Omicidio Serena Mollicone, processo d’appello bis per i Mottola: Pg chiede nuova perizia

Cronaca
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Si è tenuta la prima udienza del nuovo procedimento giudiziario a carico della famiglia Mottola: l'ex comandante dei carabinieri Franco, suo figlio Marco e sua moglie Anna Maria sono accusati di aver ucciso la liceale e occultato il suo corpo nel 2001, nel Frusinate. La Procura Generale di Roma ha chiesto l'ascolto di oltre 50 testimoni e una nuova perizia sul buco della porta della caserma di Arce, l’ultimo posto in cui la ragazza è stata vista. Prossima udienza a novembre, sentenza potrebbe arrivare in primavera

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Si è aperto oggi, a 24 anni di distanza dall’omicidio di Serena Mollicone, un nuovo capitolo della vicenda giudiziaria che coinvolge la famiglia Mottola. L'ex comandante della locale stazione dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Anna Maria sono accusati di concorso nell'omicidio della 18enne di Arce, in provincia di Frosinone, uccisa nel 2001. Stamattina, davanti alla terza sezione della Corte d’Assise d'Appello di Roma presieduta da Galileo D'Agostino, c’è stata la prima udienza del nuovo processo di secondo grado. La Procura Generale di Roma ha chiesto di ascoltare oltre cinquanta testimoni e una nuova perizia sul buco della porta della caserma dei carabinieri di Arce, l'ultimo posto in cui la vittima è stata vista. I giudici si sono riservati di decidere per la prossima udienza, fissata al 19 novembre, e hanno annunciato che la sentenza potrebbe arrivare in primavera. Il processo d'appello bis è stato disposto dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione nei confronti dei tre imputati. La liceale era scomparsa l'1 giugno del 2001 e poi è stata ritrovata senza vita due giorni dopo nel bosco Fonte Cupa, nella località Anitrella di Monte San Giovanni Campano.

L’udienza di oggi

Nell’udienza di oggi, la Procura Generale di Roma ha chiesto l'ascolto di oltre cinquanta testimoni, tra cui i consulenti, e una nuova perizia sul buco della porta della caserma dei carabinieri di Arce. Davanti alla Corte d'Assise, il rappresentate dell'accusa ha detto che l'obiettivo è provare che "Serena sia entrata in caserma quel giorno senza più uscirne e che ha sbattuto con la testa contro una porta della stazione dell'Arma" e di accertare "eventuali depistaggi attuati da Franco Mottola". Il pg ha quindi chiesto di ascoltare il luogotenente Gabriele Tersigni riguardo alle parole di Santino Tuzzi, il supertestimone - poi suicida - che raccontò di avere visto entrare Mollicone nella caserma. Una rivelazione poi in parte ritrattata da Tuzzi. L'accusa ha sollecitato anche una nuova perizia su quanto riscontrato all'interno della Caserma in relazione al pugno di Franco Mottola, che lui sostiene di aver dato "di piatto" alla porta durante una lite con il figlio Marco.

In aula la sorella e lo zio di Serena Mollicone

In aula c’erano i familiari di Serena Mollicone: la sorella Consuelo e lo zio Antonio. Presente anche Maria Tuzi, la figlia del brigadiere Santino, morto suicida nel 2008. Assenti Franco e Marco Mottola, che erano stati sempre presenti durante il primo processo d’Appello. All'esterno della città giudiziaria è stato affisso uno striscione con su scritto "Giustizia per Serena, mai più storie di ordinaria violenza". "I giudici della Cassazione hanno dettato un perimetro di criticità che dovranno essere approfondite dalla Corte d'Appello. Credo che sia necessaria una rivalutazione relativa all'attendibilità del brigadiere Santino Tuzi e credo che sia necessario ascoltare il maresciallo Tersigni. Questi sono aspetti determinanti che dovrebbero essere riapprofonditi in questa fase processuale", ha detto l'avvocato di parte civile Sandro Salera, che rappresenta la sorella di Serena Mollicone.

Serena Mollicone e gli iimputati
© Ansa/Ipa

Perché un nuovo processo d'Appello

La Corte di Cassazione, nel marzo 2025, aveva annullato la sentenza d'Appello che aveva assolto gli imputati, rilevando la scarsità e contraddittorietà delle motivazioni, e disponendo allo stesso tempo un nuovo processo d'Appello per l'ex comandante dei carabinieri di Arce Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il loro figlio Marco, accusati dell'omicidio di Serena Mollicone con occultamento di cadavere. Secondo l'accusa, la liceale, il giorno della scomparsa, entrò nell'appartamento di servizio dei Mottola, sovrastante la caserma, e lì scoppiò una discussione, con esito fatale. Viene contestato l'omicidio volontario in quanto, come rivela l'autopsia, il decesso avvenne perché la ragazza non venne soccorsa, ma lasciata a morire. I Mottola sono stati assolti sia durante il processo di primo grado a Cassino e sia durante quello in Appello, poi annullato. Ora il nuovo giudizio. Per i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano (adesso reintegrato nell'Arma), le sentenze di assoluzione (per, rispettivamente, concorso esterno in omicidio e favoreggiamento) sono diventate definitive a novembre 2024.

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Cosa è accaduto a Serena Mollicone

L'1 giugno 2001 la giovane di Arce scompare, e dopo tre giorni viene ritrovata morta in un bosco. Tutto fa pensare a un rapimento: la liceale viene infatti trovata con mani e piedi legati e un sacchetto in testa. L'autopsia rivelerà poi che Mollicone è stata soffocata. Le indagini portano a un nulla di fatto. Nel 2008, il brigadiere Santino Tuzi si suicida in modo anomalo. Secondo la ricostruzione, sembra che pochi giorni prima avesse raccontato alla Procura che Serena, la mattina dell'1 giugno, era entrata nella caserma e da lì non era più uscita. Nel 2011, gli inquirenti iscrivono nel registro degli imputati l'ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco: ipotizzano che Serena abbia avuto un diverbio con il ragazzo, generatosi in casa Mottola, con esito fatale. Secondo l'accusa, il giorno dell'omicidio, la giovane avrebbe avuto un litigio davanti al bar con Marco. Serena avrebbe dimenticato i libri nell'auto del ragazzo, e quindi si sarebbe recata in caserma, nell'appartamento dei Mottola, per recuperarli. Proprio lì si sarebbe riaccesa la discussione: sempre secondo l'accusa, Marco avrebbe spinto la testa di Serena contro una porta della foresteria, causandole una frattura cranica. Come spiegato dal procuratore generale di Cassino durante il processo di secondo grado, la liceale sarebbe "rimasta per molte ore in stato di incoscienza, dopo essere stata scaraventata contro la porta della foresteria della caserma dei carabinieri di Arce, prima di essere soffocata. Forse gli imputati hanno pensato che morisse da sola, ma poi l'hanno dovuta finire col nastro adesivo". Marco avrebbe "messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento dove solo i Mottola potevano accedere e avevano l'obbligo di intervenire". I genitori e lo stesso figlio "avevano l'obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell'abitazione, di cui solo essi avevano la disponibilità, e ciò non hanno fatto, anzi hanno voluto nascondere quanto era successo per evitare conseguenze penali ai danni del figlio. Ma, in questo caso, hanno anche deciso di soffocare la ragazza e quindi di ucciderla deliberatamente, per poi far sparire il corpo e ogni traccia". La famiglia Mottola ha sempre respinto con forza ogni accusa, dichiarandosi innocente.

serena mollicone e i mottola

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