Paolo Borsellino, 32 anni fa la strage di via D'Amelio causata dalla mafia
Il magistrato siciliano, membro del pool antimafia, venne assassinato a Palermo il 19 luglio 1992, insieme a 4 uomini e una donna della scorta. Sono passati 32 anni tra processi, depistaggi, inchieste che non hanno fatto piena luce su tutti i livelli di coinvolgimento nella strage. Insieme all’amico e collega Giovanni Falcone, anch’egli ucciso da Cosa Nostra pochi mesi prima, il giudice è considerato una delle figure di spicco della guerra alla criminalità organizzata in Sicilia
- Sono passati 32 anni dalla strage di Via D’Amelio: era il 19 luglio 1992 quando un attentato mafioso costò la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina
- Paolo Borsellino è stato uno dei magistrati più importanti del pool antimafia, un simbolo della lotta a Cosa Nostra, che ha combattuto per anni prima di essere ucciso
- Insieme all’amico e collega Giovanni Falcone, anch’egli ucciso dalla mafia pochi mesi prima, è considerato una delle figure di spicco della guerra alla criminalità organizzata in Sicilia
- A 32 anni dall’omicidio processi, depistaggi, inchieste non hanno fatto piena luce su tutti i livelli di coinvolgimento nella strage
- Nato a Palermo nel 1940, dopo la laurea in Giurisprudenza, entrò in magistratura nel 1963 (all’epoca fu il più giovane magistrato d’Italia). Dopo vari incarichi, nel 1975 venne trasferito all’Ufficio istruzione del tribunale di Palermo. Strinse un rapporto molto stretto con il suo superiore Rocco Chinnici che, prima di essere ucciso nel 1983, istituì il cosiddetto “pool antimafia”: un gruppo di giudici istruttori che, lavorando in gruppo, si sarebbero occupati solo dei reati di stampo mafioso
- Borsellino fu confermato nel pool anche dal successore di Chinnici, Antonino Caponnetto. A metà anni '80 Falcone e Borsellino istituirono il maxi-processo di Palermo basato sulle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta. Per ragioni di sicurezza trascorsero anche un periodo all’Asinara. Lo storico procedimento nell’aula bunker dell’Ucciardone portò nel 1987 a 342 condanne
- Borsellino intanto chiese e ottenne di essere nominato procuratore a Marsala e il pool fu sciolto. Già nel 1991, si scoprì in seguito, la mafia aveva iniziato a progettare l’omicidio di Borsellino che intanto tornò a Palermo come procuratore aggiunto. Il 23 maggio 1992 a Capaci, Falcone venne ucciso insieme alla moglie e a tre agenti della scorta. Borsellino denunciò l'isolamento dei giudici nelle ultime interviste, dichiarandosi “un condannato a morte”
- Il 19 luglio 1992 il giudice andò a trovare la madre in via D’Amelio e al suo arrivo un’auto parcheggiata imbottita di tritolo esplose uccidendolo
- A morire insieme al magistrato anche i cinque agenti della sua scorta
- Migliaia di persone parteciparono ai funerali ma i familiari rifiutarono quelli di Stato in aperta polemica con il mondo politico, colpevole secondo i parenti di non averlo difeso
- La famiglia ha portato avanti una battaglia costante per arrivare alla verità sulla strage, grazie all’impegno dei figli del magistrato
- Per la strage di via D’Amelio l’iter giudiziario è stato lunghissimo. Confessioni, falsi pentiti, condanne poi ribaltate. Le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza hanno riaperto le indagini sull’attentato scoprendo il depistaggio che era costato la condanna all'ergastolo a sette innocenti poi scagionati
- Si è arrivati al cosiddetto “processo quater”. Il 30 giugno 2018 la Corte d’Assise di Caltanissetta ha depositato 1.865 pagine di motivazioni per il quarto processo sull’attentato Borsellino, la cui sentenza era arrivata 14 mesi prima
- Secondo i giudici si è trattato di “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana" con protagonisti uomini delle istituzioni. Il 20 aprile del 2017 il processo aveva portato alle condanne all'ergastolo per Salvino Madonia e Vittorio Tutino, il primo tra i mandanti, il secondo tra gli esecutori materiali
- Altri imputati sono stati condannati per calunnia in quanto finti collaboratori di giustizia usati per creare una ricostruzione a tavolino delle fasi esecutive della strage costata in precedenza l'ergastolo a sette innocenti
- Per Vincenzo Scarantino, il più discusso dei falsi pentiti, protagonista di ritrattazioni nel corso di vent'anni di processi, i giudici hanno dichiarato la prescrizione concedendogli l'attenuante prevista per chi viene indotto a commettere il reato da altri
- I giudici di Caltanissetta hanno puntato il dito anche contro "i servitori infedeli dello Stato" autori dei depistaggi. Secondo i magistrati, l’allora capo della Squadra Mobile Arnaldo La Barbera (ora morto) ebbe un "ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato intensamente coinvolto nella sparizione dell'agenda rossa”
- Alcuni investigatori, mossi da "un proposito criminoso", avrebbero quindi indirizzato l'inchiesta e costretto Scarantino a raccontare una falsa versione della fase esecutiva dell'attentato. Inoltre avrebbero compiuto “una serie di forzature, indebite suggestioni, radicalmente difformi dalla realtà”
- La Procura di Caltanissetta ha chiesto il rinvio a giudizio di tre poliziotti per il depistaggio delle indagini. Il funzionario Mario Bo, che è stato già indagato per gli stessi fatti e che ha poi ottenuto l'archiviazione, e i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Sono accusati di calunnia in concorso aggravata
- Nel settembre 2018, i tre poliziotti sono stati rinviati a giudizio
- Il 12 luglio 2022 il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse contestate a Mario Bo e Fabrizio Mattei. Il reato è stato prescritto perché è decaduta l’aggravante mafiosa. È stato assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo, perché “il fatto non costituisce reato”. Erano tutti imputati di calunnia aggravata per avere favorito la mafia nel processo sul despistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio
- La sentenza è arrivata dopo quasi dieci ore di camera di consiglio: la corte, presieduta da Francesco D’Arrigo, si era ritirata alle 10:45. Il processo è durato quasi quattro anni e cento udienze. È stata bocciata la tesi della procura di Caltanissetta che parlava di “un depistaggio gigantesco” e “inaudito” che “ha coperto alleanze mafiose di alto livello”. La procura aveva chiesto condanne a pene altissime
- Ogni anno si tengono iniziative, commemorazioni ed eventi per ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. "Non li avete uccisi: le loro idee camminano sulle nostre gambe", è ancora oggi uno degli slogan che accompagnano le manifestazioni