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Migranti e Paesi sicuri, i giudici di Bologna rinviano decreto del governo alla Corte Ue

Cronaca
©Ansa

Il rinvio segue un ricorso promosso da un richiedente asilo del Bangladesh, tra i 19 Stati considerati sicuri da Roma. Per il Tribunale il testo di legge è "un atto politico, determinato da superiori esigenze di governo del fenomeno migratorio e di difesa dei confini, prescindendo dalle informazioni e dai giudizi espressi dai competenti uffici ministeriali in ordine alle condizioni di sicurezza del Paese designato". Salvini: "Se vogliono tenere in Italia clandestini e delinquenti, spalanchino le porte di casa loro"

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Il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto sui cosiddetti Paesi sicuri (dove quindi è possibile rimpatriare i migranti) del governo italiano. Si chiede come sia effettivamente possibile individuare tali Stati e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. Il rinvio è arrivato nell'ambito di un ricorso promosso da un richiedente asilo del Bangladesh contro la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione. I giudici contestano il principio per cui uno Stato si considera effettivamente “sicuro” nel caso in cui la generalità dei suoi abitanti, o quantomeno la maggioranza, viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze. Si cita anche il fatto che la Germania nazista fosse stata estremamente sicura per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca, ma non per ebrei, omosessuali, oppositori politici e rom. I vicepremier Salvini e Tajani condannano il rinvio. 

I giudici: "Decreto ha natura di atto politico per difendere i confini"

Il Tribunale prende le mosse proprio in riferimento al Bangladesh, che rientra tra i Paesi sicuri, ricordando che i casi in cui si riscontra la necessità di una protezione internazionale sono legati all'appartenenza alla comunità Lgbtqi+, alle vittime di violenza di genere, alle minoranze etniche e religiose, senza dimenticare i cosiddetti sfollati climatici. Lo spirito del decreto, evidenziano i giudici, avrebbe dunque principalmente la natura di "un atto politico, determinato da superiori esigenze di governo del fenomeno migratorio e di difesa dei confini, prescindendo dalle informazioni e dai giudizi espressi dai competenti uffici ministeriali in ordine alle condizioni di sicurezza del Paese designato".

Presidente del Tribunale: "Obbligo di disapplicazione quando c'è una minaccia"

Come ha spiegato Pasquale Liccardo, presidente del tribunale di Bologna, il rinvio punta a ottenere "con la richiesta di procedura d'urgenza, l'uniforme e stabile interpretazione del diritto dell'Unione da parte degli organi giurisdizionali e di tutte le articolazioni dello Stato, tenute all'osservanza del diritto dell'Unione europea secondo l'interpretazione vincolante della Corte di Giustizia europea". In sintesi, si sta chiedendo se, "anche in presenza di una lista di Paesi sicuri adottata con legge ordinaria, o con decreto legge come nel caso in esame, sussiste l'obbligo per il giudice nazionale, obbligo imposto dal diritto dell'Unione come interpretato dalla Corte di Giustizia con la recente sentenza del 4 ottobre C-406/22, di procedere alla disapplicazione dell'inserimento del paese di origine nella lista dei paesi sicuri, ogni qual volta anche una categorie delimitata di persone venga perseguitata o minacciata gravemente".

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Salvini: "Se hanno passione per clandestini e delinquenti li tengano a casa loro"

Sul rinvio alla Corte di Giustizia europea è già partita la polemica. Parla di una "sfida dal sapore politico" che rafforza "un giudizio negativo che riguarda sì una minoranza di togati, ma che non può non estendersi a un intero corpo che non reagisce a questi atti politici" il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. Duro anche il vicepremier Matteo Salvini: "Se qualcuno, invece di essere in tribunale, si sente nella sede di Rifondazione comunista, si tolga la toga, si candidi alle elezioni e faccia politica". Il leader del Carroccio rincara la dose: "Se hanno tanta passione per tenere in Italia tanti clandestini e tanti delinquenti, spalanchino le porte di casa loro, li ospitino nella casa loro. Siamo anche stufi di lavorare, come ci chiedono i cittadini, per portare più sicurezza, per avere poi qualche giudice comunista, questo è, che ritiene che i confini non servano e che le leggi non servano, e che ognuno ha diritto a fare quello che vuole".

Tajani: "Al potere giudiziario non spetta cambiare le leggi"

Anche Antonio Tajani, vicepremier insieme a Salvini e ministro degli Esteri, storce il naso. Prima evidenzia che "al potere giudiziario non spetta cercare di cambiare le leggi e fare il braccio di ferro con il potere esecutivo e legislativo". Poi ammonisce i giudici bolognesi - "Travalicare i confini del proprio potere mette in difficoltà l'equilibrio del sistema democratico" - e ricorda che "il nostro dovere è risolvere la questione migratoria e quello che stiamo facendo è nel rispetto delle regole italiane e comunitarie, quindi andremo avanti". Per Tajani serve quindi "una riforma della giustizia: non dobbiamo fare nessuna vendetta, dobbiamo solo far sì che ci sia una giustizia giusta".

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Magi: "Governo a scontro frontale con magistratura"

D'avviso contrario le voci dalla sinistra italiana. "Meloni e Piantedosi - dice Riccardo Magi di +Europa - stanno provando per l'ennesima volta a bypassare gli obblighi derivanti dal diritto europeo che loro stessi sanno essere insuperabili. Altro che vittime: sono loro che vanno deliberatamente allo scontro frontale con la magistratura". Sulla stessa linea anche Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana: "Quando non ci si vuole rendere conto della realtà, quando ogni occasione è buona per fare pessima propaganda, quando si decide di non rispettare le norme internazionali, è evidente che prima o poi ci si ritrova nei pasticci".

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante l’evento per celebrare gli 80 anni del quotidiano "Il Tempo" presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna (GNAM), Roma, 23 ottobre 2024. ANSA/ANGELO CARCONI

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I Paesi inseriti nel decreto, “individuati secondo i criteri stabiliti dalla normativa europea e dai riscontri rinvenibili dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti”, sono:

  1. Albania
  2. Algeria
  3. Bangladesh
  4. Bosnia-Erzegovina
  5. Capo Verde
  6. Costa d'Avorio
  7. Egitto
  8. Gambia
  9. Georgia
  10. Ghana
  11. Kosovo
  12. Macedonia del Nord
  13. Marocco
  14. Montenegro
  15. Perù
  16. Senegal
  17. Serbia
  18. Sri Lanka
  19. Tunisia

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