Questa revisione coordinata dall’Istat, che sostituisce la versione precedente del 2007, già aggiornata nel 2022, ha comportato modifiche nella struttura e nei contenuti dei codici, con l'obiettivo di allinearsi meglio alla realtà economica attuale e alle normative europee
Si è aperto un nuovo capitolo della guerra commerciale tra l'Europa e gli Stati Uniti con la conferma dei dazi al 15% sulle esportazioni europee. La minaccia del presidente americano era di portarli al 30%, quindi un piccolo risultato si è raggiunto, ma resta – di fatto - un colpo diretto all'industria italiana, soprattutto quella vocata all’export, che dovrà affrontare una nuova tempesta di incertezze.
I nuovi codici
La tariffa al momento colpisce anche le icone del made in Italy, come vino, olio e prosciutto. E per ora non sono previste esenzioni, anche se la Commissione europea si è detta “determinata” nel voler strappare “il numero massimo possibile di deroghe”. Nel dubbio le aziende italiane si devono adattare alle nuove modifiche al sistema dei Codici Ateco, strumento cruciale anche per definire i regimi fiscali e doganali applicabili
Le difficoltà per le piccole imprese
I problemi più grossi li avranno per le piccole e medie imprese a cui mancano le risorse e le competenze per districarsi nella nuova classificazione delle attività commerciali, che è entrata in vigore dal 1° aprile 2025. La revisione ha comportato modifiche nella struttura e nei contenuti dei codici, con l'obiettivo di allinearsi meglio alla realtà economica attuale e alle normative europee. Sbagliare l’aggiornamento del codice potrebbe comportare l'applicazione di regimi fiscali o contributivi non adeguati. È, pertanto, dirimente per le aziende aggiornare tempestivamente i loro codici Ateco e verificare la classificazione doganale dei loro prodotti per evitare problematiche fiscali e doganali.