Dazi Usa, dai posti di lavoro ai prezzi e l’inflazione: i possibili effetti in Italia

Economia
©Ansa

Introduzione

La partita sui dazi statunitensi per l’Unione europea è tutt’altro che chiusa. L’accordo quadro siglato lo scorso 27 luglio tra il presidente Usa Donald Trump e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha previsto una tariffa base del 15% sui beni che dal Vecchio Continente entreranno negli Stati Uniti, in vigore dal 7 agosto.

 

Non si era però stabilito quali prodotti sarebbero stati esentati dall’aliquota al 15%: l’Ue sperava ad esempio di salvare i farmaci, le componenti per gli aerei, gli alcolici. Sembra invece, dicono fonti europee, che la tariffa sarà onnicomprensiva, a eccezione di acciaio e alluminio. Se così fosse, quali sarebbero gli effetti sulle tasche degli italiani? 

Quello che devi sapere

Come funzionano i dazi

Bisogna innanzitutto ricordare che i dazi non hanno effetti diretti sui produttori italiani e quindi, in linea di principio, nemmeno sulla cittadinanza in generale. A pagarli sono infatti gli importatori americani, che versano l’aliquota al Tesoro Usa. Facciamo un esempio: se un capo d’abbigliamento prodotto in Italia costa 100 dollari, quando arriva alla frontiera statunitense il suo valore, per effetto del dazio al 15%, è 115. Quei 15 dollari in più sono a carico di chi lo ha ordinato e importato. Nulla vieta però che gli importatori, per recuperare il guadagno perduto, alzino il prezzo al dettaglio, scaricandolo sui consumatori. Questo potrebbe portare a un crollo della domanda, con ovvie ricadute sui produttori europei. Per ora l’Ue ha invece deciso di congelare contromisure commerciali, nel senso che non applicherà dazi ai beni Usa (che quindi non aumenteranno di prezzo).

 

Per approfondire: Dazi Usa, chi li paga davvero? Qual è l'obiettivo di Trump? Domande e risposte

I dazi nell’economia mondiale globalizzata

Il portale Altroconsumo guarda però al problema in modo più ampio. In un mondo globalizzato, anche i dazi che gli Usa impongono ad altri Paesi avranno effetto in Europa. Si fa l’esempio della tariffa del 25% sull’India, grande esportatrice di materie prime. Se un prodotto Usa è stato fatto con una materia prima indiana, costerà più di prima. Nel momento in cui arriverà in uno Stato Ue, quindi anche in Italia, i consumatori europei si troveranno a pagare di più rispetto a quanto erano abituati.

 

Per approfondire: Dazi Trump, ecco quanti miliardi incasseranno gli Stati Uniti in un anno

pubblicità

Cosa potrebbe succedere ai prezzi dei prodotti europei in Ue

C’è poi un altro grande tema. Se, come detto prima, negli Stati Uniti crollasse la domanda di beni europei per effetto dell’aumento dei prezzi, non è da escludere che gli stessi produttori europei possano decidere di rivalersi direttamente sui consumatori in Ue. Questa, sottolinea Altroconsumo, è però soltanto un’ipotesi, perché è anche possibile che avere più disponibilità di beni interni (a causa di una contrazione della domanda negli Stati Uniti) possa invece portare a una decrescita dei prezzi. 

Più energia dagli Usa, più costosa di quella russa

L’accordo quadro tra Usa e Ue non si limita ai dazi. Per sistemare il presunto squilibrio commerciale lamentato da Donald Trump ed evitare tariffe ancora più alte, l’Unione ha fatto importanti concessioni a Washington. Centrale è il capitolo energia. Bruxelles si è impegnata ad aumentare enormemente l’acquisto di Gnl (gas naturale liquefatto) dagli Stati Uniti, in alternativa a quello russo, per un valore di 750 miliardi di euro da qui al 2027. Al di là del fatto che non si capisce da dove dovrebbe arrivare tutta questa energia in più, per noi si tratterebbe anche di dover spendere più soldi: il trasporto marittimo, lo stoccaggio e la rigassificazione, fa notare Altroconsumo, non sono passaggi economici e alla fine chi li pagherà sarà, con molta probabilità, ancora una volta la cittadinanza. 

pubblicità

L’inflazione potrebbe tornare a crescere

Come abbiamo imparato con la guerra in Ucraina, la crescita del prezzo dell’energia ha effetti diretti anche sull’inflazione, che si trascina dietro il costo di tutti gli altri beni. Se il tasso inflazionistico aumentasse di nuovo, la Banca centrale europea potrebbe a sua volta decidere di aumentare ancora una volta i tassi di interesse, con un impatto in negativo sul costo del denaro e quindi ad esempio sui mutui. 

Il Pil e i settori più a rischio

Secondo stime citate dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, per effetto dei dazi l'Italia perderà fino allo 0,5% del Pil. Per quanto riguarda i settori industriali, mettendo insieme sia le tariffe doganali di Trump che la svalutazione del dollaro, per molti comparti si parla di danni enormi:

  • 4,3 miliardi per i macchinari; 
  • 3,4 miliardi per i farmaci;
  • 2,9 miliardi per alimentari e bevande; 
  • 2,8 miliardi per auto e mezzi di trasporto; 
  • 1,8 miliardi per la manifattura;
  • 1,2 miliardi per i metalli; 
  • 1 miliardo per tessile e abbigliamento;
  • 1 miliardo per la chimica.

pubblicità

I posti di lavoro

In un contesto in cui potrebbero calare le esportazioni, con tutte le altre congiunture economiche esposte finora, un altro rischio indiretto legato alle tariffe trumpiane è quello di una perdita (ulteriore) dei posti di lavoro. Secondo le previsioni di Svimez, l'export potrebbe arrivare a -8,627 miliardi, cioè a -14%. Dati che, traslati sul mercato del lavoro, si tradurrebbero in un calo delle unità di lavoro di 103.892, cioè -0,4%.

 

Per approfondire: Dazi, fino a 15 miliardi di costi annui per l’Italia. Cgia: "Quanto il ponte di Messina"

pubblicità