Dazi Usa, chi li paga davvero? Qual è l'obiettivo di Trump? Domande e risposte

Economia

Introduzione

I dazi imposti ai Paesi esteri dal presidente Usa Donald Trump saranno in vigore dal prossimo 7 agosto, una settimana dopo rispetto al calendario previsto. Ma quali sono gli Stati che ci rimetteranno di più? Che effetti avranno sul tessuto economico mondiale? Abbiamo risposto a queste e altre domande arrivate a Sky TG24 nell’ultimo approfondimento di Numeri, Domande e Risposte, dedicato proprio alla guerra dei dazi

Quello che devi sapere

Cosa sono i dazi e chi li paga?

I dazi sono tasse che vengono messe da uno Stato su tutti i beni che arrivano dall’estero. Per spiegare il caso dei dazi americani si può fare il classico esempio di una bottiglia di champagne: costa 100 dollari quando parte dalla Francia, arriva alla Dogana Usa e lì viene aggiunto il dazio del 15% applicato alle importazioni dalle Ue, per un totale finale di 115 dollari. A pagare quei 15 dollari in più non è la Francia, ma chi ha importato quella bottiglia. L’importatore potrà comunque chiedere al produttore di farli pagare un po’ meno, oppure può scaricarli al supermercato che a sua volta può scaricarli sul consumatore. Fatto sta che, secondo le stime della Federal Reserve, la grandissima maggioranza dei dazi (88%) li pagheranno soggetti americani, che siano imprese o consumatori, mentre i Paesi esportatori pagheranno meno (12%) ma avranno altri problemi: venderanno meno, perderanno quote di mercato, occupazione o posti di lavoro

 

Per approfondire: Dazi Trump, tariffe degli Stati Uniti in vigore dal 7 agosto. Ue resta al 15%

A che punto è la guerra commerciale portata avanti da Trump?

Trump ha ormai imposto dazi praticamente su tutto il mondo. In alcuni casi, come con l’Europa, è stato raggiunto un accordo commerciale, in altri ha semplicemente imposto unilateralmente le sue tariffe e in altri ancora le trattative sono ancora in corso. Ci sono poi Paesi con cui invece è in vigore solo un dazio base del 10%. La situazione è quindi ancora molto caotica: persino con potenze come l’Europa, con cui l’accordo in linea di principio ci sarebbe, non si sa nemmeno se alcuni settori chiave del settore export rientreranno nei dazi o meno (medicinali, auto, motori e così via). Quello che è certo è che le tariffe di Trump sono già a un livello altissimo rispetto a prima: siamo al 18,2%, come non succedeva da un secolo

 

Per approfondire: Dazi, crollo delle Borse europee: bruciati 269 miliardi, Milano perde il 2,55%

pubblicità

Quali sono i Paesi che ci rimettono di più?

I Paesi che ci rimettono di più sono quelli che esportano più merci verso gli Stati Uniti. Primi su tutti sono quelli del blocco Ue, poi Messico, Cina, Canada, Giappone e Corea del Sud. Ci sono però dei paradossi. Se è vero ad esempio che l’Unione europea è unica, è anche vero che a seconda di quello che vende agli americani attualmente cambiano i dazi medi. Per dire: l’Irlanda agli Usa vende praticamente solo farmaci, che al momento sono esenti dalle tariffe, anche se ancora non si sa cosa succederà dal 7 agosto. L’Italia vende un po’ di tutto ed è al 9%, la Slovacchia vende solo macchine e quindi è al 25% (dazio applicato per ora su questo specifico segmento economico). Per capire chi ci rimette di più bisogna aspettare quindi che ci sia certezza su quali settori saranno effettivamente colpiti. L’ipotesi fatta dal centro studi Bruegel parte dal presupposto che i dazi toccheranno qualsiasi settore. In questo caso, come potenziali posti di lavoro persi, i Paesi più colpiti sarebbero Irlanda e Italia

Qual è il danno per l’Italia?

