Nel pomeriggio del 18 gennaio 2017, una valanga di neve travolse il resort ai piedi del Gran Sasso provocando 29 morti e 11 superstiti. Dopo 24 mesi, sono due i filoni d’indagine su cui lavora la Procura e che vedono coinvolte più di 20 persone
Una tragedia che si è consumata in una manciata di secondi, ma che ha avuto risvolti tragici nelle ore successive. Il disastro dell’hotel Rigopiano, distrutto da una valanga il 18 gennaio 2017, ha causato 29 morti. Sono state invece 11 le persone salvate. Per la vicenda, a distanza di due anni sono ancora in corso inchieste e indagini.
La slavina sull’hotel e le chiamate di soccorso
Il 18 gennaio 2017 in Abruzzo è in atto una violenta bufera di neve e si verificano quattro scosse di terremoto. Tra le 16.30 e le 16.50 un'enorme slavina di oltre 120 tonnellate si abbatte sull’hotel. In quel momento, la struttura alberghiera ospita 40 persone: 28 clienti, tra cui quattro bambini, e 12 membri dello staff. Già dal giorno prima, isolati dalle nevicate violente che si erano abbattute sull'albergo, molti degli ospiti avevano chiesto di lasciare la struttura. Anche prima che la valanga si abbattesse sul residence, il proprietario aveva inviato diverse richieste di aiuto. Alle 17.08 Giampiero Parete, illeso perché si trovava nel parcheggio, lancia l'allarme al 118: dice che c’è stata una valanga e che l'albergo è crollato. Alle 17.10 la prefettura chiama l'hotel, ma nessuno risponde, mentre mezz'ora più tardi una funzionaria della prefettura contatta il direttore dell'albergo, Bruno Di Tommaso, che però è a Pescara e dice di non sapere nulla. Alle 18.03 lo stesso Parete chiama il suo titolare Quintino Marcella, che fa diverse telefonate al 112 e al 113. Alle 18.08 e alle 18.20 Marcella parla per due volte con la prefettura di Pescara, ma in entrambi i casi la funzionaria liquida la richiesta d'aiuto come un falso allarme. Solo alle 18.57 un volontario della Protezione civile crede al racconto di Marcella e la macchina dei soccorsi si attiva.
I soccorsi: morti e superstiti
Le squadre del Soccorso alpino si mettono in cammino con le ciaspole e gli sci la sera del disastro, ma raggiungono il luogo della tragedia soltanto all'alba del 19 gennaio. Poco dopo, arriva la colonna dei soccorritori, dietro le turbine che hanno lavorato tutta la notte per sgomberare la strada. Giunti a Rigopiano, vengono subito tratte in salvo due persone, scampate alla valanga perché si trovavano all'esterno dell'hotel. Poi dalle macerie vengono estratte le prime vittime. Il 20 gennaio, i vigili del fuoco riescono a salvare nove persone: la moglie e il figlio di Parete, Adriana Vranceanu e il piccolo Gianfilippo, oltre che tre bambini, fra cui l'altra figlia di Parete, Ludovica, e poi Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo. Successivamente vengono estratti altri quattro superstiti: Vincenzo Forti, Francesca Bronzi, Giorgia Galassi e Giampaolo Matrone, quest'ultimo rimasto intrappolato sotto la neve per 62 ore. Purtroppo, però, insieme a loro vengono trovati anche i cadaveri. Le operazioni di recupero terminano il 25 gennaio, esattamente una settimana dopo la slavina. Il bilancio ufficiale è di 29 morti e 11 sopravvissuti. Lo stesso giorno, Paolo Gentiloni, allora presidente del Consiglio, riferisce in Senato sull'emergenza terremoto, dichiarandosi "orgoglioso dell'opera degli 11mila soccorritori impegnati nel Centro Italia".
