Superman, la recensione del film di James Gunn tra Kripto, Lex Luthor e nostalgia pop

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Superman, diretto da James Gunn, torna al cinema nel 2025 con un Uomo d’Acciaio luminoso tra nostalgia, ironia e cuore. Questa recensione esplora trama, cast e le 2 scene post-credit del primo film del nuovo DC Universe. David Corenswet indossa il mantello di Superman, Rachel Brosnahan brilla come Lois Lane, Nicolas Hoult incarna un Lex Luthor spietato. Con Kripto, Justice Gang, multiverso e le note di John Williams, un cinecomic che riscopre la gentilezza e riprende il volo

Superman 2025 di James Gunn arriva al cinema riportando l’Uomo d’Acciaio sul grande schermo tra Kripto, Lex Luthor e un ritorno alla gentilezza. In questa recensione analizziamo trama, cast e perché questo cinecomic DC sorprende.

Un cane chiamato Kripto (e Bukowski)

“L’amore è un cane che viene dall’inferno”, pontificava l'immenso e sempre sbronzo Charles Bukowski. Ma l’aforisma non vale se vieni da Krypton, ti chiami James Gunn e devi dirigere il nuovo film del DC Universe. Forse è per questo che in Superman, nelle sale dal 9 luglio, è Kripto, il migliore amico dell’Uomo d’Acciaio, a salvare Kal-El da una dolorosa morte per assideramento. Già dall’incipit capisci che il film ha fatto ciaone ai toni crepuscolari, dolenti, grondanti sangue e sensi di colpa delle precedenti opere tratte dai fumetti DC.

D’altronde questo è il primo lungometraggio del nuovo DC Universe (DCU) firmato Gunn: persino la Fortezza della Solitudine, incastonata tra i ghiacci eterni e polari, qui diventa un locus amoenus, un posto dove potresti quasi volerti fermare per un drink, se non temessi di congelarti le sopracciglia. Persino i poderosi droidi kryptoniani, benché privi di coscienza, sembrano possedere un bizzarro senso dell’umorismo, e non è escluso che in quella roccaforte di ghiaccio possa apparire, decisamente in hangover dopo serate in altri universi, qualche parente di Kal-El, il supereroe che in Italia chiamavano Nembo Kid. Pare che i kryptoniani possano ubriacarsi solo su pianeti illuminati da un sole rosso, ma chissà: forse anche tra quei cristalli di ghiaccio, un attimo prima di ripartire a volare, riescono a concedersi un momento di umanissima vertigine.

“Ma Superman 2025 non è solo un ritorno al colore e all’ironia: è anche un viaggio dentro i sogni (e le paure) di chi ha sempre guardato il cielo chiedendosi se, in mezzo alle nuvole, ci sia ancora spazio per un eroe gentile.

Luna park della memoria e l’eredità di Richard Donner

Si scherza tanto in questa amena pellicola. Superman sfoggia pure gli short rossi e ci spiegano, con un sorriso di sorniona leggerezza, perché nessuno lo riconosca quando indossa i completi tristanzuoli di Clark Kent: il segreto è negli occhiali, certo, ma soprattutto negli occhi dello spettatore. Perché la sospensione dell’incredulità, al pari della bellezza, alberga sempre nell’occhio di chi guarda.

Il film è un festoso biglietto d’ingresso al luna park della memoria, ai film di Richard Donner, a partire dai titoli di testa che utilizzano lo stesso font della pellicola del 1978, quel “Superman font” serif che illumina la sala come la S sul petto di David Corenswet, che qui è il Superman più alto dai tempi di Christopher Reeve, con 18 chili di muscoli in più addosso e uno sguardo che sa alternare possanza e ingenuità.

 

Un Superman che conosce i social (e li sfida)

Il film gioca con l’eredità Donner, ma sa benissimo in che anno siamo, in un’epoca dove la soglia di attenzione è più ridotta del bikini di una concorrente di un reality americano, e ti butta subito nell’azione anche se si tratta di un reboot. Lois Lane conosce la vera identità di Superman, e va bene così. Ormai non puoi fare a meno di rappresentare i social se realizzi un cinecomic, e Superman sdogana la shitstorm con abilità: l’alieno diventa la vittima predestinata della schadenfreude collettiva, popolare quanto un banchetto di hot dog a Times Square.

Ma il film svicola la demonizzazione corriva di Instagram e compagnia cantante, e alla fine – parafrasando la pubblicità di una compagnia telefonica anni ’90 con Massimo Lopez – sarà un selfie a salvare la vita e, financo, il mondo intero.

 

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Un Long Island in un tumbler (e un mostro sputafuoco)

Superman è un Long Island servito in un tumbler versione extralarge: c’è di tutto e tutto si storce, persino un mostro sputafuoco, cugino stralunato di Godzilla, che compare a sorpresa. Gunn ha citato proprio Godzilla Minus One come ispirazione per l’equilibrio tra kaiju, robot e dramma umano. Ma fa parte del fascino di un film che se ne frega di essere “cool” a tutti i costi, riportando in scena anche Eve Teschmacher, nata per il cinema, e ricordandoci che si possono indossare tacchi, la minigonna, sembrare una Bimbo Girl e avere molti assi nella manica, come aveva già svelato la serie tvHigh Potential, remake americano della serie Morgane – Detective Geniale.

