Festa del Cinema Roma, Paola Cortellesi: "Spegnendo la cultura si spegne il Paese"

Spettacolo

Si chiude la ventesima edizione della rassegna nella capitale. La presidente di giuria traccia un bilancio positivo al microfono di Denise Negri

La sua esperienza da presidente di giuria alla Festa del Cinema di Roma si è appena conclusa (I VINCITORIIL RED CARPET FINALE). E Paola Cortellesi ne ha tracciato un bilancio decisamente positivo al microfono di Denise Negri (potete vedere il video dell’intervista in testa a questo articolo).

L'esperienza con gli altri giurati

“Ho trovato delle persone magnifiche, li stimavo e conoscendoli li ho stimati e amati ancora di più – ha detto l’attrice e regista che proprio a Roma, due anni fa, aveva lanciato la corsa inarrestabile del suo C’è ancora domani -. William (Oldroyd, regista e sceneggiatore britannico) mi ha detto che abbiamo scoperto dei nuovi amici ed è una cosa bellissima. Mi avevano detto male delle giurie, mi avevano detto che erano molto pericolose e invece no, è stata un’esperienza bellissima condivisa con delle persone meravigliose”.

La protesta sul red carpet

Cortellesi ha poi voluto raccontare la protesta di attrici, attori, registi e maestranze tenutasi sul red carpet di Roma venerdì 24 ottobre: “Se si spegne lo stimolo culturale si spegne un Paese intero – ha detto riferendosi ai tagli ai fondi per il settore annunciati dalla manovra -. Questo bisogna ricordarlo sempre. Ecco perché ieri eravamo qui insieme ad attori, attrici ma insieme alle maestranze”.

Il pensiero per le maestranze

Il pensiero va soprattutto a loro, i lavoratori dietro le quinte: “Il cinema è fatto di migliaia di lavoratori che devono essere sostenuti esattamente come le altre categorie di lavoratori. A volte purtroppo i lavoratori del cinema vengono dimenticati perché se ne sa poco, perché si vede soltanto quello che esce fuori: i red carpet, gli abiti, le cose scintillanti che creano una qualche distanza. E invece no, dietro c’è tanto lavoro di persone che hanno delle specifiche incredibili che pochi lavoratori hanno, soltanto loro, e che devono essere assolutamente sostenute”.