Introduzione
Il cosiddetto “caso Bibbiano” sul presunto sistema di affidi illeciti nella Val d'Enza, nel Reggiano, venne alla ribalta nel 2019. Scosse l’opinione pubblica e si trasformò in una vicenda con notevoli risvolti nel dibattito politico. L’inchiesta “Angeli e demoni” diventò uno dei temi principali di contesa nella campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia-Romagna, con leader politici che si alternarono a fare comizi nel piccolo centro della bassa emiliana e indossarono magliette a tema in Parlamento, con polemiche a non finire, strumentalizzazioni e scambio di querele.
Quello che devi sapere
Cosa accadde nel 2019
Il piccolo centro di Bibbiano è un paese di circa 10mila abitanti, non lontano da Reggio Emilia. L'inchiesta era partita nel 2018 a seguito di una anomala escalation di denunce alla magistratura da parte dei servizi sociali coinvolti che avevano segnalato casi di abusi sessuali e violenze a danni di minori commessi da parte dei genitori. A fine giugno del 2019 più di venti persone vennero indagate e 16 di loro sottoposte a misure cautelari. Si trattava di amministratori locali (tra cui il sindaco del paese), assistenti sociali, educatori e psicoterapeuti. Vennero accusati di aver redatto o agevolato relazioni false per allontanare dei bambini dalle loro famiglie e darli in affido, in alcuni casi, ad amici e conoscenti. Secondo le accuse della procura di Reggio Emilia queste false relazioni venivano scritte dopo sedute di psicoterapia che avevano suggestionato i minori, alterandone i ricordi fino a indurli, in qualche caso, ad accusare ingiustamente i genitori di molestie sessuali.
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Il presento “sistema”
Funzionari pubblici, assistenti sociali, medici e psicologi erano tutti gravitanti attorno ai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, un consorzio di sette comuni nel Reggiano. Secondo le accuse avevano manipolato le testimonianze dei bambini e cercato sistematicamente di sottrarre i piccoli a famiglie in difficoltà per affidarli, in cambio di soldi, ad amici o conoscenti. Vennero diffusi dettagli relativi alle presunte pratiche ideate allo scopo di creare prove da utilizzare poi contro i genitori naturali: l’uso di una “macchinetta della verità” a impulsi elettromagnetici per indurre nei piccoli falsi ricordi, i disegni modificati a sfondo sessuale. Nel primo caso, è poi emerso, si trattava in realtà di un apparecchio utilizzato in psicoterapia per mandare ai pazienti stimoli acustici e tattili e non di una macchina per l’elettroshock come inizialmente circolato anche sui media.
La onlus coinvolta
Le sedute dei minori, secondo l’ipotesi degli inquirenti, avvenivano in una struttura gestita dalla onlus Hansel e Gretel. Questo centro privato specializzato in abusi su minori era gestito da Claudio Foti e dalla sua moglie dell’epoca, Nadia Bolognini, entrambi psicoterapeuti. La onlus, secondo le accuse, avrebbe ricevuto dal Comune compensi di circa 135 euro per ogni seduta di psicoterapia “a fronte della media di 60-70 euro e nonostante il fatto che l’Asl potesse farsi carico gratuitamente del servizio”. Foti aveva scelto di essere giudicato col rito abbreviato. Nel 2021 è stato condannato in primo grado per abuso d’ufficio e lesioni dolose gravi, ma poi è stato assolto in appello nel 2023 e poi in via definitiva dalla Cassazione. L’ex moglie, Nadia Bolognini, per cui erano stati chiesti otto anni dalla pm Valentina Salvi, ha concluso il processo di primo grado nel 2025 senza alcun addebito.
