
Covid, effetto quarta ondata su cure e interventi: la mappa degli ospedali bloccati
Stop ai ricoveri, alla diagnostica e alle operazioni. A causa dei contagi, delle rianimazioni in sofferenza e del personale che scarseggia, sono sempre di più le Regioni che sospendono le attività non legate al virus. A fare le spese dell'ennesimo rinvio di cure sono i pazienti “non Covid” che necessitano di prestazioni ordinarie, come il settore oncologico, ma anche chi ha bisogno di cure improvvise per un infarto o un trauma. Dal Piemonte alla Campania, ecco cosa sta succedendo

Il sistema sanitario è in crisi a causa della pandemia. Gli interventi programmati vengono sospesi e rinviati, i reparti ordinari convertiti in posti Covid. Gli ospedali iniziano ad essere in difficoltà ad affrontare la nuova ondata di casi, tra strutture che mancano e personale che si contagia
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Così, di nuovo dopo due anni di pandemia, vengono decisi lo stop ai ricoveri programmati non dovuti al virus, alle attività di specialistica non urgenti nelle strutture sanitarie e il rinvio delle operazioni che prevedono il passaggio in terapia intensiva
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Una situazione già prevista dall'Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui la combinazione dei ceppi Delta e Omicron avrebbe portato “i sistemi sanitari sull'orlo del collasso", aveva detto il direttore generale dell'Oms, Tedros Ghebreyesus. "Questa situazione esercita, e continuerà a farlo, una pressione enorme su un personale sanitario già esausto”
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A fare le spese dell'ennesimo rinvio di cure sono i pazienti “non Covid” che necessitano di prestazioni ordinarie. Queste criticità generano ritardi che affliggono in modo particolare il settore della chirurgia e dell’oncologia
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È per questo che il Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) ha scritto una lettera aperta per puntare i riflettori sugli effetti negativi dell’ennesima ondata pandemica, che sta portando alla riduzione di attività diagnostiche e interventi chirurgici per molti pazienti e malati oncologici
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“Esistono purtroppo tante altre categorie di malati oltre ai pazienti Covid e molte malattie come il cancro sono tempo-dipendenti”, spiega Luigi Cavanna, presidente del Cipomo. “Mentre un’alta percentuale di malati Covid può essere curata in sede extra ospedaliera, questa alternativa non è possibile per chi deve essere operato per un tumore del colon, dello stomaco, del polmone, della mammella”

“Due anni in ambito medico, scientifico e sanitario sono una enormità. Perché dopo due anni gli ospedali si stanno nuovamente riempiendo di malati Covid? Perché gli interventi diagnostici e chirurgici anche per i malati oncologici sono ancora ritardati e rimandati? Sicuramente qualcosa non ha funzionato e crediamo sia corretto ammetterlo”, dice la lettera

L’allarme arriva anche dagli anestetisti e dai rianimatori che ogni giorno sono in trincea nelle terapie intensive. Nicola Latronico, responsabile Siaarti rianimazione e terapia intensiva, sottolinea a RaiNews che "le terapie intensive Covid stanno viaggiando verso la saturazione, con la necessità molto prossima di aprire altri posti sottratti a quelle non-Covid”

Le rianimazioni non Covid, ridotte nella loro capacità di letti e personale, "sono sotto pressione per far fronte alle patologie tempo-dipendenti (come traumi, infarti, ictus), alle patologie acute non Covid (sepsi, insufficienza respiratoria acuta). Senza dimenticare i pazienti post-operatori complessi e gravi”, ricorda Latronico

Roberto Balagna, responsabile Siaarti della medicina critica dell'emergenza, spiega che "ogni giorno siamo costretti a non operare pazienti che avrebbero necessità di interventi chirurgici di una certa importanza e necessità. Se non si troveranno presto soluzioni dinamiche, rivedendo le attuali procedure”, conclude Balagna, “presto l'intero sistema chirurgico sarà nel caos"

Dal Friuli al Trentino, dall’Umbria al Molise, in Lazio, Lombardia, Veneto, Piemonte sono sotto stress i pronto soccorso, che rappresentano il primo punto d’accesso all’ospedale. “La quarta ondata avanza in modo non drammatico, grazie al vaccino che contiene i numeri, ma costante, e ci sono ospedali in cui si fatica a ricoverare i pazienti entro le 24-36 ore", è l'allarme della Simeu, la Società italiana di medicina d'emergenza-urgenza

Il problema è anche la carenza di personale, che si contagia lasciando scoperti turni e strutture. Secondo la denuncia del sindacato degli infermieri Nursing Up, sono “oltre seimila gli operatori sanitari infettati in sole 72 ore, di cui oltre cinquemila infermieri”, ha dichiarato il presidente Antonio De Palma. Con il personale contagiato, i disagi si ripercuotono anche per il servizio a bordo delle ambulanze

“Nel pieno della quarta ondata, con una media di 800-1000 colleghi che si infettano in più ogni 24 ore, gli ospedali italiani rischiano il corto circuito”, scrive in una nota Nursing Up. “Riceviamo le continue segnalazioni di tanti colleghi impegnati nei pronto soccorso, che in questo momento sono bombe ad orologeria pronte ad esplodere”, spiegano dal sindacato degli infermieri

Turni massacranti, carenza di personale, sempre più infermieri infettati e costretti a rimanere a casa, reparti ordinari convertiti in aree Covid. “In questo modo, che fine fanno i pazienti che necessitano di prestazioni ordinarie?”, si chiede il sindacato

