Tasse e inflazione, crollano i risparmi delle famiglie. Alle aziende 55 miliardi di aiuti
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Secondo dati Istat la capacità di risparmiare è peggiore anche di quella del 2012, quando c’era la crisi del debito. Le imposte correnti sono aumentate di 24,6 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2022), con un +10,2% per l'Irpef e un +23% per le ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito. Le agevolazioni per le imprese sono in calo rispetto al 2022 ma in netto aumento rispetto al periodo pre-pandemia, quando non superavano i 20 miliardi
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- Gli italiani chiudono il 2023 con il livello più basso di sempre della propria capacità di risparmiare, peggio anche del 2012 segnato dalla crisi del debito. E con un potere d'acquisto in calo per il secondo anno consecutivo, frutto di un'inflazione che è corsa molto più dei redditi e di un fisco che ha continuato a colpire duro le famiglie
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- La fotografia dell'Istat dei conti nazionali dello scorso anno tratteggia un'Italia a due velocità nell'uscita dalla doppia crisi pandemia-guerra in Ucraina
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- Le famiglie sono alle prese con la stretta alle misure di sostegno contro il caro-energia e i tagli al Reddito di cittadinanza. Le imprese, pur con utili in miglioramento, secondo le tabelle dell'Istat hanno continuato a registrare aiuti consistenti sia dalla pubblica amministrazione che dall'Europa
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- Per le aziende ammontano a 55,2 miliardi i contributi pubblici nel 2023 (23,8 miliardi per la produzione, che includono i crediti d'imposta per le spese energetiche, 31,4 miliardi per gli investimenti), in calo dai quasi 58 miliardi del 2022 ma su livelli molto maggiori rispetto agli anni pre-pandemia, quando si viaggiava sotto i 20 miliardi l'anno
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- Sullo sfondo di quelli che il Codacons definisce "numeri preoccupanti" c'è un'inflazione cumulata: nel giro di un biennio, fra il +5,7% di aumento dei prezzi nel 2023 e l'8,1% del 2022, ha tolto alle famiglie molto più di quanto gli aumenti salariali siano riusciti a restituire. Alcuni economisti stimano un aumento cumulato dei prezzi del 18%
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- Il risultato, nei conti dell'Istituto statistico, è che nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 4,7%, ma al netto dell'inflazione il potere d'acquisto si è ridotto dello 0,5%
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- La spesa per consumi finali è cresciuta del 6,5% (in valore, gonfiata quindi dai prezzi) ma per tenere dietro alle spese le famiglie hanno dovuto mettere da parte di meno: la propensione al risparmio delle famiglie cala al 6,3% dal 7,8% del 2022, toccando il minimo dal 1995, inizio del periodo di riferimento dei conti, e facendo peggio persino del 6,7% del 2012, l'anno dei provvedimenti duri, anche sul fronte fiscale, per far scendere lo spread
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- Segnali positivi si vedono nell'ultimo trimestre 2023, quando la propensione al risparmio è risalita al 7%. Certo c'è l'effetto post-pandemico, con tanti che sono tornati a spendere, magari per viaggi o spese a lungo rinviate, dopo aver accumulato forzosamente durante gli anni delle restrizioni anti-Covid. Ma c'è anche la scure del fisco dietro un 2023 che i consumatori dell'Adoc (Associazione per la difesa e l'orientamento dei consumatori) ricordano come "annus horribilis per consumatori e risparmiatori"
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- Le imposte correnti pagate dalle famiglie italiane sono aumentate di 24,6 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2022), con un +10,2% per l'Irpef e un +23% per le ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito. "Il saldo degli interventi redistributivi nel 2023 - spiega l'Istat - ha sottratto alle famiglie 118,8 miliardi di euro", 16,5 in più rispetto al 2022
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- Per le imprese, le imposte sulla produzione segnano un aumento di 2,2 miliardi di euro (+7,5%). Secondo Confesercenti "pesa l'onda lunga dell'inflazione, il cui rientro sta impiegando più tempo di quanto auspicato, ma si inizia a sentire anche l'effetto del fiscal drag" ossia di un aumento delle tasse dovuto ai redditi nominali gonfiati dall'inflazione
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- Negli ultimi tre mesi dell'anno il gettito dell'Irpef è infatti aumentato il doppio rispetto all'aumento dei redditi da lavoro dipendente (+4,5%) e dei redditi da lavoro autonomo (+5,4%). "Il fiscal drag inizia dunque a mordere, e a spingere in direzione opposta al taglio delle aliquote appena entrato in vigore"
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- Un aiuto arriva dal taglio del cuneo fiscale, che sta riducendo i contributi pagati dai lavoratori dipendenti (-2,2%) ma non degli gli autonomi, i cui contributi sono anzi aumentati del 7,3%, due punti in più rispetto all'aumento dei relativi redditi. Ma servirebbe - dice Confesercenti - un'ulteriore rimodulazione delle aliquote Irpef, e la conferma del taglio del cuneo estendendo gli sgravi anche alle fasce più deboli del lavoro autonomo