Le inchieste sulla tragedia
Il 23 gennaio, mentre le operazioni di soccorso proseguono all’Hotel Rigopiano, la Procura di Pescara comunica l'apertura di un'inchiesta sulla vicenda. In un primo momento, come da prassi, si tratta di un fascicolo unico contro ignoti per disastro colposo e omicidio plurimo. Il procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e il pm Andrea Papalia, che sono i titolari dell’indagine sulla tragedia, fanno rientrare nell'incartamento tutti gli aspetti relativi alla vicenda compresa la costruzione dell’albergo e le vie di accesso. Già in quel frangente Tedeschini precisa anche quelli che saranno altri temi dell'indagine: le comunicazioni telefoniche, via Whatsapp e scritte, i ritardi dei soccorsi e il Piano Valanghe. Il 25 gennaio, giorno in cui vengono concluse le operazioni di soccorso e con la disponibilità dei risultati delle autopsie effettuate sui primi sei corpi ritrovati, la Procura fa il primo punto sulle indagini. "Molti sono morti per schiacciamento - rivela Tedeschini - altri per varie concause: schiacciamento, asfissia, ipotermia. Ma nessuno è deceduto per solo assideramento". Due giorni dopo, il 27 gennaio, sono sei le persone che vengono iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Pescara per omicidio colposo e lesioni colpose. Tra gli indagati risultano il presidente della Provincia di Pescara, il sindaco di Farindola e il direttore dell'albergo, quest'ultimo indagato anche per atti omissivi in ambito di sicurezza sul lavoro. L'inchiesta della Procura si allarga ulteriormente il 23 novembre 2017 quando le persone iscritte nel registro degli indagati diventano 23 in un primo momento per poi salire a quota 40. Il 26 novembre 2018, a 22 mesi dalla tragedia, la Procura di Pescara dichiara concluse le indagini: le persone coinvolte sono in totale 25. Sette i reati ipotizzati: disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d'atti d'ufficio, abuso in atti d'ufficio. A questi si aggiungono altri vari reati ambientali. Restano indagati l'ex prefetto di Pescara, il presidente della Provincia di Pescara, il sindaco di Farindola, alcuni tra i direttori e i dirigenti del dipartimento di Protezione civile, ma anche tecnici comunali, dirigenti, imprenditori e direttori a vario titolo di aziende e società coinvolte.
Il nuovo fascicolo di indagine
Chiuse le indagini del primo filone il 26 novembre 2018, un nuovo fascicolo viene aperto poco più di un mese dopo, esattamente il 28 dicembre. In questo caso, la Procura di Pescara notifica sette avvisi di garanzia per il reato di frode in processo penale e depistaggio a carico del personale della Prefettura della città abruzzese, compreso l'ex prefetto. Le accuse sono quelle di aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017 con l’obiettivo di nascondere la chiamata di soccorso fatta alle 11.38, cinque ore prima della valanga, dal cameriere Gabriele D'Angelo al centro coordinamento soccorsi. Una telefonata - di cui non c’è traccia nei documenti prefettizi acquisiti dall'indagine principale - durata circa quattro minuti e in cui si segnalava che al Rigopiano serviva urgentemente una turbina sgombraneve per evacuare la struttura. Ma nessuno, in prefettura, si fece carico della richiesta. La nuova indagine, guidata dal Procuratore Capo Massimiliano Serpi con i carabinieri Forestali di Pescara, è partita nel 2017, con l’acquisizione agli atti della prima indagine di un’inedita conversazione avvenuta tra un carabiniere della sala operativa di Pescara una funzionaria della prefettura. Nella telefonata, avvenuta alle ore 18.09 del 18 gennaio 2017, quindi almeno un'ora e venti dopo la valanga, la funzionaria riferisce che l'intervento su Rigopiano era stato fatto in mattinata. "Ma no l'intervento sull'Hotel Rigopiano l'hanno fatto questa mattina. È tutto a posto", avrebbe detto proprio la funzionaria, indagata insieme all'ex prefetto, i due viceprefetti distaccati e tre dirigenti.