La carenza di personale è dovuta anche al fatto che, quando possibile, medici e infermieri vengono arruolati per le vaccinazioni contro il Covid. Così però vengono sottratti ad attività fondamentali, come la diagnostica (endoscopie, ecografie), con conseguente allungamento dei tempi di attesa

Gli ospedali sono in emergenza in tutta la Penisola. In Lombardia la direttiva regionale agli ospedali è di aumentare al massimo possibile i letti Covid, riconvertendo i reparti delle altre patologie. In caso di necessità, vengono sospese tutte le attività non urgenti, chirurgiche e ambulatoriali

In Lombardia le strutture sono anche tornate a chiudere le porte ai visitatori, riporta il Corriere, a causa dell’aumento dei contagi. L’obiettivo è cercare di tutelare i pazienti ricoverati nei pochi reparti non Covid, per evitare che anche loro si contagino

In Veneto dal 14 dicembre si è deciso lo stop agli interventi chirurgici programmati che prevedono un successivo ricovero in terapia intensiva. Con questa iniziativa sono interrotte anche tutte le attività giornaliere e settimanali di intervento medico programmato. La decisione è stata presa per recuperare personale da destinare a vaccinazioni, tamponi e tracciamenti Covid, spiega la Regione

A Torino la Regione ha dato facoltà di ridurre, in base alle necessità, le prestazioni sanitarie non urgenti, con una serie di eccezioni. Ha chiesto di salvaguardare i pazienti oncoematologici e tempo-dipendenti (cardiologici, neurologici, traumatizzati)

Situazione critica anche in Campania. Da lunedì 10 gennaio è scattato lo stop ai ricoveri programmati e alle attività di specialistica ambulatoriale non urgenti in tutte le strutture sanitarie pubbliche della Regione

Nell’ordinanza, viene precisato che ci saranno eccezioni per ricoveri e visite diagnostiche “per pazienti oncologici, oncoematologici, di pertinenza ostetrica, trapiantologica, nonché delle prestazioni salvavita e di quelle la cui mancata erogazione può pregiudicare nell'immediato la salute del paziente e, pertanto, non procrastinabili”

Anche in Puglia alcuni servizi sanitari nelle strutture pubbliche sono sospesi: come si legge sul sito della Regione, sono i ricoveri programmati sia medici sia chirurgici presso le strutture ospedaliere pubbliche. “Se hai un intervento programmato o una visita prenotata sospesi a causa dell’emergenza da Covid-19, sarai ricontattato per un nuovo appuntamento”, specifica la Regione

Nel Lazio la situazione drammatica viene denunciata dal sindacato romano Nursing Up. Secondo gli infermieri, ci sono ospedali in tilt, migliaia di operatori sanitari positivi al Covid, condizioni di lavoro inadeguate, caos tra reparti e pronto soccorso al limite. Alcuni ospedali di Roma, come il Sant’Andrea, rischiano di collassare nel giro di pochi giorni

E in Sicilia sono tornate le ambulanze in coda al pronto soccorso Covid dell'ospedale Cervello di Palermo. Diversi mezzi in attesa di consegnare i pazienti, ma mancherebbero i posti letto. Da giorni la Regione sta cercando di riconvertire alcune divisioni ospedaliere negli ospedali del capoluogo in modo da destinarle a pazienti Covid

La criticità della situazione, peggiorata da protocolli non chiari, ha ripercussioni non solo nei malati cronici ma anche per chi ha bisogno di assistenza per un problema improvviso. Così a Sassari una giovane donna incinta ha perso il bambino nel parcheggio dell’Ospedale San Pietro, dopo che le è stata rifiutata una visita nonostante avesse perdite e dolori

La donna, vaccinata, avrebbe esibito il Green pass all’entrata del pronto soccorso, ma l’accesso le sarebbe stato impedito perché non aveva un tampone molecolare, presentato come requisito essenziale per poter procedere alla visita

Dopo essere stata rimandata a casa, la donna ha abortito nel parcheggio dell’ospedale. L’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari ha annunciato l'intenzione di avviare verifiche interne, mentre il Ministero della Salute ha affermato che nei prossimi giorni invierà gli ispettori per far luce sull’episodio

A parlare sono anche i numeri raccolti nell’ultima indagine di Cittadinanzattiva dedicata al Rapporto sulle politiche della cronicità, dal titolo “La cura che (ancora) non c’è”. Più di un paziente su due (il 52,4%) dichiara che con il virus sono aumentate le criticità nell'accesso alla diagnosi e cura per la propria malattia

Per il 40,5% (l'anno scorso era il 35,3%) è più difficile fare una visita specialistica a causa degli ambulatori chiusi o di liste d'attesa lunghissime, mentre un paziente su quattro denuncia la difficoltà di ricevere una diagnosi e di ottenere un ricovero sempre a causa delle code (il 39,9%)

Stabili rispetto all’anno scorso le segnalazioni di ritardi negli interventi chirurgici, che sono denunciati da un cittadino su tre. I pazienti lamentano anche una minore attenzione al dolore collegato alla propria patologia, denunciata dal 34,5%

Un cittadino su due afferma che i costi sono aumentati rispetto al periodo pre-pandemia e uno su cinque è stato costretto a rinunciare ad alcune cure perché non poteva sostenerne i costi. In totale, il 71% dichiara che la situazione è peggiorata rispetto a prima del Covid