L’ex sindaco
Un altro simbolo di questa vicenda è stato l'ex sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, del Pd, finito inizialmente agli arresti domiciliari quando scattarono le misure cautelari dei carabinieri. Carletti venne sospeso dalle sue funzioni dal prefetto e si era comunque autosospeso dal Pd. Secondo le accuse avrebbe disposto "lo stabile insediamento di tre terapeuti privati della onlus Hansel e Gretel nei locali della struttura pubblica "La Cura", della cui istituzione si era personalmente occupato anche attraverso pubblici convegni in cui era relatore e ai quali venivano invitati a partecipare (retribuiti) gli operatori" e non avrebbe seguito "la procedura" corretta di affidamento dei servizi ai terapeuti. Era accusato di falso ideologico, da cui era stato prosciolto, e abuso d’ufficio, da cui è stato assolto nel 2024 a ottobre 2024 perché il capo d’accusa non è più reato dopo la riforma Nordio. Di recente il suo partito gli ha riconsegnato la tessera.
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Il ritorno a casa dei bambini
Il 23 luglio 2019, a circa un mese dal momento in cui era scoppiato lo scandalo, il Tribunale dei minori di Bologna aveva deciso il ricongiungimento con le famiglie di alcuni dei minori coinvolti, che quindi sono tornati a casa.
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Lo scontro politico
All’epoca, la vicenda diventò anche un caso politico. Il centrodestra (e più tardi anche il M5s) accusò il Pd in una campagna dai toni molto violenti. Meloni e Salvini andarono a Bibbiano accusando esplicitamente i dem per le responsabilità dei fatti. La giunta regionale guidata da Stefano Bonaccini venne attaccata duramente, anche perché l’anno successivo si tenevano le elezioni in Regione.
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Il processo con la caduta di quasi tutte le accuse
Il 9 luglio 2025 è arrivata la sentenza di primo grado del processo “Angeli e Demoni”, sul presunto sistema di affidi illeciti. I giudici del tribunale collegiale di Reggio Emilia hanno comminato tre condanne, con pena sospesa: due anni a Federica Anghinolfi (per due capi di imputazione), ex responsabile dei Servizi sociali della Val d'Enza, e un anno e otto mesi all'assistente sociale Francesco Monopoli, cinque mesi a Flaviana Murru, neuropsichiatra. Per il resto, i giudici hanno pronunciato assoluzioni per gli altri 11 imputati con alcuni proscioglimenti per prescrizione.
Le uniche condanne per ipotesi di falso
La Procura di Reggio Emilia aveva chiesto condanne fino a 15 anni per oltre 100 capi di imputazioni ma le uniche pene decise dal tribunale collegiale riguardano tre distinti episodi di falso in atto pubblico (due contestati a Federica Anghinolfi, uno a Francesco Monopoli) e un'accusa di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale, per la neuropsichiatra Floriana Murru. In particolare per Anghinolfi, ex responsabile dei Servizi sociali dell'Unione Val d'Enza e considerata dalla Procura reggiana la figura chiave del “sistema”, i falsi erano su una causale relativa ad un rimborso e un altro sulle spese di bilancio, mentre per Monopoli, assistente sociale, su una relazione chiesta dal tribunale civile per decisioni da prendere su un minore.
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Le conclusioni
I capi d’accusa sono quindi crollati in tribunale dopo dopo tre anni di udienze e battaglie infuocate in aula tra Procura e difensori. Le imputazioni andavano dalla frode processuale al depistaggio, fino a maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione e peculato d'uso. L'accusa sosteneva che in Val d'Enza ci fosse un business sugli affidi dei minorenni, con relazioni che ingannavano i magistrati minorili, ma il tribunale collegiale non lo ha riconosciuto.
La posizione di Anghinolfi
Federica Anghinolfi doveva rispondere di una sessantina di imputazioni e si è vista condannare per due. "Oggi sappiamo che non esistono demoni contrapposti agli angeli, che la nostra assistita non è una 'ladra di bambini' e che non ha mai agito per interessi diversi da quello superiore della tutela dei minori. Questa verità giudiziale ci ripaga degli sforzi compiuti, ma non cancella la distruzione mediatica dell'immagine della nostra assistita né i danni irreparabili e incalcolabili provocati al sistema della tutela dei minori", hanno commentato a caldo i suoi difensori, gli avvocati Oliviero Mazza e Rossella Ognibene.
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