Fringe benefit, il 12 gennaio 2026 scade il principio di cassa allargato: come funziona
EconomiaIntroduzione
A fine anno entra in gioco una regola fiscale poco nota ma importante, capace di incidere in modo concreto sulle buste paga di lavoratori e sulle scelte delle imprese: è il principio di cassa allargato, un meccanismo che consente di attribuire al 2025 anche somme materialmente percepite entro il 12 gennaio 2026. Se bonus, rimborsi o benefit risultano assegnati e realmente fruibili entro questa scadenza, restano agganciati al regime fiscale del 2025; se invece slittano oltre, cambiano tetti e regole, con possibili effetti negativi sul netto in busta paga. Ecco cosa sapere.
Quello che devi sapere
I fringe benefit
Questa estensione temporale non riguarda solo stipendi e conguagli, ma coinvolge pienamente anche i fringe benefit: beni e servizi concessi dal datore di lavoro in aggiunta alla retribuzione monetaria. Parliamo di buoni spesa, carte carburante, abbonamenti ai trasporti, strumenti tecnologici, auto aziendali e altre utilità che, se gestite correttamente, garantiscono vantaggi fiscali sia all’azienda sia al dipendente.
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Perché le aziende sfruttano questa finestra
Infatti la legge non impone tassativamente la scadenza entro il 31 dicembre. Ed è proprio questo margine che offre alle imprese una leva organizzativa importante. Tra chiusure paghe, ferie residue e conguagli di fine anno, il rischio di ritardi è concreto. Il principio di cassa allargato permette di recuperare eventuali slittamenti tecnici senza perdere i benefici fiscali. Per i lavoratori, invece, significa poter accedere a forme di welfare che, entro determinati limiti, non subiscono tassazione.
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Cosa sono i fringe benefit
Ma cosa sono i fringe benefit? Non si tratta solo di premi occasionali, ma di una componente strutturata del welfare aziendale. Possono assumere forme diverse: voucher, gift card, rimborsi spese, servizi pagati dall’azienda o beni concessi in uso. La logica è sempre la stessa: riconoscere valore senza aumentare direttamente il salario in denaro. Dal 2025, inoltre, il perimetro si è ampliato includendo alcune spese legate all’abitazione principale, come utenze domestiche, affitto e interessi sul mutuo, entro precisi limiti e a condizione che il lavoratore sostenga effettivamente la spesa.
I dati
I fringe benefit si confermano sempre più centrali nelle politiche di welfare aziendale e nel gradimento di dipendenti e collaboratori, come evidenziato dall’Osservatorio Welfare 2025 di Edenred, secondo cui nel 2024 queste forme di beneficio rappresentano oltre la metà della spesa complessiva (52%), superando nettamente le aree tradizionali; alle loro spalle si colloca l’ambito ricreativo, che assorbe il 23% delle risorse, seguito dall’istruzione con il 13,5%, mentre l’assistenza sanitaria rimane marginale al 3,2% e in fondo alla graduatoria si attestano mobilità e assistenza familiare, rispettivamente all’1,5% e allo 0,9%.
I cambiamenti degli ultimi anni
Parallelamente, il quadro normativo che disciplina la soglia di esenzione dei fringe benefit ha conosciuto negli ultimi anni numerose oscillazioni: nel 2022, con il Decreto Aiuti-bis, il limite è stato innalzato da 258,23 a 600 euro, per poi salire fino a 3 mila euro nello stesso periodo d’imposta grazie al Decreto Aiuti quater, mentre nel 2023 si è tornati alla soglia ordinaria di 258,23 euro, fatta salva l’eccezione per i lavoratori con figli fiscalmente a carico, per i quali il Decreto Lavoro ha prorogato, limitatamente a quell’anno, il tetto maggiorato a 3 mila euro.
La differenza con i buoni pasto
Va ricordato, però, come i fringe benefit siano differenti dai ticket restaurant. I buoni pasto seguono una disciplina autonoma, con soglie di esenzione specifiche legate al valore giornaliero e alla modalità di erogazione. Nella maggior parte dei casi, non rientrano nel plafond dei fringe benefit e vanno trattati separatamente.
Le soglie di esenzione e il rischio scalino
Nel 2025 torna centrale il limite massimo entro cui i fringe benefit restano fiscalmente neutri. La soglia ordinaria è fissata a mille euro annui, che salgono a 2 mila euro per chi ha figli fiscalmente a carico. Il raddoppio, però, non è da considerarsi come automatico: il dipendente deve infatti comunicarlo formalmente all’azienda, indicando i codici fiscali dei figli. Senza questo passaggio, il datore di lavoro potrebbe applicare il tetto ordinario, con il rischio di perdere parte del beneficio. Va altresì ricordato come tali soglie funzionino a scatto: superare anche di poco il limite può far rientrare l’intero importo dei benefit nel reddito imponibile, non solo la parte eccedente.
La scadenza
Da sapere, infine, che per sfruttare il principio di cassa allargato, non basta autorizzare un benefit: conta la disponibilità effettiva. Un voucher rileva quando è spendibile, un rimborso quando viene accreditato, un bene quando è consegnato o messo a disposizione. Se il caricamento di una card, un bonifico o l’attivazione di una piattaforma avvengono dopo il 12 gennaio, il beneficio slitta automaticamente al 2026, con nuove regole e nuovi plafonds. Per questo i lavoratori devono sempre verificare tempistiche e modalità con l’azienda.
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