La Commissione interamericana dei diritti umani parla di 23 morti negli scontri post elezioni e denuncia: il governo ha emesso un decreto che esenta da ogni responsabilità penale i soldati. Arnault preme per elezioni e processo di pacificazione
È salito a 23 il numero delle persone uccise dall'inizio delle proteste in Bolivia dopo le elezioni presidenziali del 20 ottobre scorso. Lo riporta la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh), che parla anche di 715 feriti e conferma che durante gli scontri di venerdì vicino a Cochabamba ci sono state nove vittime e 122 feriti. Intanto l’inviato delle Nazioni Unite Jean Arnault ha incontrato la autoproclamata presidente ad interim Jeanine Añez e ha raccomandato lo svolgimento di nuove elezioni.
Nessuna responsabilità penale per i soldati
La Cidh ha spiegato che l'alto numero di vittime è frutto della "repressione combinata di forze di polizia e dell'esercito" e ha condannato il governo di Añez per aver emesso un decreto che esenta da ogni responsabilità penale i soldati che prendono parte alla repressione delle proteste. La norma è stata approvata alla vigilia del giorno più violento dall'inizio della crisi, quando almeno otto coltivatori di coca pro-Morales sono stati uccisi dalle forze di sicurezza durante una manifestazione. "Non è una licenza di uccidere per le forze armate", ha commentato il ministro della Presidenza Jerjes Justiniano.
Arnault: servono "elezioni trasparenti, inclusive e credibili"
Intanto, riferisce l’agenzia di stampa statale Abi, dall’incontro tra Añez e Arnault sono emerse le raccomandazioni dell'inviato dell'Onu: fare nuove elezioni e riallacciare il dialogo. Secondo fonti del Palazzo di Vetro, il compito di Arnault sarà quello di appoggiare gli sforzi del governo della presidente ad interim per arrivare a un accordo politico fra le parti che permetta "elezioni trasparenti, inclusive e credibili". "A partire da domani (oggi, ndr) - ha dichiarato Arnault - cominceremo ad incontrare una molteplicità di attori politici e sociali per conversare sui principi della nonviolenza, della pacificazione, e della necessità di un dialogo urgente, ed anche di come contribuire nel modo migliore possibile per l'obiettivo desiderato di celebrare elezioni libere e trasparenti". Della stessa opinione l'ambasciatore dell'Unione europea in Bolivia, León de la Torres, che farà parte del team incaricato della mediazione: "Crediamo che sia fondamentale stabilizzare il Paese, recuperare la calma, superare la violenza, produrre l'inizio di una riconciliazione nazionale, e soprattutto che si facciano i primi passi certi per la convocazione delle elezioni".
Cosa succede in Bolivia
La tensione e le proteste in Bolivia sono esplose dopo le elezioni del 20 ottobre scorso che hanno visto la riconferma di Evo Morales. Ma, secondo le opposizioni, ci ssarebbero stati dei brogli. Dopo giorni di scontri in piazza in diverse città, quando anche i vertici delle forze armate e della polizia si sono uniti alle manifestazioni, Morales si è dimesso e ha indetto nuove consultazioni. A quel punto, sono iniziate le proteste dei suoi sostenitori. L'ex presidente si è ritirato in Messico, mentre Añez si è autoproclamata presidente ad interim.