Rapporto Istat: il calo delle nascite continua e pesa sull'economia
EconomiaL'ultimo Rapporto Annuale dell'Ufficio di Statistica: l'invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite. L'inflazione condizionerà i consumi e i salari. Occupazione in ripresa, ma donne e giovani restano svantaggiati. Quest'anno il Pil è visto in rialzo dell'1,2%
Un nuovo record negativo ci attende. E’ quello del calo delle nascite, che quest’anno con ogni probabilità risulterà maggiore di quello del 2022, quando si è registrato il numero più basso di bimbi venuti alla luce dall’Unità di Italia. A tracciare questo quadro poco incoraggiante è il Rapporto annuale dell’Istat, che ci dice come l’invecchiamento della popolazione si accentuerà nei prossimi anni, con molte ripercussioni sulla nostra società, a partire dalla crescita economica.
Il Pil regge
Il nostro Paese l’anno scorso ha visto un aumento del prodotto interno lordo tra i migliori in Europa e anche negli ultimi mesi, pur viaggiando a livelli più bassi, siamo davanti ai maggiori Stati del Continente. Alla fine del 2023 il Pil, stima l’ufficio di Statistica, risulterà in rialzo dell’1,2 per cento.
Il morso del carovita
Tutto questo nonostante l’inflazione continui a mordere (sebbene sia scesa dai picchi registrati nei mesi scorsi), rosicchiando risparmi e stipendi degli italiani, che negli ultimi dieci anni hanno visto il loro potere d’acquisto (cioè quello si può comprare coi salari) diminuire del 2 per cento, mentre nella media europea aumentava (+2,5%).
Occupazione in recupero (ma resta bassa)
Le luci e le ombre individuate dall’Istat riguardano anche il mondo del lavoro. L’occupazione è a quote superiori a quelle del 2019: il crollo dovuto alla pandemia è alle spalle ma restiamo in fondo alla classifica europea. Un quinto degli italiani fra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora: solo in Romania stanno peggio. L’occupazione femminile è sempre al palo.
Giovani e donne restano indietro
Giovani e donne: i primi trovano lavoro tardi (e spesso precario), rimandando il momento per mettere su famiglia. Le seconde partono svantaggiate rispetto agli uomini e spesso sono costrette a lasciare il posto per prendersi cura di figli e genitori anziani. Investiamo poco nell'istruzione e nell'infanzia (basti pensare ai pochi posti negli asili nido). E tutto questo finisce per incidere su quello che ormai chiamiamo inverno demografico.