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Turchia, si apre il processo per la strage di Capodanno a Istanbul

Mondo

Gli imputati sono 57, tra cui il presunto killer di origine uzbeka Abdulkadir Masharipov, arrestato dopo oltre 2 settimane. Per lui la Procura ha chiesto fino a 40 ergastoli aggravati. L’attacco, rivendicato dall’Isis, provocò 39 vittime e 79 feriti al nightclub Reina

Si apre a Istanbul il processo per la strage di Capodanno nella metropoli sul Bosforo. Gli imputati sono 57, tra cui il presunto killer di origine uzbeka Abdulkadir Masharipov, che fu arrestato dopo una caccia all'uomo di oltre 2 settimane. Per lui la Procura ha chiesto fino a 40 ergastoli aggravati, cioè senza possibilità di rilascio in libertà condizionata, e 2.370 anni di prigione. L’attacco di quasi un anno fa provocò 39 vittime e 79 feriti al nightclub Reina ed è stato rivendicato dall'Isis. La maggior parte degli imputati sono stranieri che avrebbero fatto parte di cellule dello Stato islamico attive in Turchia.

Allerta massima

Per Abdulkadir Masharipov la condanna all’ergastolo sembra scontata. In città e in tutta la Turchia l’allerta terrorismo è massima. La strage di Capodanno è stata l’ultima firmata dall'Isis a Istanbul. Il timore è quello di colpi di coda degli jihadisti in ritirata da Siria e Iraq.

Il piano

Lo scorso Capodanno a Istanbul l'allerta era alta come in poche altre occasioni. L'intelligence aveva segnalato il rischio attentati e le misure di sicurezza a piazza Taksim, tradizionale centro dei festeggiamenti per turchi e stranieri, erano imponenti. Masharipov questo lo sapeva. Secondo le ricostruzioni, aveva deciso di compiere un giro di ricognizione verso la piazza: si sarebbe reso conto, così, che lo spiegamento di forze rendeva impossibile far passare granate stordenti e kalashnikov. Nel tragitto verso il quartiere dove le armi erano state depositate, sarebbe passato davanti alla discoteca Reina, uno dei locali notturni più in voga ad Istanbul, affacciato sul Bosforo e da anni meta del divertimento notturno anche per gli stranieri in visita nella città. Avrebbe notato che, nonostante la vicinanza a una stazione di polizia, gli agenti non avevano predisposto alcun apparato di sicurezza. Anzi, fuori dalla discoteca c’erano solo un agente e un addetto alla sicurezza.

La strage e la fuga

Sarebbe scattato così un piano B, come ha raccontato lo stesso Masharipov agli inquirenti. L’uomo avrebbe spiegato la nuova strategia al suo capo a Istanbul, un iracheno, e ottenuto l'approvazione di Raqqa. Recuperate le armi, Masharipov è accusato di aver compiuto la strage. Poi è sparito nel nulla. Il suo corpo minuto compariva in fuga in alcuni fotogrammi di telecamere di sicurezza. Con una mano sempre in tasca, pronta a far esplodere una granata, l'uomo si è allontanato, ha trovato un taxi ed è scappato nei quartieri periferici da cui era partito. In una città di 23 milioni di abitanti, una mossa sufficiente a far perdere le proprie tracce, almeno momentaneamente.

Le ricerche

I suoi spostamenti sono stati ricostruiti attraverso l'analisi di 7.200 ore di filmati di telecamere a circuito chiuso, mentre montava l'indignazione per l’attacco. È scattata una caccia all'uomo imponente. Decine le segnalazioni di Masharipov, setacciate le comunità centroasiatiche, decine gli arresti a Istanbul, Knonya, Smirne, per fare terra bruciata attorno al fuggiasco. Per 16 giorni Istanbul ha vissuto come sospesa in un incubo, tra lo spiegamento imponente di polizia e la paura che il terrorista potesse sparire nel nulla, magari fuggire in Siria, o peggio colpire ancora facendosi saltare in aria come chi non ha nulla da perdere.

La cattura

Dopo 16 giorni la soffiata giusta. Una casalinga turca di Esenyurt, quartiere periferico di più di un milione di abitanti, ha visto e riconosciuto Masharipov e non ha esitato a chiamare la polizia. L'incubo di un'intera città è finito quando la foto del volto tumefatto dell’uomo fa il giro delle edizioni speciali dei telegiornali. Insieme a Masharipov sono stati arrestati un uomo iracheno e due donne, sequestrati 197mila dollari, pistole e munizioni. Grazie ai documenti emersi dal blitz la polizia è arrivata a un corriere dell'Isis, intercettato nel sud della Turchia con 4 chili di esplosivo Rdx destinati a tre diversi attentati. L'intero Paese tira un sospiro di sollievo.

Il mistero del figlio

Manca all'appello il figlio di quattro anni di Masharipov. La sorte del bambino costituisce ancora oggi un mistero. Secondo un'ipotesi, militanti dell'Isis lo avrebbero rapito per garanzia nei confronti di Masharipov. Secondo altri, invece, sarebbe stato lo stesso Masharipov a darlo in mano a jihadisti affinché lo portassero al sicuro, magari nei territori allora sotto il controllo del Califfato.

Gli attacchi in Turchia

Quello di Masharipov è stato l'ultimo attentato dell'Isis in Turchia, il secondo compiuto da centroasiatici dopo l'attacco all'aeroporto Ataturk del 28 giugno 2016, il settimo dello Stato islamico a partire da giugno 2015. Diyarbakir 5 morti, Suruc 31 morti, Ankara 103 morti, Istanbul 12 morti a gennaio 2016, 6 morti a marzo, 46 morti all'aeroporto prima della strage del Reina: una scia di sangue che ha costituito un trauma per il Paese e fatto capire al presidente Recep Tayyip Erdogan che l'impegno contro l'Isis non poteva più essere secondo alla lotta ai curdi del Pkk. Un anno dopo, la Turchia ancora si sente reduce da due anni terribili. Il turismo è in lenta, faticosa, ripresa. Il contraccolpo, per l'economia e l'immagine del Paese, è stato al limite del ko. Erdogan è consapevole di questo e del fatto che un altro attentato metterebbe in ginocchio l'economia per anni. Proprio questo la Turchia è decisa a giocare un ruolo di primo piano in Siria e a non dare tregua ai jihadisti all'interno dei propri confini.

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