Dazi, su cibo si rischia stangata da 1 miliardo: non solo vino, colpiti anche olio e pasta
EconomiaIntroduzione
Le tariffe al 15% sui prodotti agroalimentari italiani, senza alcuna esenzione, rischiano di far perdere oltre un miliardo di euro alla filiera del cibo made in Italy: a fare i conti, sulla base dei dati del Centro Studi Divulga, sono Coldiretti e Filiera Italia. Dopo la dichiarazione congiunta Ue-Usa che ha formalizzato l'accordo-quadro raggiunto a fine luglio in Scozia, le due associazioni hanno sottolineato come - seppur la riduzione dei dazi sull'automotive rappresenti una buona notizia per il nostro Paese - tra i settori più colpiti ci siano vino, olio, pasta e comparto suinicolo: una conferma, sostengono, di come sia sempre l'agricoltura a essere sacrificata
Quello che devi sapere
La dichiarazione congiunta
La dichiarazione congiunta Ue-Usa ha messo nero su bianco l'accordo politico raggiunto il 27 luglio in Scozia dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente americano Donald Trump. Una firma che è stata un duro colpo per le imprese del settore agroalimentare, che fino all’ultimo speravano in riduzioni o esenzioni: l'intesa definisce un tetto massimo del 15% per la gran parte delle esportazioni europee verso gli States, sostituendo il regime precedente fatto di dazi cumulativi e spesso più pesanti. E se per alcuni i dazi al 15% sono da considerarsi ancora sostenibili, a preoccupare di più sono i rischi legati alla debolezza del dollaro e dell'inflazione proprio a causa delle tariffe
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“Squilibrio nella trattativa”
La pubblicazione dell'accordo “conferma lo squilibrio di una trattativa", hanno commentato Coldiretti e Filiera Italia, "a favore degli Stati Uniti rispetto all'Europa". Occorre, hanno aggiunto, "proseguire il negoziato per ottenere l'esclusione dei prodotti agroalimentari di eccellenza dalla lista dei dazi, risultato che ci aspettavamo almeno per il vino e che invece non è arrivato”. Per le due associazioni, inoltre, è necessario garantire sostegni economici alle filiere più colpite e "non è accettabile che il settore agroalimentare continui a essere il più penalizzato da una conduzione delle trattative troppo remissiva da parte della Commissione Ue". Allo stesso tempo, hanno aggiunto, va assicurato il rispetto dei rigidi standard di sicurezza alimentare europei, senza pericolosi passi indietro sulla tutela della salute dei cittadini
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I cibi più colpiti
Gli Usa rappresentano il principale mercato extra-Ue per l'agroalimentare italiano, con un valore che nel 2024 ha sfiorato gli 8 miliardi di euro. Il prodotto più colpito sarà il vino, prima voce dell'export: secondo la Coldiretti subirà dazi per un impatto di oltre 290 milioni, una cifra che rischia di salire ulteriormente in base all'andamento del dollaro. Subito dopo il vino c'è l'olio extravergine di oliva: i dazi porteranno un costo aggiuntivo superiore a 140 milioni. Segue la pasta di semola, con quasi 74 milioni di euro in più. Stabili invece i formaggi, già gravati da dazi tra il 10% e il 15%
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Il trend
A preoccupare le imprese, per Coldiretti e Filiera Italia, è il trend registrato nei primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10%, che hanno inciso negativamente sull'export agroalimentare italiano verso gli Usa. A giugno, secondo un'analisi Coldiretti su dati Istat del commercio estero, le vendite di cibo made in Italy in America hanno segnato un calo del 2,9% in valore: si tratta del primo calo mensile dell'agroalimentare negli Stati Uniti dal settembre 2023, in controtendenza con il dato generale dell'export italiano in Usa, cresciuto a giugno del 10,3%
L’olio
Come detto, non è solo il vino a preoccupare. Per l'Italia, gli Stati Uniti sono un mercato fondamentale anche per l'olio extravergine di oliva. A livello mondiale, infatti, gli Usa rappresentano il maggior acquirente di olio d'oliva: per rispondere alla domanda dei consumatori americani, sempre più attenti alla salute, gli Stati Uniti sono obbligati a importare il 95% dell'olio d'oliva di cui hanno bisogno
Niente esenzione
“Proprio le qualità salutistiche dell'olio d'oliva dovrebbero essere riconosciute dagli States, inserendo questa spremuta di benessere nella lista dei prodotti esenti dai dazi”, ha commentato Anna Cane, presidente del Gruppo olio d'oliva di Assitol. Ha anche sottolineato che gli Stati Uniti sono il secondo consumatore al mondo di questo prodotto, con una media di circa 370mila tonnellate l'anno. “Entro il 2030 potrebbero superare addirittura i consumi dell'Italia”, ha spiegato
Le reazioni del settore
L’accordo sui dazi "per l'agroalimentare rappresenta certamente un compromesso al ribasso" e “un duro colpo per numerose produzioni di punta del made in Italy, soprattutto se sommato alla svalutazione del dollaro americano”, ha commentato Tommaso Battista, presidente della Copagri. “Siamo insoddisfatti, per l'agroalimentare in generale e per il vino, il pecorino e l'olio d'oliva in particolare", ha aggiunto Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, che si è detto "profondamente preoccupato per l'assenza dei vini e del pecorino tra i prodotti europei esclusi dai dazi”. Da inizio anno, ha aggiunto, "si sono registrati forti cali della domanda di vino negli Usa: -8,7% in volume e -8,5% in fatturato. I dazi e il clima di incertezza si ripercuotono negativamente anche sugli stessi consumatori americani". "L'intesa tra Stati Uniti e Unione Europea contiene purtroppo evidenti asimmetrie e squilibri che si traducono in un grave pregiudizio verso l'agroalimentare italiano: nel nuovo scenario che andrà a delinearsi le imprese saranno chiamate a fronteggiare il mercato cercando il più possibile di difendere la propria competitività", ha detto anche Raffaele Drei, presidente di Fedagripesca Confcooperative. “Serve un'azione decisa per reintegrare al più presto i nostri comparti tra quelli beneficiari di una piena apertura del mercato Usa. La posta in gioco riguarda migliaia di imprese, posti di lavoro e investimenti su entrambe le sponde dell'Atlantico”, ha concluso il presidente di Federvini Giacomo Ponti
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