Francia 2017: Le Pen, Macron e gli altri candidati all’Eliseo

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Federica Villa

Undici i candidati che si sfideranno il 23 aprile, primo turno delle presidenziali che stabiliranno il successore di Hollande. I sondaggi danno un testa a testa fra la leader del Front National e il centrista. In rimonta Melenchon. Più staccati Fillon e Hamon

Sarà una corsa all’Eliseo combattuta quella del 2017. Il 23 aprile, 11 candidati si sfideranno per prendere il posto del presidente francese uscente, François Hollande. Cinque i nomi di quelli che, secondo gli ultimi sondaggi, saranno impegnati nella lotta per arrivare al probabile ballottaggio del 7 maggio. Si tratta di Marine Le Pen (Front National), Emmanuel Macron (En Marche!), Jean-Luc Melenchon (La France insoumise), Francois Fillon (Les Republicains) e Benoit Hamon (Parti socialiste).

Marine Le Pen: un programma in 144 punti “per amore della Francia”

“La questione di cosa voler fare nella vita non è mai stato il punto. Il punto era cosa ti avrebbero lasciato fare in quanto figlia di Jean Marie Le Pen”. Ha scelto queste parole, in un’intervista a Tf1, la candidata del Front National, per rispondere a chi le chiedeva di parlare della sua scelta lavorativa. Da figlia del fondatore del partito di estrema destra francese, la strada era tracciata. Le Pen si è laureata in giurisprudenza e ha esercitato la professione per qualche anno finché, nel 1998, non è scesa in politica con lo schieramento che suo padre, Jean Marie, aveva fondato nel 1972. Viene subito eletta consigliera regionale in una zona che oggi è confluita nell’Alta Francia. Poi, nel 2011, diventa presidente del Front National. Un anno dopo, il partito raccoglie il 18% al primo turno delle presidenziali: è il miglior risultato di sempre. Alle europee del 2014, lo schieramento è il più votato su base nazionale. Ma nel 2015, si registra una pesante sconfitta: tutti i ballottaggi alle regionali vengono persi. Nello stesso anno, arriva l’espulsione di Jean Marie Le Pen dal partito: le sue frasi negazioniste sullo sterminio degli ebrei hanno fatto di sua figlia la più forte sostenitrice del suo allontanamento e il comitato esecutivo del partito le ha dato ragione. Le uscite di estrema destra di Jean Marie rischiavano di ostacolare il rinnovo di Fn che da anni, con Marine, si proponeva come vera alternativa al tradizionale bipolarismo francese. 

Dopo la sconfitta alle regionali, Le Pen sparisce dalla scena nazionale per quasi un anno. Fino al grande ritorno, il 3 settembre del 2016, quando annuncia la sua candidatura all’Eliseo. Quello di Le Pen è un programma elettorale in 144 punti scritto “in nome del popolo” e per “amore della Francia”, e non ammette mezze misure. Prevede l’uscita del Paese dall’Ue, e strette sull’immigrazione: “Nessun passo indietro e nessun compromesso: chi è venuto in Francia è per trovare la Francia”, ha ricordato a febbraio, da Lione, mentre esponeva il suo programma, “non per trasformare il nostro Paese nel proprio Paese d’origine”. Il suo discorso politico, che si scaglia contro “i nemici della Francia” che siano immigrati, presunti terroristi o “non patrioti”, ha saputo conquistare diverse fasce sociali, dall’élite ai lavoratori preoccupati per la perdita del loro impiego. Questo nonostante siano sei (come documenta Le Monde) i casi giudiziari che pendono su Le Pen: dagli stipendi di partito pagati con i fondi europei, ai tweet violenti con immagini di decapitazioni compiute da Isis. Ma tutto questo non sembra mettere in discussione che la leader del Front National sarà tra i protagonisti del ballottaggio.

