
Capitol Hill, un anno fa l'assalto dei sostenitori di Trump: ecco cosa accadde
Nel pomeriggio del 6 gennaio 2021 un gruppo di manifestanti fece irruzione al Campidoglio dove si stava certificando il risultato delle elezioni presidenziali statunitensi, vinte da Joe Biden. Infervorati dalle parole di Trump, che era tornato a ribadire la tesi più volte smentita delle elezioni truccate, crearono uno stato d’allarme tale da spingere l’attuale presidente a parlare di “terrorismo domestico”. Dagli arresti all'apertura della procedura di impeachment: la scia di eventi innescati dall'assalto

Giovedì 6 gennaio ricorre il primo anniversario dell’assalto al Congresso statunitense da parte dei sostenitori dell’ex presidente Donald Trump. Un evento drammatico che fece temere per la sicurezza dei parlamentari e, più in generale, per la stabilità del Paese, minacciato da un nuovo terrorismo di tipo "domestico", come arrivò a definirlo Joe Biden in un discorso pochi giorni prima del suo insediamento
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L’assalto al Congresso, su cui sta tuttora indagando una commissione d’inchiesta, incominciò nelle prime ore del pomeriggio, quando in Italia era notte. Migliaia di sostenitori di Donald Trump si erano riuniti a Washington per una manifestazione: l’allora presidente uscente non accettava la sconfitta alle elezioni e ripeteva da settimane che il voto era stato truccato
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“Non ci arrenderemo mai, fermeremo il furto dei voti”, aveva detto Trump nel comizio. “Siamo giunti qui per chiedere che il Congresso faccia la cosa giusta e che conti solo gli elettori che sono stati nominati legalmente”. E ancora: “Se Mike Pence fa la cosa giusta vinciamo le elezioni. La presidenza appartiene agli americani"
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Il riferimento a Mike Pence non era casuale. Proprio quel giorno, il suo vice stava presiedendo la sessione congiunta del Congresso convocata per ratificare il risultato delle elezioni. Nel comizio, Trump gli aveva chiesto di mostrare un “coraggio estremo”, ma Pence rifiutò. “La mia valutazione”, scrisse, “è che il giuramento fatto di sostenere e difendere la Costituzione mi impedisce di rivendicare l'autorità unilaterale di determinare quali voti elettorali debbano essere contati e quali no”
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La seduta fu comunque interrotta. Poco dopo le 14, centinaia di rivoltosi che si erano staccati dalla manifestazione ufficiale riuscirono a superare i blocchi della polizia e a occupare l’edificio, arrivando fino alle aule dove erano riuniti i parlamentari, evacuati in tutta fretta. Alcune delle persone che avevano fatto irruzione al Congresso erano armate, altre avevano bandiere e gadget che mostravano il loro sostegno a Trump
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Su tutti, spiccava un uomo con il volto dipinto, un copricapo con pelo e le corna, il petto scoperto e una lancia con appesa la bandiera degli Usa. Soprannominato dapprima “lo sciamano”, divenne il simbolo della protesta e lasciò un messaggio al vice presidente Mike Pence: "È solo questione di tempo, la giustizia sta arrivando"

Non fu l’unico ad occupare uffici e a lasciare messaggi minatori, come si vide fin da subito dalle immagine pubblicate sui social. Un altro uomo - Richard ‘Bingo’ Barnett - si fece ritrarre coi piedi sopra la scrivania della Speaker della Camera, Nancy Pelosi

Un altro uomo rubò il leggio della parlamentare e si fece fotografare mentre lo portava via sottobraccio, sorridente

L’irruzione non si limitò agli atti vandalici. Nel Campidoglio continuarono gli scontri con la polizia, ci furono lanci di lacrimogeni e spari che causarono la morte di una manifestante. La deputata Alexandria Ocasio-Cortez, che quel giorno si trovava nell’edificio, raccontò alcuni giorni dopo di aver temuto per la sua vita e quella dei suoi colleghi

Biden, che allora non era ancora presidente ma lo sarebbe diventato due settimane dopo, intervenne in diretta televisiva per condannare l'attacco, definendolo un "assalto alla democrazia" e "terrorismo domestico". Trump, invece, commentò la vicenda sui social invitando i manifestanti a tornare a casa, continuando tuttavia a sostenere la stessa tesi delle elezioni truccate che aveva infervorato i manifestanti

"Lo so che siete feriti, ci hanno rubato un'elezione che abbiamo vinto a valanga e lo sanno tutti. Ma dovete andare a casa ora. Dobbiamo avere pace, ordine, legalità e rispettare", scrisse senza tuttavia condannarli. "Andate a casa, siete speciali, vedremo cosa accadrà". In seguito altri tweet, uno dei quali recitava: "Questo succede quando una vittoria a valanga viene brutalmente strappata a patrioti trattati ingiustamente per troppo tempo"

La gravità di quanto stava succedendo e la scelta di Trump di continuare a sostenere una tesi più volte smentita causarono anche la reazione delle compagnie dei social network. Twitter aggiunse dapprima una postilla alle dichiarazioni del presidente, vietando agli utenti di ritwittare i post "a causa del rischio di violenze”. Poi rimossero le dichiarazioni incriminate, così come Facebook e Youtube che eliminarono i video

“Si tratta di una situazione di emergenza e stiamo adottando misure di emergenza appropriate, compresa la rimozione del video del presidente Trump", scrisse su Twitter il Vp Integrity di Facebook Guy Rosen. Alla fine, i social bannarono il tycoon

