U2, la lettera contro le azioni di Israele a Gaza

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Bono Vox, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. hanno rotto il silenzio sul conflitto tra Israele e Hamas in corso nella Striscia di Gaza: "Vogliamo che il nostro pubblico sappia da che parte stiamo"

I membri degli U2, Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr., hanno condiviso su Instagram e sul sito web della band le proprie dichiarazioni individuali sul conflitto tra Israele e Hamas in corso nella Striscia di Gaza. “Tutti sono da tempo inorriditi da ciò che sta accadendo a Gaza, ma il blocco degli aiuti umanitari e ora i piani per una presa militare di Gaza hanno portato il conflitto in un territorio inesplorato. Non siamo esperti di politica della regione, ma vogliamo che il nostro pubblico sappia da che parte stiamo”, hanno scritto.

BONO VOX: "HAMAS NON È IL POPOLO PALESTINESE"

Bono ha innanzitutto riflettuto sugli attacchi del 7 ottobre 2023 sferrati contro Israele da Hamas, il gruppo militare islamista palestinese che governa la Striscia di Gaza. Ha poi parlato del lavoro della sua organizzazione, ONE, che combatte l’AIDS e l’estrema povertà in Africa. Finora, il cantante aveva ritenuto che la sua "esperienza dovesse concentrarsi sulle catastrofi che affliggono quel lavoro e quella parte del mondo”, ma adesso ha riconosciuto che “non c’è gerarchia in queste cose”. Sono tanti, infatti, i bambini affamati nella Striscia di Gaza. “Quando la perdita in massa di vite umane non combattenti appare così calcolata... soprattutto la morte di bambini, allora “male” non è un aggettivo esagerato”, ha scritto. “Nel testo sacro di ebrei, cristiani e musulmani è un male al quale bisogna resistere”. In seguito, Bono ha condannato l’ex guida di Hamas, Yahya Sinwar, e ha definito gli attacchi del 7 ottobre “una trappola diabolica per Israele e un modo per scatenare una guerra che avrebbe potuto ridisegnare la mappa “dal fiume al mare”. Una scommessa che la leadership di Hamas era disposta a giocare con la vita di due milioni di palestinesi... per gettare i semi di un’intifada globale che gli U2 avevano intravisto all’opera a Parigi durante l’attacco al Bataclan nel 2015”. Ha proseguito: “Nei mesi successivi, mentre la vendetta di Israele per l’attacco di Hamas appariva sempre più sproporzionata e disinteressata alle vite civili altrettanto innocenti di Gaza... Mi sentivo nauseato come tutti”. In fondo, “speravo che Israele tornasse alla ragione. Stavo inventando scuse per un popolo segnato e plasmato dall’esperienza dell’Olocausto”. Dall’altro lato, “ho anche capito che Hamas non è il popolo palestinese... Un popolo che per decenni ha sopportato e continua a sopportare l’emarginazione, l’oppressione, l’occupazione e il furto sistematico della terra che gli appartiene di diritto”. E ancora: “Sappiamo che Hamas usa la fame come arma in guerra, ma ora lo fa anche Israele e provo repulsione per questo fallimento morale. Il governo di Israele non è la nazione di Israele, ma il governo di Israele guidato da Benjamin Netanyahu oggi merita la nostra condanna categorica e inequivocabile”. Bono ha concluso la nota sostenendo “la soluzione dei due Stati” e ribadendo la solidarietà degli U2 “con il popolo palestinese che cerca sinceramente una via di pace e di coesistenza con Israele e con la sua legittima richiesta di indipendenza”. Ha infine esortato i cittadini israeliani a chiedere l’accesso delle organizzazioni umanitarie a Gaza e in Cisgiordania per fornire le cure necessarie. Nel frattempo, gli stessi U2 effettueranno donazioni all’organizzazione benefica britannica Medical Aid for Palestinians.

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CONDANNARE IL SILENZIO

Le dichiarazioni di The Edge, Clayton e Mullen Jr. hanno rispecchiato quelle di Bono. Tutti e tre, infatti, hanno condannato sia Netanyahu, sia Hamas, e hanno chiesto di inviare aiuti a Gaza. The Edge, inoltre, ha apertamente definito la crisi “un test della nostra umanità condivisa” e ha aggiunto che “se l’obiettivo finale è l’allontanamento dei palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania per far posto a un “grande Israele”, allora questa non è pace: è espropriazione; è pulizia etnica e, secondo molti giuristi, genocidio coloniale”. Ha poi rivolto tre domande al primo ministro israeliano, chiedendo informazioni sul suo progetto politico se rifiuta la soluzione dei due Stati e avvertendo che “non c’è pace senza giustizia, né riconciliazione senza riconoscimento”. Clayton ha invece definito la crisi umanitaria “una vendetta contro una popolazione civile che non è responsabile dell’attacco omicida di Hamas del 7 ottobre” e ha ricordato che “preservare la vita dei civili è una scelta”. Infine, pur riconoscendo il diritto di Israele a difendersi, Mullen Jr. ha definito “disumano e criminale” l’uso della carestia come arma di guerra, e ha invitato a non restare in silenzio.

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