Dazi, fino a 15 miliardi di costi annui per l’Italia. Cgia: "Quanto il ponte di Messina"

Economia
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Introduzione

Come evidenzia un’analisi dell’associazione che riunisce artigiani e piccole imprese, l’applicazione di dazi al 15% dovrebbe causare all'Italia un danno economico, nel breve termine, tra i 14 e i 15 miliardi di euro all’anno. Secondo la Cgia, l’importo corrisponde in linea di massima all’onere finanziario necessario alle casse dello Stato per la realizzazione dell'opera pubblica più costosa: il Ponte sullo Stretto di Messina.

Quello che devi sapere

Attesa per le esenzioni

Dal 1° agosto scorso l’amministrazione Usa guidata da Donald Trump ha aggiornato le tariffe commerciali nei confronti di oltre 90 Paesi con l'introduzione di dazi compresi tra il 10 e il 41%. Dopo l’accordo siglato in Scozia il 27 luglio, Unione Europea e Stati Uniti hanno concordato una tariffa media del 15%, la metà di quanto annunciato in precedenza dallo stesso presidente americano. Resta tuttavia da definire la lista dei prodotti esentati in vista del 7 agosto quando i nuovi dazi entreranno in vigore ufficialmente.

 

Per approfondire: La rubrica di Carlo Cottarelli: “Cosa non torna dell'accordo sui dazi: tre punti che non coincidono”

Attesa per le esenzioni

Danni diretti, indiretti e congiunturali

Un'analisi della Cgia di Mestre ha calcolato le ripercussioni negative del nuovo corso protezionistico Usa sull’economia italiana, frutto sia di effetti diretti, come le mancate esportazioni, sia indiretti. Nel conto rientra poi l’effetto congiunturale relativo all’attesa svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro.

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La vocazione dell’Italia verso l’export

Nonostante lo scorso anno il ritmo delle vendite verso gli Stati Uniti ha registrano una flessione del 3,5% annuo, pari a quasi 2 miliardi e mezzo di euro in meno, l’Italia mantiene una forte vocazione all’export oltreoceano con circa 64,5 miliardi di euro di valore economico generato nel 2024.

Il rischio sostituzione dei prodotti italiani

Secondo la Cgia gli effetti dei dazi al 15% si dovranno misurare necessariamente a partire dall’atteggiamento di imprese e consumatori americani nei confronti dei prodotti italiani. A fronte di prevedibili aumenti di prezzo, cresce infatti il rischio di una sostituzione con prodotti autoctoni o importati da altri Paesi dove le tariffe risultano meno care.

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Bankitalia: “92% prodotti italiani esportati di alta gamma”

Sul punto bisogna tuttavia considerare la qualità dei prodotti made in Italy venduti all’estero. Banca d’Italia ricorda che il 43% delle esportazioni tricolore negli Usa sono di “alta qualità” mentre un altro 49% si attesta di qualità “media”. Ciò significa che il 92% delle merci acquistate oltreoceano sono classificabili come di alta gamma. Di conseguenza, guardando dalla prospettiva del cliente, chi negli Usa - tra imprese e persone fisiche - compra prodotti italiani è già disposto a spendere una cifra elevata e potrebbe rimanere "indifferente" da eventuali incrementi di prezzo causati dalle barriere.

L’impatto sulle imprese esportatrici

Un secondo aspetto da considerare riguarda l’impatto dei dazi al 15% sulle imprese esportatrici che, per non aumentare i prezzi di vendita negli Usa, potrebbero dover essere costrette a rinunciare ad una parte dei margini di profitto

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Incidenza delle vendite nel mercato Usa

Secondo i ricercatori di Bankitalia, le imprese italiane potrebbero riuscire ad assorbire l’aumento dei prezzi attraverso una stretta dei propri margini di profitto. Le vendite negli Usa rappresentano una fetta del 5,5% sul fatturato totale a fronte di margini operativi lordi intorno al 10% dei ricavi. Di conseguenza, la chiusura del mercato statunitense avrebbe un peso relativo sui ricavi generati dall’esportazione.

Orsini (Confindustria): “Dalla Ue subito un maxi piano per le imprese"

Sull’accordo Usa-Ue si moltiplicano le voci critiche e c’è chi come il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, non nasconde la “preoccupazione” del mondo produttivo italiano di fronte a una “situazione di incertezza”. "L'industria vive una situazione d'emergenza e servono soluzioni e compensazioni. Non possiamo sprecare soldi pubblici. Serve un'analisi approfondita, settore per settore, e l'Europa deve mettere in campo un piano", dice a La Stampa il numero uno degli industriali. 

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L’impatto a livello territoriale

Secondo un'elaborazione dello Svimez, a livello territoriale le nuove tariffe si faranno sentire soprattutto al Nord, area fortemente orientata all’export che vale 5,8 miliardi di euro, il 68,32% del totale. Ma in tutte le regioni, ad eccezione di Sicilia e Sardegna, si prevedono riduzioni a doppia cifra.

I settori più colpiti

Come ricorda il centro studi di Unimpresa, i settori che caratterizzano il made in Italy dalla meccanica a chimico-farmaceutico, moda, agroalimentare e lusso rischiano di essere i più esporti alla nuova politica protezionistica. Secondo le prime stime, il dazio teorico atteso, salvo esenzioni, oscilla dai 900 milioni del comparto occhialeria, gioielli, arredamento ai 2,7 miliardi della meccanica.

 

Per approfondire: Dazi Usa, Borse ko. Trump: “Ho sentito che l’India non comprerà più petrolio russo

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