Joker: Folie à Deux, un sequel inaspettato con Lady Gaga. La recensione del film

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Joaquin Phonenix e Stefani Joanne Angelina Germanotta, in una sorprendente opera dark incentratata su Arthur Fleck e sul suo alter ego truccato da clown. Tra animazione, dramma carcerario, thriller processuale e melò, il regista Todd Philllips firma un coraggioso lungometraggio in cui la musica e la danza sono protagonisti. Al cinema da mercoledì 2 ottobre

Il villain più famoso della DC Comics torna al cinema a partire da mercoledì 2 ottobre, dopo essere stato presentato  in concorsoa Mostra del cinema di Venezia 2024. Joker: Folie à Deux non ha vinto alcunché al lido, mentre nel 2019, il primo film, sempre diretto da Todd Phillips vinse il Leone d’Oro. Ma il principe pagliaccio febbricita per il rischio, smania per le missioni impossibili, insomma,  That's entertainment, perché come nel celebre noir con Humphrey Bogart e Liizabeth Scott: Solo chi cade può rirsorgere. Quando la follia si fa dura, i folli iniziano a folleggiare. Ça va sans dir questo sequel potrà pure non piacere (ci mancherebbe, il dissenso è legittimo in ogni campo), tuttavia non si tratta certo di una mera operazione di marketing. Tutto si può dire del film, tranne che l’opera sia furba, o peggio, sceneggiata da Mister Algoritmo e diretta da Miss Google Trends.

Tra sogno e realtà, la trama del film

Vedere Joker: Folie à Deux è come prenotare una vacanza alle Seychelles e ritrovarsi sulle vette innevate di Aspen. Già l’incipit è una sorta di elettroshock. Un delizioso cartone animato vintage in stile Looney Toones, con Artur Fleck in versione Joker in lotta con la sua ombra malvagia, per decidere chi dovrà esibirsi nello show, mentre in camerino campeggia la foto del defunto Murray Franklin. Un Killing Joke che schiude i cancelli dell’Arkham Hospital dove Arthur è rinchiuso in attesa di essere processato per l’omicidio di cinque persone (il mondo ignora che il detenuto ha soffocato la madre malata con un cuscino). Piove che Dio, o chi per lui, la manda, in quel manicomio plumbeo e soffocante. La prima battuta pronunciata nel film è di Phoenix: “Posso avere una sigaretta”. Si fuma come se non ci fosse un domani in questo film, forse perché molti personaggi un futuro non ce lo avranno. Obnubilato dai farmaci, Joker pare un dead man walking, il rischio di finire fritto su una sedia elettrica è altissimo. Sulla tragica vicenda di Artur hanno pure fatto un tv movie, ma lui non lo ha mai visto. Non glielo hanno permesso. Invece, il detenuto incrocia Lee Quinzell, nota ai più come Harley Quinn. A volte è sufficiente un attimo perché le cose cambino. Per la prima volta Fleck si sente visto (si sa: essere è essere percepiti) compreso e addirittura amato. Mentre il suo avvocato punta tutta la difesa sull’infermità mentale per evitare la morte per il suo assistito, Joker si perde in un mondo di fantasia, danza e musica, e fuori dal manicomio e dal tribunale, la folla lo idolatra come un leader rivoluzionario. Ma il pubblico ministero Harvey Dent (che un giorno si trasformerà nel villain Due Facce) è deciso a far condannare Arthur alla pena capitale. Sarà la giuria a emettere il verdetto. Ma talvolta il futuro si manifesta oltre l’aula di un tribunale.

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La musica come personaggio aggiunto

Già nella pellicola del 2019, Arthur aveva una musica in testa, una confusa e (in)felice compilation che si esplicava in qualche solitario balletto. Invece in Joker: Folie à Deux, le note e le voci si trasfigurano in una sinfonia, in una coreografia, in un autentico show. La colonna sonora è un coro greco, un personaggio aggiunto. E sono le canzoni, che con ogni probalità il pluriomicida ascoltava insieme alla madre. Joaquin Phoenix e Lady Gaga reinterpretano quei classici in maniera originale e divina: da That’s Entertainment a Gonna built a Mountain. Le spensierate hit di Judy Garland, di Sammy Davis jr, di Frank Sinatra abbattono le mura, aprono le gabbie. Solo che non si può evadere da se stessi. Noi stessi siamo in nostri demoni. E  sarà una risata che ci seppelirà, men te sinistri echi della rivolta di Capitol City, rieccheggiano tra urla, strepiti e fan svalvolati e  pernicioso. in Un paio di anni fa il nome Arthur Fleck colpi Gotham come un uragano. Ma ora  Joker o non è più solo. E forse darà al pubblico quello che il pubblico vuole, ammesso che il pubblico sappia davvero cosa vuole.

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Il mondo è un palcoscenico

Il corpo scheletrico di Joaquin Phoenix (dimagrito a dismisura per il film) ferisce lo schermo con le sue clavicole puntute, quella colonna vertebrale pare sul punto si squarciare la schiena dell’aspirante comico. Solo nei sogni smette di piovere a Gotham. La cella sfuma in un club. Il mondo diventa un palcoscenico. La biacca e il rossetto coprono ogni fragilità, ogni psicosi. Tra smoking e abiti in lungo, Joker e Harley ballano il loro appassionato valzer. Chissà se sarà l’ultimo? Incombe l’incubo di un requiem, di una marcia funebre. Quindi vai con il trucco e il parrucco. Si va in scena. Abbiamo bisogno di maschere per dimenticare chi siamo. A furia di indossarle, non sappiamo più cosa sia reale. E se l’Harley Quinn di Lady Gaga è molto più simile all’eroina di una pièce di Tennessee Williams che a una componente della Suicide Squad, il film pare attraversare ogni genere cinematografico tranne il cinecomic, ma non è necessariamente un male. Todd Phillips rischia tutto, demitizza. Magari nessuno dopo questo sequel avrà voglia di mascherarsi da Joker ad Halloween. Perché questo sequel è, in buona sostanza, la storia di Arthur e non del più pericoloso antagonista di Batman. Il riso del pagliaccio si trasforma in pianto sul suo amore infranto. Come diceva Fassbinder: i film liberano la testa. E la speranza è che Joker: Folie à Deux ci liberi per sempre dai sequel fotocopia. Pure il Joker dei fumetti e delle graphic novel sarebbe d’accordo.

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