Molti studenti delle medie sono tornati sui banchi dopo il passaggio di alcune Regioni a zone con minori restrizioni. Rimangono in didattica a distanza i ragazzi delle superiori. Ecco la situazione nel nostro Paese
Con l'ultimo bollettino del ministero della Salute che parla di 17.572nuovi casi di Coronavirus, a fronte di 199.489 tamponi effettuati, la situazione nelle scuole italiane è ancora sotto esame. Tra ipotesi di aperture e scelte di chiusura per casi di contagio, ecco la situazione
"Il 7 gennaio dobbiamo riaprire: potremo farlo se saremo prudenti e attenti a Natale e Capodanno per poi tornare alla normalità dell'anno prossimo", ha dichiarato il coordinatore del Cts Agostino Miozzo. "Spero fortemente che i tavoli prefettizi trovino le soluzioni" - ha aggiunto - "L'idea che la dad possa sostituire la presenza è una idea rimasta nella testa di qualcuno che ha tutto l'interesse a dire che la didattica a distanza va bene"
"Si sta lavorando in queste ore insieme alle Regioni, ci sarà a breve un incontro, da un lato per i trasporti, dall'altro lato per tamponi e testrapidi. Sono già partiti i tavoli con i prefetti. Se c'è da ragionare sui trasporti non lo si può fare solo dal punto di vista nazionale, ogni territorio ha le sue esigenze, i tavoli con i prefetti ci aiutano a risolvere le criticità. Inoltre come ministero abbiamo chiesto una corsia preferenziale per la scuola per i tamponi", ha detto la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina in una diretta Facebook il 16 dicembre
"Pur considerando l'epidemia, bisogna fare di tutto perchè la scuola sia in presenza: non è solo apprendimento, è anche scambiarsi un sorriso, idee, anche con la mascherina - ha proseguito la ministra - Tanti studenti stanno facendo proteste gentili, stanno chiedendo al mondo degli adulti di occuparsi di più di loro"
"Gli studenti hanno spesso una maturità e una consapevolezza che manca agli adulti. Tutti giorni penso che a voi ragazzi si stanno vietando tante cose, che non è bello per la vostra crescita e che ne soffrite ma insieme ne usciremo e questo rimarrà un brutto ricordo", ha concluso la ministra Azzolina
Anche il premier Conte è intervenuto sul tema: "C'è un grande lavoro per tornare il 7 gennaio con la didattica in presenza. Abbiamo organizzato dei tavoli con i prefetti per cercare di incrociare, rispetto alle realtà locali, i dati dei trasporti e degli orari di entrata e uscita per evitare gli orari di punta", ha sottolineato a sua volta
La richiesta dell'associazione nazionale presidi "per quanto riguarda la risalita dei contagi e le eventuali decisioni circa lo slittamento della ripresa delle lezioni in presenza" è di rimettersi a quanto "decideranno le autorità sanitarie. Chiarito questo, siamo ovviamente favorevoli a un ritorno in classe duraturo e in sicurezza, da valutare con serenità e obiettività"
Si pensa di chiudere le scuole o di non riaprirle il 7 gennaio "perché è la via più semplice e perché non sono stati risolti i problemi che dovevano essere affrontati. La verità è che siamo di fronte all'ennesimo fallimento del sistema Paese sulla scuola; non è stato fatto nulla in questi mesi: le prime responsabilità sono delle Regioni. A fare le spese della terza ondata è sempre la scuola". A sostenerlo parlando con l'Ansa è Francesco Sinopoli che guida la Flc Cgil
"Si continua a navigare a vista, nel buio e senza bussola. Non basta invocare l'apertura della scuola che ci accomuna e che va aperta al più presto possibile. Per farlo, servono idee ed interventi che lo consentano in sicurezza. Con la salute dei lavoratori e degli stessi alunni non si scherza", spiega il segretario della Uil scuola, Pino Turi
Per il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa "la scuola non è pericolosa ma è nel numero di contatti che mette in movimento che diventa un moltiplicatore significativo. Se noi però abbassiamo quei numeri la scuola come avevamo previsto si riapre. Questa è la priorità delle priorità"
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, è intervenuto in merito alla questione della ripresa delle attività didattiche in presenza: "Avremmo preferito sbagliarci - ha dichiarato - ma purtroppo la realtà dei fatti dimostra che avevamo ragione quando criticavamo il protocollo di sicurezza per il rientro in classe, che infatti non abbiamo siglato perché ritenevamo che le misure previste non fossero sufficienti né idonee"