Miniere in Italia, dove sono i giacimenti di materie critiche e quando potrebbero riaprire
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Il governo ha varato il decreto legge ‘Materie prime critiche’, che mira a “rilanciare il settore minerario italiano attraverso procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici”. Ecco qual è la situazione delle miniere in Italia e quali sono gli obiettivi europei da raggiungere sui materiali critici
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©IPA/Fotogramma
- Il governo ha deciso di varare il decreto legge ‘Materie prime critiche’: la misura, secondo quanto detto dal ministero delle Imprese e del made in Italy, “ha lo scopo di rilanciare il settore minerario italiano attraverso procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici”. Il decreto è stato presentato dal Mimit insieme al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica. (In foto, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni)
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- Tra i punti principali su cui interviene il decreto, ci sono i tempi massimi di autorizzazione per le miniere. Per quelle nuove, l’asticella è fissata a quota 18 mesi, che scende a 10 per i siti di riciclaggio e per il rinnovo di concessioni precedentemente esistenti
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- Il decreto introduce anche un sistema di royalties che saranno pagate allo Stato, e destinate al fondo sovrano italiano e alle Regioni, a una forbice compresa tra il 5 e il 7%, per incentivare l’apertura di questo tipo di siti
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- In effetti le miniere attive in Italia sono fortemente diminuite negli ultimi decenni: dopo essere arrivate a un massimo di 1400 nel 1950, il processo di decrescita è stato continuo e al 2020 ne risultavano attive solamente 76
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- Oggi, tra le 30 materie critiche esistenti, in Italia ne vengono estratte e processate solamente tre. Una situazione che varia sensibilmente da Paese a Paese in Europa: se la Svezia è ferma a due, Francia e Germania ne registrano rispettivamente sette e otto mentre la Spagna addirittura 10
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- L’Italia, comunque, non è priva di molti di questi materiali: come è possibile vedere dalla cartina qui sopra infatti sono molti e diversi i giacimenti presenti sul territorio nazionale
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- Attualmente, come detto, nel nostro Paese vengono estratte tre materie critiche: feldspati, fluorite e antimoni. Se nel primo caso raggiungiamo il 7% della produzione globale, negli altri due siamo fermi all'1%
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- Il decreto del governo si inserisce in un contesto di dipendenza dall’estero - soprattutto dalla Cina - per determinati materiali: da Pechino arriva infatti il 45% del germanium, il 71% del gallium, il 97% del magnesio e il 98% delle terre rare
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- Il governo si aspetta che le miniere possano riaprire dal 2026 in poi, coerentemente con i tempi indicati dal decreto. Inoltre la normativa prevede che il ministero delle Imprese e del made in Italy debba redigere il Registro nazionale delle aziende e delle catene del valore strategiche, per individuare le grandi imprese che operano sul territorio nazionale e che utilizzano materie prime strategiche per batterie, aeromobili, dispositivi elettronici mobili, robotica, produzione di energia rinnovabile e semiconduttori
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- L’Unione europea ha fissato degli obiettivi da raggiungere sul tema delle materie critiche: si punta ad arrivare al 10% di copertura del fabbisogno interno da materiali estratti in Ue, il 15% per quanto riguarda il riciclo e il 40% della raffinazione