Secondo il giudice non c'è un "quadro probatorio connotato da solidità e gravità" per ritenere sia stato 'turbato' l'accordo tra la multinazionale farmaceutica e il Policlinico San Matteo
Il gip di Pavia Maria Cristina Lapi ha rigettato la misura interdittiva della sospensione dall'incarico chiesta dalla Procura (quando era guidata da Mario Venditti) per il virologo Fausto Baldanti, per l'ad Carlo Rosa e il direttore scientifico di Diasorin, coinvolti nell'inchiesta sull'accordo tra Diasorin e il Policlinico San Matteo per lo sviluppo dei test sierologici per la diagnosi del Covid (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - MAPPE E GRAFICI DEI CONTAGI IN ITALIA E NEL MONDO - I DATI DEI VACCINI IN ITALIA).
La decisione del gip
Secondo il gip non c'è un "quadro probatorio connotato da solidità e gravità" per ritenere sia stato 'turbato' l'accordo tra Diasorin e il Policlinico San Matteo. Inoltre, non è stato commesso alcun peculato vista la "finalità pubblica" del progetto messo a punto nei laboratori dell'Irccs e mancano le esigenze cautelari. Il gip, nel suo provvedimento di rigetto dello scorso 27 dicembre, in 24 pagine ha "smontato" le indagini coordinate dal pm Paolo Mazza e dall'allora procuratore facente funzione Mario Venditti, sostenendo che allo stato non ci sono elementi probatori sufficienti tali da poter giustificare la richiesta di misura cautelare della sospensione dall'esercizio della sua attività per Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo, e del divieto temporaneo di svolgere la professione per Rosa e Bonelli.
Le motivazioni
Nell'ordinanza, ora impugnata davanti al Tribunale del Riesame dal pubblico ministero, il giudice ha sottolineato come "la condotta degli indagati non possa essere con certezza" ricondotta al peculato. E ciò in quanto il professor Baldanti, anche se ha "effettivamente contribuito in modo determinante all'ideazione del test" e ha usato "una parte dei sieri" donati dai pazienti e destinati, come autorizzato dal Comitato Etico, al progetto per individuare il cosiddetto "plasma 'iperimmune'" per la cura del Coronavirus, ha agito con scopi di "natura pubblica" e senza perseguire alcun profitto.
L'accordo tra l'istituto scientifico e la società farmaceutica
Riguardo all'accusa di turbata libertà nella scelta del contraente manca la "solidità e gravità" del quadro probatorio. Da un lato il gip ha valorizzato la decisione con cui il Consiglio di Stato, nel dicembre 2020, ha stabilito la correttezza dell'accordo San Matteo-Diasorin, senza essere per nulla influenzato - come ha adombrato la Procura - da una apposita relazione stesa da un esperto del Ministero dell'Università e della Ricerca. Dall'altro ha sottolineato l'inesistenza di qualsivoglia "collusione" tra l'istituto scientifico e la società farmaceutica. Ha infatti scartato l'"elemento portato dal pm come sintomatico dell'esistenza di un patto clandestino" tra ente e gruppo farmaceutico, ossia il conflitto di interessi in cui si è trovato il professor Baldanti che oltre ad essere il responsabile scientifico del progetto per lo sviluppo del test sierologico e pure componente del Cts del Consiglio Superiore di Sanità, era stato "interpellato dall'unità di crisi della Regione Lombardia per indirizzare le scelte relative all'utilizzo delle metodiche a scopo clinico diagnostico". Conclusione questa, per il gip, "di natura presuntiva" e per altro smentita dalle intercettazioni. Quanto alla Technogenetics, l'azienda che aveva tentato di collaborare con l'Irccs e dopo essere stata esclusa ha presentato denuncia contro Diasorin, in realtà era stata "presa in considerazione" dall'ospedale di Pavia.