Pozzallo e Porto Empedolce, cosa ci dicono i numeri sui rimpatri

I numeri non mentono mai e non possono essere fraintesi. E quelli relativi alle richieste sul rimpatrio dei migranti ospitati nei centri per i rimpatri veloci di Pozzallo e Porto Empedocle sono chiari. Più dell’80 per cento delle richieste di trattenimento e successivo rimpatri sono state respinte dai tribunali di Palermo e di Catania che hanno ritenuto illegittimo il provvedimento di fermo. Perché sono stati aperti i cpr di Pozzallo e Porto Empedocle Il cpr di Pozzallo venne aperto di fretta e furia dopo la strage di Cutro e dopo la successiva emanazione del decreto. Lì, sono stati portati i primi migranti provenienti dai cosiddetti paesi sicuri, o almeno quelli che l’Italia ritiene paesi sicuri, e che avrebbero dovuto attendere, rinchiusi all’interno della struttura, la decisione sulla concessione o meno della protezione internazionale. All’inizio il decreto Cutro prevedeva anche la libertà su cauzione, 5000 euro per poter attendere la decisione da non recluso. Subito sono scattati i primi ricorsi dei migranti supportati dalle associazioni umanitarie e dai loro avvocati e, nel giro di pochi giorni, sono arrivate le decisioni del tribunale di Catania che ha dichiarato illegittima l’applicazione del “decreto Cutro” rimettendo di fatto tutti i migranti che attendevano una decisione, a piede libero. La decisione, lo ricordiamo, venne contestata dal governo che annunciò il ricorso in Cassazione. Gli ermellini hanno poi chiamato in causa la Corte di giustizia europea che però, sul pronunciamento dei giudici di Catania, non ha ancora espresso un parere. Il carattere di urgenza della decisione, richiesto dai giudici della Cassazione, è stato però ritenuto inammissibile dalla corte europea. Dunque tutto fermo. Due centri vuoti Intanto però il centro in Albania è stato aperto e i primi migranti che sono stati portati lì hanno fatto, nel giro di 24 ore, il viaggio di ritorno. Liberi anche loro di entrare ed uscire dal Cara di Bari dove potranno attendere la decisione sulla loro protezione internazionale. A stabilirlo altri magistrati, quelli del tribunale di Roma. In Sicilia ci sono due centri per i rimpatri veloci. Il primo è quello di Pozzallo, il secondo ha aperto i battenti il 13 agosto a Porto Empedocle, nell’agrigentino. I giudici di Palermo sono stato chiamati ad analizzare la posizione di 109 migranti fino ad oggi. Per 89 persone il provvedimento di trattenimento è stato respinto. Per uno archiviato e soltanto 19 provvedimenti sono stati accolti. A Catania, invece, i numeri sono leggermente più bassi ma il risultato è diverso. Su 58 richieste di trattenimento nessuna è stata accolta. Tutte rigettate e dunque tutti fuori dal cpr di Pozzallo che adesso è una struttura vuota. Così come, da qualche giorno, è vuoto anche il centro per i rimpatri veloci di Porto Empedocle. Toccherà aspettare adesso per capire se cambierà qualcosa dopo le mosse del governo anche in relazione alla nuova lista di paesi sicuri passati da 22 a 19. Di certo c’è, che per il momento, le due strutture allestite di fretta e fuori Sicilia sono vuote e probabilmente lo rimarranno ancora per un po’. Il modello Albania, al momento, non ha funzionato. Stando almeno ai numeri che sono di dominio pubblico. E sul territorio italiano la musica non è diversa. Il tema dell’accoglienza, della gestione dei flussi migratori e dei rimpatri rimane un punto cruciale della contesa politica in Italia con l’opposizione all’attacco del governo. Su questo tema in modo particolare.

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