
Pensioni, ecco la rivalutazione dal 1° gennaio 2023: cosa cambia per le minime
A partire dal prossimo anno i trattamenti previdenziali subiranno un lieve aumento per contrastare l’effetto del carovita: il ministero dell’Economia ha infatti firmato il decreto che fissa la percentuale di adeguamento al 7,3%. Un valore che però rischia di essere approssimativo, con la possibilità per i beneficiari di dover aspettare l’inizio del 2024 per vedersi riconosciuta la differenza rispetto al valore reale

Arriva la super-rivalutazione. Il ministro dell’Economia ha firmato il decreto che fissa la percentuale di adeguamento delle pensioni in base all’inflazione 2022. L’incremento, che scatterà dal prossimo primo gennaio, è del 7,3 per cento: una misura del genere non si vedeva dagli anni Ottanta
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PIÙ BASSO DEL NECESSARIO – Tuttavia, se i pensionati si troveranno in una situazione migliore rispetto ai lavoratori dipendenti, che dovranno aspettare i rinnovi contrattuali, lo scatto di gennaio compenserà solo in parte l’effetto del carovita, che potrebbe essere maggiore del previsto
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LE RAGIONI - Innanzitutto, perché la percentuale del 7,3, calcolata in via provvisoria in base ai dati forniti dall’Istat, sarà quasi sicuramente più bassa di quella effettiva finale, che suppone un significativo calo dell’indice dei prezzi sia a novembre che a dicembre. Se dovesse superare l’8%, la differenza sarebbe recuperabile soltanto nel 2024, Poi c’è naturalmente l’effetto fiscale: la progressività dell’Irpef riduce l’aumento netto, salvo che per i trattamenti più bassi
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EFFETTO SUI TRATTAMENTI LORDI – Va ricordato poi come l’incremento scatterà sugli importi lordi, comprensivi del conguaglio della rivalutazione 2022 scattato a novembre (+0,2%)
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AUMENTO SOTTO I 40 EURO – Per chi ha una pensione minima da 525 euro o da 750, gli aumenti si mantengono al di sotto dei 40 euro. Per chi percepisce un assegno minimo, sul quale non si paga Irpef, l’adeguamento lordo del 7,3 per cento corrisponde a quello netto e si passa così a 564 euro, un aumento di 38 euro sempre su base mensile. A 750 euro, poco oltre la soglia oltre la quale l’imposta sul reddito si azzera, l’aumento di 55 euro diventa di 39, a causa della tassazione
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E PER CHI HA 1.000 EURO DI PENSIONE? - Discorso diverso per chi ha 1.000 euro o più di pensione: in questo caso la variazione netta mensile è di 52 euro, per una di 1.500 arriva a 75, per poi salire a circa 100 a quota 2.000. Poco al di sopra di questo valore la rivalutazione “frena” leggermente: la ragione, come prevede la legge, vede un adeguamento del 7,3% soltanto per lo scaglione di pensione che arriva a 4 volte il minimo, mentre da 4 a 5 volte viene applicata nella misura del 90 per cento e al di sopra delle 5 volte il minimo nella misura del 75
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COSA SIGNIFICA? – Questo vuol dire che, per chi prende sopra i 2.000 euro al mese, le rivalutazioni saranno percentualmente più ridotte ma comunque consistenti. Infatti, un trattamento da 2.500 euro lordi si dovrebbe irrobustire ogni mese con altri 180 euro lordi, che diventano 111 netti, mentre una pensione da 4 mila euro dovrebbe essere rivalutata di oltre 260 euro lordi, che al netto sarebbero 150 euro netti mensili

IL RECUPERO – Le cifre mostrano come si tratti di un recupero piuttosto deciso rispetto a quello dello scorso decennio, quando i vari governi per risparmiare risorse finanziarie avevano previsto meccanismi molto penalizzanti per gli assegni medi e alti. A conti fatti il recupero netto effettivo per le pensioni sottoposte a Irpef è del 5-6 per cento, variabile a seconda dell’effetto del prelievo fiscale sugli scaglioni di reddito. Probabilmente non compensa del tutto l’impatto dell’ondata inflattiva. A gennaio 2024 probabile perciò un conguaglio significativo
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