin (+6,4).

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Un quadro incerto

Del resto la mappa elettorale americana cambia continuamente, con il passare degli anni e in base ai cicli politici. Stati che non erano mai contesi, per esempio, diventano swing states dove l’esito è incerto, mentre altri, dove un candidato ha ottenuto un grande successo, pochi anni dopo rischiano di decretare la sua sconfitta. Del primo gruppo per esempio fanno parte Stati del Sud come la Georgia e la North Carolina che sono diventati battleground states con la candidatura e l'elezione di Barack Obama che ha mobilitato l'elettorato afroamericano. Tornando all’attualità delle presidenziali 2020, Donald Trump cercherà di ottenere la riconferma in tre Stati della Rust Belt, una volta roccaforti Democratiche, che nel 2016 contribuirono alla sua vittoria.

Sfida nella sfida nella Rust Belt

La Rust Belt è quella zona, che si identifica geograficamente con quella parte del Midwest situata attorno ai Grandi Laghi, formata da Stati come Ohio, Pennsylvania, Wisconsin e Michigan. Si tratta di Stati con una tradizione industriale soprattutto nel manifatturiero, che da almeno vent’anni soffrono la crisi di quel settore con gravi ripercussioni sull’occupazione. Trump cerca la conferma in Pennsylvania, che nel 2016 per pochissimi voti strappò ai Democratici dopo quattro sconfitte consecutive dei Repubblicani. Difficilissimo per il presidente in carica replicare il successo in Michigan, dove come abbiamo visto Biden ha un largo vantaggio nei sondaggi. Complicato per il tycoon anche fare il bis nel Wisconsin, l’ultimo dei tre Stati della Rust Belt che Trump portò a casa nel 2016: anche qui Biden è dato in vantaggio dai sondaggi.

COLUMBIA, SC - JUNE 09: Voters cast ballots at a polling station at Dreher High School on June 9, 2020 in Columbia, South Carolina. Georgia, Nevada, North Dakota, South Carolina and West Virginia hold primaries today.  (Photo by Sean Rayford/Getty Images)

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Le altre sfide decisive

Sempre nel Midwest, Trump proverà a ribaltare l’esito del 2016 in Minnesota, dove fu sconfitto di misura da Clinton. Secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics, il favorito resta Biden con un vantaggio al momento di quasi 5 punti. Altro Stato in bilico è la Georgia, ex roccaforte repubblicana, dove la contesa è tra il voto rurale bianco, dove spopola Trump, e il voto urbano, e democratico, di Atlanta, città con una forte comunità afroamericana che vanta anche il profilo della sindaca dem Keisha Lance Bottoms. In Arizona, dove come detto regna l’incertezza, l’esito si giocherà sul voto delle minoranze ispaniche. Quattro anni fa Trump vinse soprattutto grazie al voto degli over 65. Ma gli ultimi sondaggi mostrano come in questo duello tra candidati ultra settantenni, Biden stia scippando al presidente il voto degli anziani bianchi. C’è poi l’immancabile Florida, che assegna molti grandi elettori. Forse è lei la regina degli swing states, dopo che nel 2000 tenne con il fiato sospeso per oltre un mese gli Stati Uniti, e il mondo, quando la Corte Suprema diede la vittoria nello Stato, e la Casa Bianca, a George Bush per una manciata di voti.

Le elezioni più costose della storia

Intanto le elezioni Usa 2020 hanno già infranto ogni record del passato diventando le più costose della storia americana, secondo le proiezioni del Center for Responsive Politics, con un bilancio totale previsto di quasi 14 miliardi di dollari, di cui 6,6 miliardi per le presidenziali. Si tratta di quasi il triplo dei 2,4 miliardi del 2016. Il report sottolinea anche che sono raddoppiati i costi delle gare federali per Camera e Senato. 

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