Paolo Borrometi, vicedirettore dell’Agi, e il professor Enzo Ciconte, docente di storia delle mafie italiane all’Università di Pavia, parlano dell'arresto del boss mafioso, di chi guida ora Cosa Nostra e di molto altro ancora
Paolo Borrometi, vicedirettore dell’Agi, e il professor Enzo Ciconte, docente di storia delle mafie italiane all’Università di Pavia, intervistati a Sky TG24 hanno parlato delle mafie a partire dall'arresto di Matteo Messina Denaro fino ad allargare il campo alla situazione attuale delle varie associazioni di stampo mafioso come 'ndrangheta e Camorra e su quali affari e chi c'è oggi alla guida di Cosa Nostra (LO SPECIALE DI SKY TG24).
Per la “generazione Z”, chi era Matteo Messina Denaro?
“È una figura che ha avuto una eccessiva mitizzazione”, risponde Paolo Borrometi. “Questo è stato un grande problema, perché ha conferito fascino a un boss latitante che tutto doveva avere tranne che il fascino”.
Perché ci sono voluti 30 anni per arrestarlo?
“Perché le collusioni e connivenze, gli appoggi, di larga parte di ‘borghesia mafiosa’, e si può allargare anche a infedeli dello Stato, lo hanno aiutato”, replica ancora Borrometi. “Eppure il cerchio si stringeva poco a poco”.
Quando si è cominciato a cercare seriamente Messina Denaro?
“Difficile rispondere”, replica Borrometi. “Certamente negli ultimi anni, quando si è compreso che fosse malato e che la sua presenza in Sicilia per le cure potesse essere molto più stabile rispetto a prima”.
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Chi guida la mafia oggi?
“Difficile dirlo, perché la mafia oggi è un’entità completamente diversa dal passato”, risponde il professor Ciconte. “Si sta riorganizzando, dopo tutti i colpi che ha ricevuto nei decenni precedenti. Sta cercando di riformare la propria ‘classe dirigente’. Negli ultimi tempi hanno dovuto fare ricorso a vecchi capomafia usciti dalla galera, o addirittura ‘prendere in prestito’ quelli che una volta erano stati cacciati dalla Sicilia dopo la seconda guerra di mafia, ci si rende conto della difficoltà che oggi incontra la mafia a ricostruire i proprio assetti di vertice”.
La nuova mafia ha ancora una cupola?
“La regola è sempre quella, non è stata cambiata”, spiega il professor Ciconte. “La difficoltà è stata che finora la regola voleva che ci fossero i capi mandamento per eleggere il nuovo capo. È probabile che per adesso, almeno da quello che sappiamo perché è complicato sapere queste cose, ci siano contatti informali con quelli che riescono a governare i mandamenti”.
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Matteo Messina Denaro si pentirà?
“È una domanda da un milione di dollari”, risponde Borrometi. “La speranza è sì ovviamente, i precedenti non depongono a favore. Né Riina né Provenzano si sono pentiti, e neanche i fratelli Graviano. Ognuno di noi dovrebbe augurarsi che succeda per arrivare a verità indicibili che ancora oggi mancano, soprattutto riguardo alle stragi del 1992 e ’93”.
Messina Denaro possiede l’archivio di Riina e l’agenda rossa di Borsellino?
“Per l’agenda rossa lo escludo categoricamente”, dice Borrometi. “Le immagini di quel 19 luglio ’92 ci dimostrano come non siano stati gli uomini di Cosa Nostra a far sparire l’agenda rossa di Paolo Borsellino. Erano altri e alti interessi, non certamente quello dei mafiosi. L’archivio di Riina è possibile che sia transitato dalle mani di Messina Denaro, il problema è comprendere dopo 30 anni cosa ne sia rimasto. Certamente ha documenti che sono importantissimi e sono allo studio degli inquirenti, e ci possono rivelare tanto anche sulle collusioni che lo hanno aiutato in questi 30 anni”.
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La mafia continuerà a essere sommersa? Potrebbe tornare una stagione stragista?
“No, la mafia non ha nessun interesse a fare le stragi”, replica il professor Ciconte. “Continuerà a fare quello che ha fatto negli ultimi anni, d’altra parte lo stesso Messina Denaro durante la latitanza ha fatto affari. I mafiosi hanno tutto l’interesse a non richiamare l’attenzione dello Stato, dei giornalisti e dell’opinione pubblica. Se fanno le stragi e ricominciano con gli omicidi, è chiaro che avranno di nuovo i riflettori puntati. Questo è il momento di fare in modo che i riflettori si accendano sulle economie della mafia”.
Quali sono gli affari della mafia oggi?
“Gli affari sono quelli dove è possibile avere un lucro”, risponde il professor Ciconte. “Non c’è un settore che è escluso. Loro vanno dove c’è la possibilità di lucrare molto, ma molto denaro”.
Mafia, ’Ndrangheta e camorra: che differenze ci sono oggi?
“Trent’anni fa la mafia dominava l’immaginario collettivo, italiano e internazionale”, spiega il professor Ciconte. “La camorra era relegata in Campania, della ‘ndrangheta nessuno conosceva l’esistenza. Oggi è esattamente l’opposto, l’organizzazione più forte e radicata in Italia e nel mondo è la ‘ndrangheta. Poi viene la camorra, che è altrettanto forte e radicata seppure con una struttura diversa, e infine c’è quello che rimane della mafia siciliana che ancora non si è ripresa dalla stagione del contrasto forte dello Stato”.