Oltre ai posti di lavoro, il danno principale per l’Italia (terzo esportatore Ue verso gli Usa) sarebbe chiaramente quello di perdere volumi di vendita negli Usa: se i nostri prodotti costeranno di più, gli americani ne compreranno di meno. Secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti il nostro Paese lascerà indietro lo 0,5% del Pil. Per quanto riguarda i settori industriali, mettendo insieme sia le tariffe doganali di Trump che la svalutazione del dollaro, per molti comparti si parla di danni enormi:

  • 4,3 miliardi per i macchinari; 
  • 3,4 miliardi per i farmaci;
  • 2,9 miliardi per alimentari e bevande; 
  • 2,8 miliardi per auto e mezzi di trasporto; 
  • 1,8 miliardi per la manifattura;
  • 1,2 miliardi per i metalli; 
  • 1 miliardo per tessile e abbigliamento;
  • 1 miliardo per la chimica

pubblicità

I dazi riguardano tutte le merci?

Come già spiegato, i dazi non dovrebbero riguardare tutte le merci. O meglio: Trump potrà decidere di colpire solo le merci che vuole, oppure tutte insieme. A oggi, con le tariffe di cui si parla non ancora in vigore, sulle merci italiane i dazi di Trump stanno colpendo circa il 55% del totale, mentre il 45% ne è esente. Modulando le varie esenzioni, possono esserci effetti diversi su vari Paesi. Prendiamo ad esempio il Canada: a maggio la maggioranza delle merci canadesi (58%) non era colpita dai dazi, perché coperta da accordi commerciali tra Ottawa e Washington. Ma tutto può ancora cambiare. Un altro esempio, questa volta estremo, è l’Iraq (con dazi al 30% nell’ultimo decreto esecutivo di Trump), che però vende al 99,9% solo petrolio e derivati, escluso dai dazi. Quindi in questo caso le tariffe sono puramente teoriche

Perché Trump sta imponendo i dazi?

Trump sta imponendo i dazi perché, a sua detta, gli Stati Uniti comprano dal resto del mondo molto di più di quello che vendono (nel 2024 beni dal valore di 3200 miliardi contro 2100 miliardi). Il tycoon guarda però solamente alle merci fisiche e non conta quindi i servizi, come quelli digitali (si pensi a un abbonamento a Netflix). C’è inoltre da dire che gli Stati Uniti comprano molti prodotti dall’estero perché è più conveniente che farli in casa. Basta guardare al costo della forza lavoro. Un operaio americano guadagna sei volte un collega cinese, 21 volte un vietnamita e 42 volte un cambogiano. Pensare quindi di risolvere il disavanzo commerciale riportando la stragrande maggioranza della produzione negli Usa potrebbe avere conseguenze anche disastrose. Si è spesso parlato ad esempio di quanto potrebbe costare in futuro un iPhone, ora come ora al 90% prodotto in Cina: un dispositivo da 1199 dollari se fosse fatto tutto negli States verrebbe a costare 3500 dollari. C’è però anche un discorso politico. Trump sta cercando di usare i dazi doganali come arma per ottenere concessioni che vanno ben al di là dell’economia da altri Paesi

pubblicità

Trump usa i dazi come strumento di pressione politica?

Il presidente Usa ha sempre considerato i dazi come un modo per dimostrare al mondo l'assertività e l'aggressività del proprio stile politico. Quindi sì, le tariffe sono anche uno strumento di leva politica. Lo si capisce guardando ai dazi più pesanti che ha imposto, come quelli al 50% al Brasile, colpevole di aver intentato un processo contro l'amico trumpiano Bolsonaro. Lo stesso si può dire del 25% all'India, che ancora acquista molta energia dalla Russia, o del Canada, che ha riconosciuto lo stato palestinese (cosa che il tycoon non vuole fare). Thailandia e Cambogia, al contrario, sono stati premiati da Trump perché hanno accettato di siglare un cessate il fuoco dopo pochi giorni di guerra

È vero che l’Ue sta truffando gli Stati Uniti?

Politico è anche il fatto che Trump da mesi sostiene che l’Unione europea stia “truffando” gli Stati Uniti. Parla di uno squilibrio commerciale di 300 miliardi di dollari che di fatto non esiste, perché se si contano non solo le merci ma anche i servizi lo scarto è di 90 miliardi di dollari, comunque senza contare, come ha ricordato Enrico Letta, i 300 miliardi di euro che escono dalle tasche delle famiglie europee e finiscono in investimenti all’estero, tra cui a Wall Street. Guardando poi a un altro dato, quello del potere d’acquisto dei cittadini, dal 2000 al 2023 gli Usa sono cresciuti molto di più che i Paesi europei

pubblicità

Perché l’Europa non ha risposto ai dazi?

