L’imbarcazione, partita dalla Turchia, domenica mattina si è spezzata in due a causa del mare mosso a pochi metri dalla riva del litorale di "Steccato" di Cutro, a Crotone. Circa 80 persone sono state salvate, ma si temono quasi 100 morti in totale. Tra le vittime anche molti bambini, oggi è stato recuperato il corpo di una 14enne. Martedì la camera ardente al palasport di Crotone
Almeno 64 morti e decine di dispersi. È il bilancio ancora parziale dell’ennesima tragedia del mare avvenuta domenica sulle coste calabresi, con il drammatico epilogo in un tratto di spiaggia della frazione Steccato di Cutro, nel Crotonese. Un'imbarcazione con a bordo numerosi migranti si è spezzata a un centinaio di metri metri dalla riva causando una strage: 64 sono i morti accertati, un numero indefinibile le vittime ancora da recuperare, si ritiene almeno 30-40 (LO SPECIALE MIGRANTI - I NUMERI DEGLI SBARCHI NEL 2023). E tra loro tanti bambini: 14 sono quelli recuperati tra cui due gemellini di pochi anni e un piccolo di pochi mesi. Le vittime minorenni hanno un'età compresa tra i 14 anni e gli otto mesi. Martedì la camera ardente al palasport di Crotone.
Solo in 79, invece, si sono salvati. Per 22 di loro si è reso necessario il trasporto in ospedale e uno è in prognosi riservata in terapia intensiva. Intanto è stato eseguito un nuovo fermo a carico di un altro dei presunti scafisti dell'imbarcazione naufragata ieri mattina. Le persone fermate, a questo punto, sono in tutto tre. Si tratta di un cittadino turco e di due pachistani, uno dei quali minorenne.
Recuperato il corpo di una bambina
Mentre continuano le ricerche, oggi i sommozzatori dei vigili del fuoco hanno recuperato dalle acque il corpo di una bambina. Dopo una segnalazione dell'avvistamento, i sub sono subito intervenuti, a poche centinaia di metri dal luogo del naufragio di domenica mattina. I vigili, dopo alcuni minuti di osservazione, hanno notato il corpo e sono riusciti a portarlo a riva. Il corpo della bambina, di circa 14 anni, con capelli neri e ricci, è stato quindi adagiato su un telo bianco e trasportato via con un mezzo della Capitaneria di porto.
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Il Procuratore: "L'indagine è sul naufragio non sui soccorsi"
"Stiamo anche vedendo di ricostruire la catena dei soccorsi ma non ci sono indagini su questo. Stiamo ricostruendo tutti i passaggi dall'avvistamento in poi per ricostruire cosa è stato fatto e confrontarlo con quello che si doveva fare che sembra sia stato fatto. Di sicuro le condizioni del mare erano terribili", ha detto intanto all'Ansa il procuratore della Repubblica di Crotone, Giuseppe Capoccia, in merito all'indagine aperta sul naufragio. "Qui - ha poi aggiunto - mancano uomini e mezzi alle forze dell'ordine. Il governo dovrebbe capire che sarebbe necessaria impostare in modo diverso le strutture. In estate abbiamo 3 sbarchi la settimana".
