Alien: Romulus, la saga horror fantascientifica torna alle origini. La recensione del film

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Arriva al cinema dal 14 luglio il nuovo capitolo del franchise iniziato nel 1979. Diretto da Fede Alvarez e prodotto da Ridley Scott, un "midquel" ambientato tra Alien e Aliens- Scontro Finale. Un fanta-horror terrificante interpretato da una nuova generazione di attori, in cui spicca la talentuosa Cailee Spaeny

“Nello spazio nessuno può sentirti urlare. È con questa fortunata tagline che nel 1979 il franchise fanta-horror aveva iniziato la sua missione alla conquista del grande schermo. Sono trascorsi 45 anni da quando l’astronave da trasporto Nostromo partiva per il viaggio di ritorno verso la terra. E ora quella stessa frase di lancio si sposa alla perfezione, come il sale sull’orlo di coppa sombrero di un cocktail margarita, per introdurci nelle atmosfere di Alien Romulus. Nelle sale cinematografiche dal 14 agosto, il settimo capitolo della Saga relega in soffitta l’involuto Bric-à-brac mistico filosofico dei prequel Prometeus e Covenant. Niente sonetti di Percy Bysshe Shelley né Natività dipinte da Piero della Francesca. Il lungometraggio risulta una terrificante avventura spaziale ambientata circa 20 anni dopo il primo film di Alien e più o meno 37 anni prima di Aliens – Scontro finale. A volte guardare al passato risulta il modo più efficace per garantire un futuro che pareva ormai tramontato sulle note dell’Entrata degli Dei nel Valhalla, scritta da Richard Wagner.

In origine Alien non avrebbe dovuto avere nessun sequel

E pensare che in principio, non ci sarebbe dovuto essere nessun franchise legato ad Alien, né tanto meno un sequel,, come si evice da questa intervista rilasciata da Ridley Scott. "Pensavo che l'alieno dovesse rientrare nella navetta e arpionare Ripley per poi sfondare il suo casco e staccarle la testa. Successivamente la cinepresa avrebbe inquadrato i tentacoli che schiacciano i pulsanti del pannello di comando imitando il gesto del capitano Dallas (Tom Skerritt) che dice: Passo e chiudo”. La Fox bocciò l’idea e minacciò di licenziare il regista."

UN Tunnel dell'orrore nello spazio

Benvenuti in un agghiacciante tunnel dell’orrore situato nello spazio più profondo. Il regista e sceneggiatore uruguaiano Fede Alvarez (autore del remake di La casa datato 2013 e di The Man in The Dark) conosce la paura e soprattutto è capace assai bene di trasferirla sullo schermo. Il primo Alien risultò talmente spaventoso per gli spettatori da diventare l’oggetto di un numero comico recitato da Beppe Grillo in una puntata del programma televisivo Fantastico. E in Alien Romulus, la biomeccanica torna a essere disturbante e letale come nelle opere di H,R Giger. Quella fusione tra carne e metallo, tra umano e sintetico si trasfigura in un universo ostile e oscuro, fatto di sangue, saliva, acido filamenti, bava. La scelta di optare per effetti speciali vecchio stile, tra animatronic e make-up prostetico, conferisce alla pellicola un’emozione materica. La pelle dell’endoparassita extraterrestre risulta ruvida e tagliente. E il terrore aumenta in maniera esponenziale.

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Tutti gli Alien per uno

Probabilmente anche in virtù della presenza di RIdley Scott come produttutore, Alien Romulus inizia come l’Alien del 1979. Con un’immagine dello spazio: anche il font usato per titoli di testa è il medesimo. L’area cucina dell’astronave Corbelan su cui viaggiano i giovani protagonisti è una replica esatta della cucina della Nostromo. È tutto identico: le tazze, la piccola macchina per il caffè e persino i cereali. La torcia elettrica d’ordinanza della Weyland-Yutani Corporation è quella usata da Sigourney Weaver e compagni. E non finisce qui, come era solito dire il grande Corrado Mantoni. Il lungometraggio è una sorta di sussidiario illustrato con immagini, scene e situazioni estrapolate dai capitoli precedenti della saga. Ma non si tratta di mero citazionismo a esclusivo uso e consumo di fan ossessivo compulsivo o nerd collezioni di action figure. Il travolgente florilegio di riferimenti rende vivido e credibile i laboratori claustrofobici, i corridoi infiniti, le stanze a gravita a zero in cui l’’acerbo equipaggio nel tentativo di fuggire dagli alieni più pericolosi della galassia.

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Tra Xenomorfii, facehugger e Cailee Spaeny

Gli Xenomorfi, I facehugger e il chestburster (la niente affatto amichevole larva usciva dal petto del malcapitato John Hurt nel film del 1979) sono i malevoli elementi portanti di Alien: Romulus. Ma se il film funziona e atterrisce, il merito è pure della controparte umana. Nello specifico Cailee Spaeny, dopo le notevoli performance in Priscilla e Civil War, si cala alla perfezione nei panni di Rain, la venticinquenne che, in seguito all  la morte dei genitori, aspira a una vita migliore in un luogo lontano da Jackson’s Star, la colonia mineraria in cui vive e dove non splende mai il sole. Il personaggio è una sorta di giovane Ripley dei nostri tempi. Una figura femminile volitiva e forte, che insieme al fratello Andy, un sintetico creato dalla Weyland-Yutani Corporation, e ad altri tre compagni di viaggio comprenderà che il suo sogno di liberta si è trasformato in un incubo una volta arrivata sulla stazione spaziale abbandonata Reinassance composta dai due moduli Romulus e Remus. Senza spoilerare troppo, probabilmente fratello e sorella non fonderanno una nuova civiltà. Ma forse potrebbero dare origine a una nuova trilogia. Perché nello spazio, ancora una volta, nessuno potrà sentirti urlare.

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