Fisco, taglio del cuneo o nuova Irpef? Chi si avvantaggia dalle riforme del governo
La conferma della decontribuzione sui salari e l’accorpamento degli scaglioni dell’imposta sulle persone fisiche possono portare notevoli vantaggi sui redditi da lavoro di operai e impiegati, mentre è pressoché nullo su quelli di dirigenti, autonomi e pensionati. La combinazione delle due riforme agevola inoltre i lavoratori under 35 e le donne
- La conferma del taglio del cuneo fiscale per il 2024 impegna circa la metà delle risorse utilizzate dalla manovra: da sola vale circa 10,7 miliardi. La misura, introdotta nel gennaio 2022 come intervento temporaneo per mitigare gli effetti della crisi inflazionistica sui salari, è stata prorogata e rafforzata più volte. La forma attuale, come sappiamo, prevede una decontribuzione del 7% per i redditi fino a 25mila euro e del 6% per i redditi tra i 25 e i 35mila euro
- La misura dal prossimo anno si accompagna al primo step della riforma delle aliquote Irpef, per cui è previsto uno stanziamento di circa 4,3 miliardi, che prevede l’accorpamento dei primi due scaglioni, quello fino a 15mila e quello tra 15 e 28mila, ai quali verrà applicata l’aliquota più bassa, il 23%
- Come analizza il Corriere, la riduzione dei contributi aumenta in proporzione alla retribuzione lorda e può arrivare fino a 1.600 euro, in corrispondenza del limite superiore della prima fascia, ossia 20mila euro, e a poco più di 1.900 euro in corrispondenza di quello della seconda fascia, ovvero 35mila euro. Se si supera tale fascia anche solo di un euro, il beneficio cessa e si rischia di perdere fino a 1100 euro
- Il governo Meloni non è il solo ad aver messo mano all’Irpef, riducendo le attuali quattro aliquote a tre. La misura, finanziata per un solo anno, ha infatti un precedente molto recente: il governo Draghi nel 2021 aveva proceduto al medesimo taglio, eliminando una delle cinque aliquote esistenti
- L’aliquota al 23% per i redditi da 15 mila a 28 mila non è la sola: sono infatti presenti anche altre due aliquote
- La prima è l’aliquota del 35% da 28 mila a 50 mila euro di reddito
- La seconda è invece quella per i redditi oltre i 50 mila euro di reddito ed è al 43%
- Come scrive l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’intervento sull’Irpef risulta neutrale per la redistribuzione, ma progressivo includendo la decontribuzione. In questo caso l’incidenza del beneficio sul reddito è maggiore per i soggetti con redditi più bassi a cui corrispondono benefici omogenei in valore assoluto. L’intervento sull’Irpef è simile: l’incremento percentuale è omogeneo, quello assoluto premia gli impiegati. Per l’Upb, l’effetto complessivo più alto si ha sugli operai, che vedono un +3,4% sull’imponibile
- In un’eventuale classifica di chi sarà più avvantaggiato dalle due misure seguono gli impiegati, il cui vantaggio secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio è dell’1,9%, visto che non tutti beneficiano della decontribuzione, che svantaggia i lavoratori over-50
- Oltre a operai e impiegati, le altre categorie non sono interessate dal taglio del cuneo fiscale, tranne che in alcuni casi marginali (come coloro che hanno più tipologie di reddito). I dirigenti beneficiano soltanto della riduzione dell’Irpef
- Per quanto riguarda i lavoratori autonomi la riforma dell’Irpef incide in modo inferiore rispetto ai dipendenti
- Stesso discorso per quanto riguarda i pensionati: anche per loro la riforma Irpef incide in misura inferiore a operai e impiegati
- Come evidenzia l’Ufficio parlamentare di bilancio, le due misure, cioè il taglio del cuneo fiscale e la riforma Irpef premiano molto gli under 35, che si vedono riconosciute percentuali importanti. Discorso molto simile, seppure con differenze meno accentuate, anche per le lavoratrici, leggermente avvantaggiate rispetto ai loro colleghi maschi