Rispondere alle tariffe, considerando che le paga soprattutto chi le impone, può rivelarsi un boomerang. L’Europa inoltre non è un’unica entità, essendo composta da molti Paesi con idee e situazioni diverse: è difficile fare una sintesi di tutte le varie istanze. Attualmente i dazi europei sui prodotti americani sono comunque rimasti molto bassi, all’1%. Le armi per rispondere ci sarebbero: non solo contro-dazi, ma anche sanzioni ai servizi digitali. Si potrebbe anche decidere di aumentare l’interscambio commerciale, per placare Trump

Che impegni ha preso l’Europa nell’accordo con Trump?

L’accordo è ancora molto fumoso. Si sa che Bruxelles si è impegnata ad acquistare molto più gas e petrolio rispetto ad ora dagli Usa, anche se le quantità sono così grandi (250 miliardi dal 2026 contro i 77 attuali) che non si capisce bene da dove verrebbe tutta questa energia. C’è poi la promessa di investire molto di più negli Stati Uniti (anche se già oggi le imprese europee investono circa 2.500 miliardi) e a comprare ancora più armi di adesso (da 35 miliardi si andrebbe verso le “centinaia” di miliardi che vuole Trump)

pubblicità

Cosa ne pensano gli americani dei dazi di Trump?

Ai cittadini americani non piacciono i dazi, almeno secondo diversi sondaggi realizzati tra i mesi di maggio e giugno (anche quelli che guardano soltanto all’elettorato di Trump). La preoccupazione più grande riguarda l’impatto che le tariffe potrebbero avere in futuro sui prezzi al consumo. L’effetto dei dazi sul costo della vita dovrebbe farsi man mano sempre più evidente, per cui si ipotizza che il livello di gradimento dei dazi scenderà ancora. In tutto ciò la Casa Bianca sta già provando a correre ai ripari. Si è fatto notare come l’inflazione sia ancora bassa, in modo da dimostrare l’errore degli analisti. In realtà ci vuole del tempo per vedere quali saranno i veri risultati dei dazi sui prezzi: c’è chi parla di sei mesi, chi di un anno e mezzo. Gli effetti sono poi già adesso ritardati, perché molti importatori hanno fatto scorta di beni e materie prime, visto che è da mesi che Trump ne sta parlando

I giudici americani possono cancellare i dazi di Trump?

Teoricamente sì. A maggio la Corte per il commercio internazionale di New York aveva dichiarato illegittimi i dazi, sostenendo che Trump non ha alcun potere a riguardo: sono stati imposti sulla base di una legge (di decenni fa) che conferisce al presidente poteri economici straordinari in caso di emergenza nazionale. Emergenza che però, dicono i giudici, al momento non esiste. Contro questa pronuncia la Casa Bianca ha fatto ricorso alla Corte d’Appello federale. È probabile, se non certo, che anche questa vicenda finirà davanti ai giudici della Corte Suprema

pubblicità

È vero che gli Stati Uniti incasseranno miliardi di dollari dai dazi?

Come sostiene Trump, è vero che gli Usa incasseranno miliardi di dollari dagli Stati Uniti. Anzi, lo stanno già facendo: quando arriva un container con merci esteri alla Dogana, il dazio passa direttamente al Ministero del Tesoro. Negli ultimi tre mesi le entrate legate alle tariffe sono schizzate verso l'alto, toccando quota 30 miliardi. E mancano ancora non solo i dati di luglio, ma anche quelli di agosto, quando partirà tutto il pacchetto di dazi studiato ad hoc per ogni Paese nel mondo. Il problema, si ricorda ancora una volta, è chi pagherà quei miliardi

Trump potrà risanare i conti pubblici con i dazi?

Più volte il presidente ha detto che riuscirà a risanare i conti pubblici con i dazi doganali, a fronte di un taglio di tasse molto ampio che altrimenti aumenterebbe per forza il debito pubblico. Ma è così? Più o meno sì. Il Congressional Budget Office stima che il taglio delle imposte farà salire il debito di 3.400 miliardi di dollari, in buona parte (2.800 miliardi) compensati dalle entrate con le tariffe

 

Per approfondire: Dazi, nuovi codici Ateco per l'export italiano: gli adattamenti 

pubblicità