Emmanuel Macron: il giovane indipendente “né di destra, né di sinistra”

Ex ministro dell’Economia del governo Valls, Emmanuel Macron è stato una delle sorprese di questa corsa all’Eliseo. Ha 39 anni e, quando ha deciso di candidarsi, lo ha fatto con il partito di centro che lui stesso ha fondato e che ha chiamato En Marche! (In marcia!). Il suo impegno politico, come ha raccontato lui stesso, lo deve alla nonna: “Devo a lei l’origine della mia passione”. Prima che per il suo programma politico, Macron era conosciuto per aver sposato, nel 2007, Brigitte Trogneux, la sua professoressa di francese del liceo e con vent’anni in più di lui. Dopo il diploma all’Ecole nationale d’administration, ha cominciato una carriera nell’amministrazione pubblica che lo ha portato a diventare assistente relatore della commissione Jaques Attali, creata per rilanciare l’economia del Paese. Dopo una parentesi nella banca Rothschild, nel 2012, è stato nominato segretario generale aggiunto all’Eliseo, con Francois Hollande, fino a diventare ministro dell’Economia, ruolo da cui si è dimesso a fine agosto del 2016, per iniziare la sua campagna elettorale. Il suo programma, “né di destra, né di sinistra”, si concentra sul lavoro - per combattere la disoccupazione e, al contrario della sua diretta rivale, Marine Le Pen, Macron è un europeista convinto e vuole “accelerare l’integrazione”. Ma, anche Macron, non è rimasto immune dalle indagini: a marzo, la procura di Parigi ha aperto un'inchiesta per presunto favoritismo. I fatti riguardano una serata a Las Vegas, nel gennaio 2016, in cui Macron ha partecipato come ministro dell'Economia e dove ha incontrato imprese emergenti francesi in occasione del Consumer Electonics Show. Questo, però, non gli ha impedito di tenere testa a Marine Le Pen nei sondaggi con i due schieramenti sempre più vicini in vista del 23 aprile.

Jean-Luc Mélenchon: il “terzo uomo” della gauche

Melenchon è il “terzo uomo” di queste elezioni presidenziali. Il candidato della gauche risale da settimane i sondaggi ed è diventato il principale sfidante - non senza sorpresa - di Le Pen e Macron. Melenchon ha 65 anni ed è un uomo della sinistra radicale. È un politico a cui piace sorprendere l’elettorato, come dimostra la scelta di dare l’annuncio della sua candidatura anche attraverso un ologramma, comparso a Parigi mentre lui parlava da Lione. Melenchon è stato membro del partito socialista, ma si è allontanato dallo schieramento denunciandone la “deriva liberale”. E questa non è la sua prima corsa all’Eliseo: si era già candidato nel 2012, arrivando quarto con l’11,10% dei voti. Nel suo curriculum, vanta anche un posto da ministro con delega all’insegnamento professionale nel governo di Lionel Jospin, tra il 2000 e il 2002, e un’esperienza come eurodeputato. Ma se Melenchon piace sempre di più ai francesi, per i mercati non si può dire lo stesso. “Il rischio politico in Francia è tornato”, si legge nel report dell’istituto di credito Abn Amro sulle preoccupazioni di un possibile ballottaggio tra Melenchon e Le Pen. 

Il programma del candidato della gauche prevede una rinegoziazione tra Parigi e Bruxelles e non esclude un’eventuale uscita della Francia dall’Ue. Vorrebbe che l’età pensionabile scendesse a 60 anni. Promette una tassa patrimoniale forte sui grandi redditi. E non vuole sentir parlare di nucleare come fonte d’energia primaria. Mentre prevede maggiore apertura sulla questione dei migranti.

Che Mélenchon riesca davvero ad arrivare al ballottaggio rimane ancora un’ipotesi incerta, ma anche se dovesse classificarsi terzo, come è più probabile che accadrà, il risultato sarebbe storico: per la prima volta il candidato di estrema sinistra si posizionerebbe davanti a quello dello schieramento socialista.

