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Il Gladiatore 2, un sequel spettacolare con Paul Mescal. La recensione del film

Cinema

Paolo Nizza

Ridley Scott torna nell’arena per raccontare la Roma antica trasfigurata da  Hollywood, tra congiure, imperatori, matrone, gladiatori, scimmie, rinoceronti e squali. Nel cast anche Pedro Pascal, Denzel Washington e Connie Nielsen. Al cinema dal 14 novembre

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Svetonio non abita qui.  La popolare invocazione: “Aveimperatormorituri te salutant” («salve, imperatore, ti salutano quelli che vanno a morire») non riecheggia per l’eternità. In Il Gladiatore 2 tutto viene dimenticato con il tempo. Cadono gli imperi e gli imperatori. Non è più il tempo di scatenare l’inferno. Ridley Scott torna nell’agone, a più di vent’anni di distanza dal film interpretato da Russell Crowe, per trasfigurare la Roma dei Cesari in un policromatico Tableau Vivant dell’America contemporanea. Il mito è morto. Il sogno americano, invece, pure. Lucio Vero è l’eroe che ci meritiamo, mentre Massimo Decimo Meridio era quello di quello di cui avevamo bisogno nel 2000. Sicché per godersi appieno lo show di questo sequel rutilante e fragoroso, traboccante di sequenze inconfutabilmente spettacolari, è necessario dimenticarsi della pellicola vincitrice di cinque premi Oscar alla 73ª edizione degli Academy Awards. Come si suol dire a Hollywood e dintorni: That’s Entertainment. 

In Il Gladiatore 2, La vendetta non è un piatto che va servito freddo

Gli sbalorditivi titoli di testa realizzati dal talentuosissimo artista sanmarinese Gianluigi Toccafondo ci riassumono egregiamente l’epopea dell’Ispanico. Le gesta del primo Gladiatore sono l’effige di un glorioso passato. Siamo nel 200 dopo Cristo, vent'anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio. Lucio Vero, figlio di Lucilla e nipote dell’imperatore Marco Aurelio, vive nella calda Numidia insieme ad Arishat, sua amatissima sposa. Il giovane ha dimenticato Roma, ma Roma non si è dimenticata di Lui. Sotto la guida del generale Acacio, l’impero rivendica quei territori. E Lucio si ritroverà in catene, prigioniero di guerra, venduto al mercante Macrino e costretto a combattere nell’arena come gladiatore per sollazzare gli svalvolati fratelli Geta e Caracalla e la loro corte, più dissoluta e debosciata di quella del Teofilatto Dei Leonzi di L’Armata Brancaleone. Tuttavia, a differenza di quello che recita il noto proverbio Klingon, per Lucio la vendetta non sarà un piatto servito freddo.

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Tra l'Eneide, i Sex Pistols e Coriolano di Shakespeare

"Scendere agli Inferi è facile: la porta di Dite è aperta notte e giorno; ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo qui sta il difficile, qui la vera fatica.”

La citazione, tratta dall’Eneide di Virgilio, racchiude tutto l’epos di Il Gladiatore 2.  Paul Mescal (già apprezzatissimo in Estranei) si cala per la prima volta in un ruolo in cui il pensiero cede all’azione.  Con il pettorale adornato dai due cavalli chiamati Argento Scatto e reso celebre da Massimo Decimo Meridio, non sfigura. Un combattente gagliardo e sensibile. L’importante, come già detto, è evitare qualsivoglia paragone con Russell Crowe. Questo è un altro campionato, un’altra battaglia, un altro mondo, Pedro Pascal, da Wonder Woman 1984 alla serie tv The Last of Us già avvezzo al genere action, funziona come villain che alla fine non si rivelerà tale. Come cantava Loredana Berte “dedicato ai cattivi che poi così cattivi non sono mai”. Certo il personaggio più strutturato e affascinante risulta il Macrino interpretato da Denzel Washington. L’ambizioso impresario di gladiatori che ricorda certi politici d’oltreoceano. Non a caso pronuncia queste parole: “Ero schiavo e ora controllo l’Impero. Dove se non a Roma può accadere tutto questo?“ Un accorto stratega che confida nella violenza come linguaggio universale.  Un nequitoso spin doctor che vince facile, in una corte presieduta da una coppia di imperatori che per stessa ammissione degli attori che li interpretano, ovvero Joseph Quinn e Fred Hechinger, ricordano Sid Vicious e Johnny Rotten dei Sex Pistols. In questo universo marcatamente maschile, si palesa Connie Nielsen che torna a vestire la preziosa tunica di Lucilla e conferma la sua innata classe, con qualche accenno che rimanda a Coriolano di Shakespeare. Alla fine, il Bardo ci mette sempre lo zampino

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Nuotando con gli squali al Colosseo

Sfoggiare la propria occhiuta erudizione e financo dilettarsi a enumerare la schidionata di anacronismi e inesattezze storiche presenti in Il Gladiatore 2 risulta un esercizio sterile. Ridley Scott non ha diretto un documentario griffato History Channel. Peraltro, persino Sergej Michajlovič Ėjzenštejn in La corazzata Potëmkin modifico svariati dettagli dell’ammutinamento dell’equipaggio della nave russa avvenuto nel 1905. Per cui non resta che abbandonarsi al al piacere (niente affatto colpevole) di sguazzare insieme agli squali nel Colosseo trasformato in piscina per l’incredibile Naumachia dedicata alla celeberrima battaglia di Salamina.  Infruttuoso domandarsi a quale famiglia appartengano le scimmie mannare che il temerario Lucio affronta, con ferina baldanza, a mani nude. Trattasi di animali appartenenti alla criptozoologia. Scott è dai tempi del suo lungometraggio di esordio, I Duellanti (1977) che manda l’immaginazione al potere. Ciò che conta è che la tenzone appassioni e intrattenga perché il Gladiatore 2 ha più affinità elettive con un Cinecomic che con un dramma storico. E questo non rappresenta necessariamente un male. 

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UN film di fantascienza ambientato nel passato

Insomma, come è accaduto per il Satyricon di Fellini (al netto delle incommensurabili differente tra le due opere), Il Gladiatore 2 è un film di fantascienza ambientato nel passato. In un caleidoscopio di triremi, bicipiti, toghe, rinoceronti, occhi bistrati, spade, coppe, bastoni, danari, la pellicola fa il suo gioco e vince la partita. Perché nemmeno il futuro è più quello di una volta.

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