L’assalto al Congresso si chiuse dopo tre ore dal suo inizio, con decine di feriti e la morte di cinque persone, una delle quali spirò due giorni dopo l’attacco: si trattava di un agente. Tutte le altre persone decedute erano arrivate da varie parti del Paese per contestare il risultato delle elezioni. Si trattava di Ashli Babbitt, veterana dell'aeronautica 35enne, residente a San Diego (California); Benjamin Phillips, 50 anni, arrivato da Ringtown (Pennsylvania); Kevin Greeson, 55 anni, di Athens (Alabama); Rosanne Boyland, 34 anni, giunta da Kennesaw (Georgia)

Il risultato delle elezioni venne infine ratificato il 7 gennaio, dopo 14 ore di seduta. Lo stesso giorno Donald Trump pubblicò un video in cui condannò l’assalto e disse che Joe Biden sarebbe stato il prossimo presidente degli Stati Uniti, ammettendo di fatto la sconfitta. Un netto cambio di registro dovuto, secondo i media americani, alla possibilità che fosse rimosso dal suo incarico in anticipo con l’attivazione del 25esimo emendamento

Questo scenario, alla fine, non si realizzò. Trump rimase in carica fino all’ultimo giorno e lasciò infine la Casa Bianca in aereo, evitando di partecipare all’insediamento del suo successore. In compenso, un mese dopo l’attacco, iniziò un nuovo processo di impeachment a carico dell’ormai ex presidente

Nel primo, Trump era stato accusato di aver ricattato il presidente presidente ucraino Volodymyr Zelensky per ottenere materiale imbarazzante su Joe Biden. Accusa dalla quale venne poi assolto dal Senato a maggioranza repubblicana. Stavolta doveva rispondere di avere incoraggiato l’attacco al Congresso

Il processo, iniziato il 9 febbraio, si concluse cinque giorni dopo con una nuova assoluzione. A favore della condanna votarono 57 senatori dei cento, compresi sette repubblicani: Richard Burr, Bill Cassidy, Susan Collins, Lisa Murkowski, Mitt Romney, Ben Sasse e Pat Toomey. Erano la maggioranza, ma non abbastanza da determinare una condanna e un’eventuale interdizione dai pubblici uffici

I democratici decisero di ricorrere a un altro strumento: una commissione d’inchiesta indipendente, simile a quella a quella che indagò sugli attentati dell’11 settembre 2001

Il lavoro di questa commissione sta andando avanti e ha portato i primi risultati, che dovrebbero essere diffusi nei prossimi giorni. Uno di questi è già stato anticipato dalla deputata repubblicana Liz Cheney e vicepresidente della commissione: Ivanka Trump, figlia e all’epoca consigliera di Trump, chiese "di fermare le violenze in almeno due occasioni"

Non tutti stanno però partecipando alle indagini. Steve Bannon (in foto), stratega dalla campagna elettorale di Trump, si è rifiutato di testimoniare appellandosi al cosiddetto “privilegio esecutivo” ed è stato per questo incriminato per oltraggio alla corte. In caso di condanna, rischia fino a dodici mesi di carcere

Una condanna è invece già arrivata nei confronti del cosidetto “sciamano”, che si è scoperto chiamarsi Jacob Chansley, essere conosciuto anche con lo pseudonimo Jake Angeli e essere un seguace della teoria cospirazionista QAnon. Arrestato alcuni giorni dopo l’assalto al Congresso con l’accusa di infrazione, turbamento della quiete pubblica, intralcio alla giustizia e di aver provocato disordini, era finito in carcere lo scorso febbraio
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Dopo aver deciso di patteggiare, ha ricevuto una pena di 41 mesi di reclusione. Oltre a lui, sono state incriminate altre centinaia di persone. Circa 50 si sono dichiarate colpevoli di reati minori

Un recente sondaggio targato Washington Post/University of Maryland mostra che per il 60% degli americani Trump ha “grande" o "buona" parte di colpa nell'aggressione al Campidoglio. Tuttavia questa percentuale scende tra i repubblicani e i suoi elettori. Per il 72% dei primi e l’83% del secondi, l’ex presidente ha solo “qualche” o “nessuna” responsabilità

Trump non si è mai assunto la colpa, e anzi ha continuato a ribadire in diverse occasioni che le elezioni sono state truccate. Avrebbe dovuto farlo nel corso di una conferenza stampa organizzata per il 6 gennaio 2022 (a un anno di distanza dai fatti) nella sua villa di Mar-a-Lago, in Florida, ma all'ultimo ha cancellato l'evento. "Parlerò di molti temi importanti nel mio comizio di sabato 15 gennaio in Arizona", ha spiegato

L'ex presidente ha anche smesso di usare i social, dopo essere stato bannato sulla scia di quanto accaduto al Congresso. Ha però cercato metodi alternativi per comunicare. Dapprima si è servito di una sorta di blog, “From the desk of Donald Trump”, chiuso dopo un mese dalla sua creazione

A breve dovrebbe arrivare una nuova piattaforma, TRUTH Social, creata con l’obiettivo di “opporsi alla tirannia delle società Big Tech”. La Trump Media & Technology Group (Tmtg) e la società partner Digital World Acquisition sostengono che verrà finanziata con oltre un miliardo di dollari di fondi, promessi da non meglio precisati investitori istituzionali