Francois Fillon: Eliseo lontano dopo il Penelopegate

Quella di Francois Fillon è la storia di un’ascesa politica, a cui manca solo la presidenza per essere completa. È stato consigliere municipale, poi regionale, deputato, senatore, ministro e primo ministro. Da quando è entrato in politica, nel 1976, mentre studiava giornalismo, ha ricoperto “tutti i posti elettivi, tranne uno”, come ha ammesso lui stesso. Arriva all’Assemblea Nazionale dopo le elezioni legislative del 1980, a soli 27 anni come gollista convinto. Nel 1992, fa campagna per il No per il referendum sul trattato europeo di Maastricht e nel 1993 diventa ministro per la prima volta, all’Istruzione superiore. Nel 1995 non sostiene Jacques Chirac, che però vince le elezioni e che lo vedrà prendere parte ai suoi governi. Nel 2007, Fillon sceglie di schierarsi con Nicolas Sarkozy che vince le elezioni e che lo sceglie come Primo ministro. Quando Sarkozy lascia l’Eliseo, Fillon si candida alla presidenza dei Repubblicani di cui avrà una direzione congiunta con Jean François Copé. Alle primarie di novembre della destra per l’elezione presidenziale, Fillon vince.

Ma due mesi dopo scoppia lo scandalo: il Penelopegate. Il giornale francese Canard Enchaîné sostiene che la moglie del candidato repubblicano, Penelope, abbia guadagnato, in otto anni come assistente parlamentare del marito, oltre 500mila euro lordi senza di fatto svolgere alcuna funzione. Altri incarichi simili, inoltre, sarebbero stati dati anche a due figli di Fillon. È l’inizio del declino del consenso per il candidato. Il giorno dopo la pubblicazione dello scandalo, Fillon viene intervistato da Tf1, dove dice: “C’è un attacco politico per destabilizzarmi a tre mesi dalle elezioni”. Il 30 gennaio moglie e marito vengono interrogati. Poi arrivano le perquisizioni negli uffici e la notizia che due dei cinque figli di Fillon avrebbero lavorato per il padre quando erano ancora studenti, percependo 84mila euro all’anno. I coniugi sono entrambi protagonisti di un’inchiesta aperta dalla procura francese, lo scorso 24 febbraio. E Fillon ha deciso di scusarsi cercando di spostare nuovamente l’attenzione sul suo programma, definito da lui stesso “un vero shock”. "La Francia non ha solo bisogno di riforme" e questo si tradurrebbe in un taglio della spesa pubblica e di funzionari e in un’età pensionabile da portare ai 65 anni entro il 2022. Ma i suoi progetti, dopo il calo netto delle preferenze da gennaio in poi, non sono dati dai sondaggi come i preferiti dai francesi, e l’ipotesi ballottaggio, per Fillon, si allontana sempre di più.

Benoit Hamon: il Bernie Sanders di Francia

A novembre, nessun avrebbe creduto che Benoit Hamon avrebbe rappresentato i socialisti per la corsa all’Eliseo. Ma è successo. A inizio dicembre, Francois Hollande ha dichiarato che non si sarebbe più ricandidato alla presidenza e, poco più di un mese dopo, il partito affrontava le primarie. In quell’occasione - e a sorpresa - aveva vinto proprio Hamon che era riuscito a imporsi sul Primo ministro Manuel Valls, con il 58% delle preferenze. Alcuni chiamano questo 49enne di Saint-Renan “il Bernie Sanders di Francia” per la sua lotta alla legalizzazione della marijuana e per la proposta del “reddito di cittadinanza”: 750 euro al mese a tutti, senza condizioni. Da sempre si batte contro la discriminazione razziale. Nel 1993 è diventato il primo presidente del Movimento dei giovani socialisti ed è stato deputato europeo tra il 2004 e il 2009. Fino ad arrivare, nel 2012, a ricoprire il ruolo di ministro delegato all’Economia sociale e solidale e poi, per 174 giorni, nel 2014, quello della Pubblica istruzione fino a che non c’è stato il rimpasto governativo. Attento all’ambiente - vuole abbandonare il diesel entro il 2025 -, si batte contro ogni genere di discriminazione e vorrebbe abrogare la legge sul lavoro. Preparato sui temi che conosce, in particolare quelli ambientali e di giustizia sociale, lo si è spesso accusato di essere sprovvisto di un programma di politica internazionale forte. Inoltre, dopo il boom delle primarie, i sondaggi l’hanno dato costantemente in calo. Hamon rappresenta l’ala più a sinistra dei socialisti e per questo molti elettori sarebbero più orientati verso Macron.

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