Contratti collettivi, quasi 6 milioni di lavoratori in attesa del rinnovo: le novità

Economia
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Introduzione

Sono ancora 31 i contratti collettivi in attesa di rinnovo, che coinvolgono una platea di circa 5,7 milioni di dipendenti. E il governo sembra sul punto di accelerare la pratica puntando su detassazioni, ma non solo: ecco le ipotesi sul tavolo.

Quello che devi sapere

Quanti sono in attesa del rinnovo

Oltre quattro dipendenti su dieci sono in attesa del rinnovo del contratto e quindi del recupero del potere d'acquisto dei loro salari. A fine giugno 2025, come spiega l'Istat, i 44 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 56,3% dei dipendenti (circa 7,4 milioni) e corrispondono al 54% del monte retributivo complessivo. I contratti in attesa di rinnovo sono invece 31 e coinvolgono circa 5,7 milioni di dipendenti, il 43,7% del totale.

 

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Velocizzare la contrattazione

Come spiega Il Messaggero, la priorità del governo è velocizzare la contrattazione. Se nel pubblico le intese stanno arrivando grazie alle risorse contenute nella Manovra di bilancio, ora tocca al settore privato. L’esecutivo vuole evitare eccessivi ritardi nelle firme delle intese, ritardi che possono erodere - come detto - il potere d’acquisto dei lavoratori dopo la fiammata inflazionistica degli ultimi anni.

 

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Le possibili detassazioni

Ecco perché, per dare la spinta alla sigla delle nuove intese, il governo pensa alle detassazioni. Diverse soluzioni sul tavolo dell’esecutivo: tra quelle citate dal Messaggero, spunta una tassazione più lieve sugli incrementi retributivi nel caso in cui i nuovi contratti siano firmati nei sei mesi precedenti o successivi alla scadenza naturale. Sul tavolo c'è uno sconto del 50% per tre anni sulla tassazione applicata ai rincari oppure una tassazione Irpef agevolata, forse intorno al 5%.

 

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L'adeguamento all'Ipca

Tra le altre ipotesi sul tavolo rivelate dal Messaggero c'è anche un meccanismo per evitare la perdita del potere d’acquisto in attesa del rinnovo del contratto. Il governo starebbe infatti lavorando a un "meccanismo automatico di adeguamento all’inflazione". In sostanza, spiega il quotidiano romano, "se entro 24 mesi dalla scadenza dei contratti il rinnovo non sarà ancora perfezionato, ogni luglio e per ciascuno anno fino alla firma" la retribuzione sarà adeguata all'Indice dei prezzi al consumo armonizzato (Ipca), con tetto massimo del 5%. L’Ipca è un indicatore di inflazione calcolato in modo uniforme per tutti i Paesi dell'Unione europea, volto a permettere confronti internazionali affidabili sulla stabilità dei prezzi e la convergenza economica.

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I dati Istat sui salari

L’Istat ha recentemente diffuso i dati su contrattazione e salari, sottolineando che a giugno l’indice delle retribuzioni contrattuali ha segnato un aumento dello 0,5% rispetto al mese precedente e del 2,7% rispetto a giugno 2024. L’aumento tendenziale è stato del 2,3% per i dipendenti dell’industria, del 2,7% per quelli dei servizi privati e del 2,9% per i lavoratori della Pubblica amministrazione. I settori che hanno registrato gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli dei ministeri (+6,9%), militari-difesa e energia elettrica (+6,7%) e forze dell’ordine (+5,8%) che hanno di recente rinnovato i contratti.    

Termini nominali e termini reali

Se le retribuzioni crescono in termini nominali, restano tuttavia ancora di circa il 9% inferiori a quelli del 2021 in termini reali. Come spiega l'Istat, la retribuzione oraria media nel primo semestre 2025 è cresciuta del 3,5% rispetto allo stesso periodo del 2024, ma il potere d'acquisto è ancora di circa il 9% inferiore a quello di gennaio 2021 a causa della fiammata inflazionistica che si è registrata nel 2022 (8,1%) e 2023 (5,7%). 

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La decelerazione nel privato

 "L’andamento tendenziale delle retribuzioni contrattuali si è confermato robusto, ma in rallentamento rispetto al precedente trimestre; la decelerazione osservata per il settore privato non è stata compensata dall’accelerazione registrata per la Pubblica amministrazione”, aveva commentato l’Istat al momento della pubblicazione dei dati, evidenziando appunto che “le retribuzioni contrattuali in termini reali a giugno 2025 restano ancora al di sotto di circa il 9% dei livelli di gennaio 2021".

 

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Un nuovo Patto sociale

Sulla questione dei contratti collettivi è intervenuta poche ore fa la segretaria della Cisl Daniela Fumarola, intervistata da Avvenire, che ha rinnovato l’urgenza di un "nuovo Patto sociale, come avvenne negli anni Novanta, con un programma e obiettivi condivisi". Secondo Fumarola, "serve una nuova politica espansiva dei redditi, fondata su metodo, equità e concertazione. La prima leva è il rinnovo dei contratti collettivi: parliamo di circa 2,5 milioni di lavoratori del settore privato e di tutto il pubblico, scuola compresa". 

 

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Le richieste della Cisl

Secondo Fumarola, va inoltre "stabilito il diritto di tutti i lavoratori a un salario di produttività, volto a redistribuire stabilmente a livello aziendale o territoriale gli aumenti di valore aggiunto dei risultati ottenuti anno su anno". Allo stesso tempo, "bisogna intervenire su prezzi e tariffe, contrastare la speculazione, alleggerire la pressione fiscale sui redditi medi e popolari, evitando che si allarghi il divario tra costo della vita e salari". E ancora: "Pensionati e lavoratori sono stati i più colpiti dall'inflazione. Per questo occorrono detrazioni più alte fino a 60mila euro, riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 32%, una fiscalità che premi la produttività, tassando di più le grandi rendite". Fumarola ha quindi sollecitato "un piano nazionale industriale, che va varato entro l’autunno, partendo da un forte investimento nel capitale umano". 

 

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