
Billie Holiday, 65 anni fa l’addio a una delle più grandi cantanti jazz: la sua storia
Nata il 7 aprile 1915 a Philadelphia da due genitori adolescenti, vero nome Eleanora Fagan, l'artista passò l’infanzia a Baltimora, spesso affidata a parenti o amici della madre che lavorava come inserviente in cucina o ballerina. Il padre, Clarence Holiday, era un suonatore di banjo e abbandonò presto la famiglia per seguire alcune orchestre itineranti. Nella sua autobiografia, Lady Sings the Blues (1956), Billie Holiday racconta che una volta arrivata a New York si innamorò del jazz nel salotto di un bordello

Sessantacinque anni fa, il 17 luglio del 1959, il mondo diceva addio a Billie Holiday, una fra le più grandi cantanti jazz e blues di tutti i tempi. Nata il 7 aprile 1915 a Philadelphia con il nome di Eleanora Fagan, era figlia di due genitori adolescenti. Sua madre, Sadie Fagan, era nipote di un proprietario terriero in Virginia che aveva avuto sedici figli con una sua schiava. Negli anni, Billie raccontò che il sangue misto e il colore della sua pelle la resero spesso e volentieri vittima di insulti e violenze anche all’interno della comunità afroamericana
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LE VIOLENZE - A dieci anni sua madre e il suo patrigno si lasciarono e lei andò in un riformatorio per un anno. Dopo alcuni mesi di libertà, un vicino di casa la violentò: lui finì in carcere per l'aggressione ma lei venne mandata in riformatorio per quattro mesi con l'accusa di "aver sedotto un uomo"
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NEW YORK - Tornata libera, Billie lasciò Baltimora e si trasferì a New York con sua madre, che nel frattempo aveva trovato lavoro come domestica, come racconta l'artista nella sua autobiografia, Lady Sings the Blues (1956)
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IL JAZZ - Fu in un bordello ad Harlem che Billie Holiday - raccontò poi lei stessa nella sua autobiografia - si innamorò del jazz, cominciando ad ascoltare i dischi di Bessie Smith e di Louis Armstrong e trovando conforto e ispirazione in questa musica malinconica e potente allo stesso tempo
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GLI INIZI - Nel 1929, il jazz diventò per lei un lavoro vero e proprio. Cominciò a fare la cameriera da Pod’s and Jerry’s, esibendosi come cantante per le mance. È qui che le colleghe cominciarono a chiamarla Lady (la Signora), perché a differenza loro non permetteva ai clienti di lasciarle la mancia infilandole le banconote tra le cosce
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IL NOME - Per anni Billie lavorò come cameriera continuando anche a esibirsi nei club. Così decise di farsi chiamare Billie Holiday, mettendo insieme il cognome del padre - Clarence Halliday, noto come Clarence Holiday - e il nome di un’attrice che adorava, Billie Dove

L'INCONTRO CON HAMMOND - Billie Holiday venne scoperta da John Hammond, uno dei più importanti produttori discografici degli Stati Uniti, che ha portato sotto i riflettori personaggi del calibro di Aretha Franklin, Bob Dylan e Bruce Springsteen

I PRIMI DISCHI - Con l'aiuto di Hammond, nel novembre del 1933 Billie Holiday incise i primi due dischi con l'orchestra del compositore Benny Goodman. L’anno chiave fu il 1935, anche probabilmente per il boom dei jukebox, che le case discografiche non vedevano l’ora di alimentare

LE DIPENDENZE - La sua vita cambiò grazie alla musica ma le violenze e gli abusi subìti durante l'infanzia continuarono a influenzare costantemente le sue relazioni, tanto che il dolore e la pressione la portarono a cercare conforto nell’alcol e nelle droghe

STRANGE FRUIT - Il brano che la rese famosa al di fuori dell’ambiente jazz, nonché suo cavallo di battaglia, fu Strange Fruit, composta da un insegnante ebreo comunista, Abel Meeropol, che la firmò con lo pseudonimo Lewis Allan. Lo "strano frutto" di cui parla il brano - che divise il pubblico e le procurò non pochi problemi - è il corpo di una persona di pelle nera uccisa dai bianchi e appesa a un albero

CAFÉ SOCIETY - Presto soprannominata Lady Day, trovò l’ambiente ideale per la prima esecuzione di Strange Fruit nel nuovo nightclub di New York Café Society, che aveva un pubblico in cui etnie e classi sociali si mischiavano al ritmo di musica

UN INNO ALLA LOTTA PER I DIRITTI - Nessuna canzone come Strange Fruit ebbe un impatto così forte sulla società prima di allora, e per questo è considerata il primo vero inno della lotta per i diritti civili. (Nella foto Ben Webster, Billie Holiday e Johnny Russell)

NEL MIRINO - Cantare questa canzone fu un gesto di coraggio che procurò a Billie Holiday tanti ammiratori e ancor più nemici. Subito dopo la prima esecuzione del brano, nel 1939, il direttore del Federal Bureau of Narcotics, Harry Aslinger, notoriamente razzista, le ordinò di non eseguire più la canzone. L'artista rifiutò di obbedire e Aslinger la fece pedinare per sorprenderla mentre acquistava stupefacenti, cosa che poi successe e costò a Holiday 18 mesi di carcere

TROPPO NERA O TROPPO BIANCA - Nell'autobiografia Billie Holiday racconta che per esibirsi con l’orchestra di Count Basie si era dovuta scurire il volto con del cerone nero perché la sua pelle troppo chiara avrebbe potuto farla passare per bianca sotto ai riflettori. In altre occasioni, al contrario, venne derisa e insultata per essere l’unica persona nera nell’orchestra di Art Shaw

IL DECLINO - Nel maggio del 1947 Billie Holiday venne arrestata per possesso di stupefacenti e condannata a un anno e un giorno di reclusione. Una volta uscita, le revocarono anche la Tessera Cabaret, senza la quale non poté esibirsi nei club per molto tempo. Fu poi arrestata altre volte, l'ultima nel 1959 pochi mesi prima della sua morte. Il film del 2021 Gli Stati Uniti contro Billie Holiday, diretto da Lee Daniels, tratta proprio dell’accanimento del governo Usa nei confronti della cantante e di come abbia cercato di mettere a tacere la sua voce
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