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Per la mafia resta essenziale l’appoggio politico?
“Per rispondere a questa domanda dovremmo invertirla - dice Paolo Borrometi - per alcuni politici rimane essenziale l’appoggio mafioso, se non altro al giorno d’oggi. Negli anni’80 e ’90 lo scenario era completamente diverso”.
Nel ’93 dopo gli attentati a Milano, Firenze e Roma, la mafia smette con la strategia stragista. Perché?
“Perché comprende che la lotta allo Stato non stava producendo effetti positivi”, è la risposta di Borrometi. “L’attenzione degli inquirenti, l’indignazione della gente e le inchieste dei giornalisti avevano messo all’indice quei mafiosi chevenivano avvertiti come un problema. Lo Stato doveva quindi dare una risposta e passò la linea di Bernardo Provenzano, la cosiddetta strategia della sommersione, contrapposta alla strategia stragista di Totò Riina e dei Gravina. Da quel momento in poi la mafia ha privilegiato gli affari a tanti zeri e molto meno le bombe. Ma questo non significa che ancora oggi non costituisca un gravissimo problema”
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Rispetto al passato, la mafia è avvantaggiata dal disinteresse dell’opinione pubblica?
“Se noi attendiamo che ci sia il morto ammazzato, temo che tra qualche anno potremmo arrivare alla conclusione che la mafia non esista più”, è l’opinione di Ciconte. “Invece non è così, noi dobbiamo guardare al quello che succede nei vari settori e osservare le anomalie che si creano. Nei territori è più facile comprendere quello che accade. Se noi spieghiamo che la mafia non è quella con la coppola e la lupara, allora si capisce cosa sia. Se continuiamo a dire che la mafia è omicidi, stragi, violenza terrificante, noi non facciamo conoscere la realtà. La violenza c’è, è insita nella mafia, ma c’è modo e modo di fare violenza”.
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Che effetto le ha fatto scoprire che Messina Denaro avesse il ritratto de Il Padrino in salotto?
“L’automitizzazione, probabilmente c’è stato anche un nostro errore giornalistico - afferma Borrometi - nel mitizzare queste figure che non facevano altro che tentare la loro mitizzazione, diventando degli auto miti. Messina Denaro aveva contezza del proprio essere criminale, ma si rappresentava come un mito. Ecco perché, soprattutto ai ragazzi, dobbiamo spiegare che di mitologico questi soggetti non hanno nulla e prima o poi finiscono in galera”.
Piantedosi ha detto che il livello politico della mafia è una storia del passato. È vero?
Per Ciconte “no. È una sciocchezza. La mafia ha bisogno della politica come noi abbiamo bisogno dell’aria. La mafia senza la politica è pura e semplice criminalità e si può schiacciare. Io temo che la mafia avrà ancora bisogno della politica così come temo che alcuni politici avranno bisogno della mafia. Sono pochi, ma fanno dei danni enormi”.
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Cosa si intende per “borghesia mafiosa”?
“Borghesia mafiosa sono tutti quei professionisti, medici, imprenditori, che si sono resi strumento per aiutare la mafia”, spiega Borrometi. “C’è una borghesia mafiosa che aiuta i mafiosi e, come sottolineava il professor Ciconte per i politici, vanno individuati e vanno denunciati perché sono la linfa vitale delle mafie”.
Messina Denaro ha fatto in modo di essere preso?
“No, questo probabilmente proviene dall’arresto di Totò Riina e di Provenzano che hanno avuto una storia a se stante - è l’opinione di Borrometi - Matteo Messina Denaro ha dovuto abbassare la guardia perché stava male. Perché forse è un malato terminale e mentre prima non è sempre stato in Sicilia, poi ci è tornato per curarsi. Ecco quindi che si è reso più presente sul territorio, ma escludo che si sia fatto arrestare. Lo dimostrano le immagini della fuga che ha tentato in quei momenti”.
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La mafia è un “fenomeno umano”. Dove arriverà?
“Non so rispondere a questa domanda”, è la replica di Ciconte. “La volontà mi porterebbe a dire siamo nell’ultimo miglio, la ragione mi porta a pensare che c’è ancora molta strada da fare perché la mafia è un problema complesso legato alla politica, all’economia, alla società. Una cosa è certa: se continueremo a fare un’azione di bonifica culturale della società, se riusciremo a dare lavoro stabile e una condizione dignitosa lavorativa, credo che avremo messo bene i paletti per andare avanti. Si ricordi anche che la mafia ha goduto per quasi un secolo del silenzio della Chiesa”.
Qual è stato il suo primo pensiero dopo l’arresto?
Borrometi: “Io ho pensato a Padre Pino Puglisi, a quel sorriso, a quella sua voglia di sconfiggere la mafia. Ho pensato a lui e a come avrebbe sorriso”.
Ciconte: “All’inizio sono rimasto incredulo. Poi ho detto finalmente. Un sollievo, perché era la conferma che tutti i mafiosi, anche i grandi latitanti possono essere catturati e consegnati alla giustizia