Altro punto di forza è la Justice Gang: Lanterna Verde sfoggia un haircut da codice penale ma è un vero castigamatti, Mister Terrific conquista con la sua genialità tutta scienza e zero empatia, Hawkgirl è determinata come una guerriera che non piega le ali, e Metamorpho aggiunge un tocco da B-movie anni ’50, ma con ironia e leggerezza.

Lex Luthor e la solitudine dell’Uomo d’Acciaio

La sorprendente novità è che Lex Luthor, più invidioso dello Jago immortalato da William Shakespeare, interpretato da un Nicolas Hoult davvero perfetto nella parte del villain geniale e psicotico, ha un esercito di umani fedeli immenso e sparso per il globo terracqueo, mentre Superman è solo come un cane. Per fortuna, come dicevamo, quel cane ce l’ha davvero: Kripto, che ruba la scena, un’idea nata dal vero cane di Gunn, scansionato in 3D e trasposto in CGI per affiancare Kal-El.

 

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David Corenswet e Rachel Brosnahan: Superman e Lois Lane

Per gli appassionati di fantascienza e fumetti DC, ci sono anche l’universo tascabile, i buchi neri, gli squarci temporali, i folletti dimensionali, i riferimenti alle saghe classiche. E quando in sala torna a vibrare il tema di John Williams, lo fa con quella malinconia che sa trasformarsi in propulsione verso il futuro.

David Corenswet è un ottimo Big Blue Boy Scout, capace di incarnare il Superman che torna a sorridere, mentre Rachel Brosnahan è fantastica nei panni della signora Maisel e, ora, di Lois Lane. Magari il Daily Planet non sarà la replica perfetta di una vera redazione giornalistica, ma accidenti, siamo a Metropolis, non al New York Times.

 

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La scena post-credit?  due sequenze sono meglio di una

Molti si chiedono se Superman 2025 abbia scene post-credit. La risposta è sì, e non sono lì per strizzare l’occhio all’algoritmo di TikTok, ma per sussurrare al cuore di chi, da bambino, sognava di spiccare il volo anche solo con un asciugamano annodato al collo.

La prima scena post-credit è breve e luminosa come un haiku galattico: Clark, abbracciato a Kripto, siede sulla luna e osserva la Terra. Un momento sospeso tra silenzio e gravità, un omaggio a All-Star Superman di Grant Morrison, che sembra ricordarci che persino l’Uomo d’Acciaio ha bisogno di fermarsi a guardare il pianeta che prova a proteggere.

Poi, la gag finale, incastonata dopo tutti i credits come un sorriso post-sipario, ci regala un siparietto tra Superman e Mr. Terrific: l’Uomo d’Acciaio, con quella pazienza da contadino del Kansas, si lamenta delle crepe ancora ben visibili su un palazzo di Metropolis, reduce dalle battaglie che scuotono i grattacieli come canne al vento. Mr. Terrific lo ascolta, serissimo, e per un attimo tutto diventa commedia leggera, come se anche i supereroi potessero preoccuparsi delle piccole imperfezioni dopo aver affrontato cataclismi cosmici.

Un Superman dal volto umano (e un mondo da salvare)

Certo, la realtà confusa e tragica fa capolino anche in un’opera pulp e scanzonata come Superman. Boravaia, l’immaginaria nazione dell’Est Europa pronta a invadere e “liberare” Jarhanpur, un Paese vicino, richiama l’attualità che vediamo ogni giorno nei telegiornali. Ma alla fine, quello che resta – oltre a un intrattenimento ben fatto e spassoso che evita tanti cliché che ammorbano i cinecomic degli ultimi anni – è un Superman dal volto umano.

Un Superman che si permette persino di sfoggiare gli short rossi senza paura del ridicolo, che accarezza Kripto tra una scazzottata cosmica e l’altra, che accetta le proprie paure e le proprie imperfezioni. E che, nonostante tutto, continua a planare sopra Metropolis (e sopra di noi) con un sorriso che sa di futuro.

D’altronde, se il mondo scoppia e la Fortezza della Solitudine è un “locus amoenus” congelato tra i ghiacci, cosa può fare un alieno cresciuto in Kansas se non provare a difendere anche solo un piccolo frammento di bellezza? Magari prendendosi un momento per ascoltare i Mighty Crab Joys, quel fittizio gruppo musicale che campeggia come poster nella Smallville Room di Superman, mentre si stringe nel mantello per ripararsi dal freddo dell’indifferenza umana.

E se non bastasse, c’è sempre un cameo di Will Reeve (sì, il figlio di Christopher Reeve) a ricordarci che il mito non è morto, ma si è trasformato in sorriso, memoria e cinema. E che in fondo, come raccontano le pagine nascoste delle cronache kryptoniane, anche Superman può inciampare, anche Superman può piangere, e anche Superman puo perdere una battagliia o finire sfigurato da un overdose di kryptonite.

Perché, alla fine, la vera rivoluzione in questi tempi ostili, egoisti e ripugnanti è la gentilezza. Il vero punk rock è trovare la bellezza ovunque, persino in una canzone dei Mighty Crab Joys, il fittizio gruppo musicale che campeggia come poster nella Smallville Room di Superman.

Perché non importa quello che hanno pensato per te i tuoi genitori. Ciò che conta è diventare ciò che sei.

Come recitava il vecchio jingle radiofonico degli anni Quaranta:

“Cielo! Su nel ciel! Guarda! È un uccello! È un aereo! È Superman.”.”

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Superman, Clark Kent e Lois Lane si scontrano nel film. VIDEO

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