Le indagini
"Adesso - ha spiegato Capoccia - stiamo sentendo i superstiti e poi c'è la fase della completa identificazione. Poi vedremo altri aspetti e cercheremo di ricostruire anche la catena dei soccorsi. Stamani ho parlato con il comandante generale delle Capitanerie di porto e certamente chi portava il barcone non era uno sprovveduto. Probabilmente volevano spiaggiarsi visto che viaggiavamo su una imbarcazione senza deriva. Invece sono finiti su una secca che è conosciuta ai marinai della zona. Come si sono fermati, la barca non ha più retto ai colpi inferti dalle onde e si è letteralmente sfasciata, nel senso che il fasciame non ha retto". "Stiamo ricostruendo anche - ha aggiunto il magistrato - tutti i passaggi, dall'avvistamento in poi. Tra l'altro c'è anche una stranezza: dalla barca non è mai partita una richiesta di soccorso. La telefonata internazionale alla Guardia di finanza? È stata una strana triangolazione, ma dalla barca non hanno chiesto aiuto come succede sempre non appena arrivano in prossimità della costa". Capoccia ha poi evidenziato che anche con mezzi più grandi, con quelle condizioni di mare, un eventuale abbordaggio sarebbe stato estremamente rischioso, ricordando quanto avvenne nel canale di Otranto dove un'unità militare tocco un barcone di migranti provocandone l'affondamento. Il procuratore di Crotone ha quindi confermato che i reati ipotizzati nell'indagine sono tre: omicidio colposo, naufragio colposo e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
I soccorsi
"Quando siamo arrivati nel punto del naufragio - ha raccontato Laura De Paoli, medico della Fondazione Cisom Cavalieri di Malta - abbiamo visto decine di cadaveri che galleggiavano ovunque. Ad un certo punto abbiamo visto due uomini che tenevano in alto un bambino. Siamo riusciti a recuperali, erano il fratello e lo zio del bambino che, però, era senza vita. Abbiamo provato a rianimarlo, ma aveva i polmoni pieni d'acqua e non ce l'ha fatta. Abbiamo saputo poi che aveva appena 7 anni". I sopravvissuti si aggiravano spaesati e terrorizzati sulla spiaggia, gridando alla ricerca di un parente, un amico, un figlio che non riuscivano a trovare. I soccorritori non hanno notizie certe su quante fossero le persone a bordo alla partenza. Dal racconto dei sopravvissuti emergono, in questo senso, numeri contraddittori. Alcuni parlano di 180 persone, altri indicano un numero molto superiore. Col passare delle ore si è fatta strada la convinzione che i migranti fossero circa 180. Il che significa che mancano all'appello almeno una quarantina di persone, e le speranze di trovarle in vita, a questo punto, sono praticamente nulle.
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Cosa è successo
Il barcone, partito quattro giorni prima da Izmir, in Turchia, con un carico di cittadini iracheni, iraniani, afghani e siriani, era stato individuato nella serata di sabato da un aereo del servizio Frontex. Dal porto di Crotone hanno preso il mare due unità della Guardia di finanza, ma le pessime condizioni - con mare forza 3-4 - hanno obbligato gli equipaggi a rientrare. Ieri, poi, verso le 4, una telefonata internazionale, proveniente probabilmente dalla stessa imbarcazione, ha provato a dare l'allarme alla Sala operativa del Gruppo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia. Il telefonista, però, a causa di un inglese stentato, non ha fornito indicazioni utili, ma gli operatori hanno comunque capito che poteva essere accaduto qualcosa di grave ed hanno dato l'allarme. Quando sono giunti sul posto, i soccorritori si sono trovati davanti uno scenario di morte, con la la tragedia che si era già consumata. L'ipotesi ritenuta più probabile è che il barcone di legno si sia infranto contro uno scoglio sommerso ad un centinaio di metri dalla riva, rimanendo in balia delle onde che l'hanno spezzato come un fuscello facendo riversare in mare il suo carico umano. Pochi, a bordo, sapevano nuotare e con la corrente e la forza del mare non ce l'hanno fatta. Si sono salvati soprattutto uomini. La Procura della Repubblica ha avviato un'inchiesta per ricostruire la dinamica della tragedia, ipotizzando i reati di omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
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Piantedosi: in queste condizioni non devono partire
In serata ieri sono arrivate le parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “L'unica cosa che va detta ed affermata è: non devono partire. Non ci possono essere alternative. Noi lanciamo al mondo questo messaggio: in queste condizioni non bisogna partire. Di fronte a tragedie di questo tipo non credo che si possa sostenere che al primo posto ci sia il diritto o il dovere di partire e partire in questo modo. Io non partirei se fossi disperato perché sono stato educato alla responsabilità di non chiedermi cosa devo chiedere io al luogo in cui vivo ma cosa posso fare io per il Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso". Secondo il ministro il numero dei dispersi sarebbe lievemente più basso: “Dovrebbero essere tra le 20 e le 30 le persone che mancano all'appello".
Piantedosi: “Verso missioni congiunte con Francia”
In giornata poi il ministro Piantedosi si è incontrato con l’omologo francese, Gérald Darmanin, con cui “abbiamo condiviso propositi e progetti di lavoro congiunto molto interessanti, molto importanti. Addirittura, fino ad immaginare - ed è un proposito che riteniamo di poter attuare entro il mese di marzo - di poter anche svolgere missioni congiunte, io e il mio collega francese Darmanin, in Paesi che sono di fondamentale importanza come Tunisia e Libia. Questo proprio per dare anche la visibilità di un'azione e quindi di posizioni comuni: noi come Italia e Francia ma nel caso condividendo questa progettualità anche con altre componenti importanti nel contesto europeo".