Beatles, la figlia di Paul McCartney racconta in un documentario gli Abbey Road Studios

Cinema

Camilla Sernagiotto

Mary Anna McCartney, fotografa figlia di Paul McCartney e della sua prima moglie Linda Eastman, curerà “If These Walls Could Sing”, il docu che celebra i novant’anni di attività delle sale londinesi entrate nel mito

Mary Anna McCartney, una delle figlie che Paul McCartney ha avuto della sua prima moglie Linda Eastman, racconterà la storia degli studi di registrazione di Londra più famosi del pianeta: i mitici Abbey Road Studios.

 

Si intitolerà If These Walls Could Sing (che significa “se queste mura potessero cantare”, storpiando il modo di dire “se queste pareti potessero parlare”) e sarà uno dei progetti celebrativi per i novant’anni di attività delle sale londinesi della EMI rese immortali dai Beatles.

Ma non solo da loro: ci hanno registrato anche i Pink Floyd, i Queen, i Simple Minds, gli Iron Maiden, gli U2 e tanti altri ancora, compreso Ennio Morricone (tra qualche paragrafo vi parleremo di tutti coloro che hanno inciso tra quelle mitiche pareti).

If These Walls Could Sing, il documentario sugli Abbey Road Studios

If These Walls Could Sing è per ora in fase di pre-produzione e sarà prodotto dalla Universal Mercury Studios in collaborazione con la Passion Pictures.

 

Quest’ultima è la casa di produzione co-fondata da John Battsek Ventureland, famoso produttore cinematografico britannico di film documentari.
Tra i documentari prodotti da lui si annoverano capolavori del calibro di One Day in September e Searching For Sugar Man (entrambi premiati con l’Oscar).

 

Nel 2013 Battsek ha prodotto il documentario di Greg Barker, Manhunt: The Search For Bin Laden, e nel 2018 Forever Pure, entrambi insigniti di un Emmy Award.

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Perché un documentario su Abbey Road

Mary Anna McCartney, classe 1969 e fotografa professionista dalla prima metà degli anni Novanta, non solo curerà il documentario ma dovrebbe anche dirigerlo, occupandosi in prima persona della regia.

 

Il motivo per cui proprio ora ha deciso di occuparsi di questo progetto? L’anniversario dei novant’anni di attività: il 12 novembre 2021 si celebrerà questo “quasi centenario” e la figlia di Paul non se lo vuole assolutamente perdere.

“Alcuni dei miei primi ricordi da bambina riguardano il tempo passato ad Abbey Road. […] Desidero da parecchio tempo raccontare la storia di questo luogo storico e non potrei desiderare di collaborare con un team migliore di John e dei Mercury Studios per trasformare questa ambizione creativa in realtà”, ha affermato Mary Anna McCartney.

 

E in tutta risposta anche i Mercury Studios hanno espresso la propria felicità e soddisfazione all’idea di lavorare con la figlia di colui che - tra gli altri - ha reso immortale quel luogo.
Raccontare l'incredibile storia di Abbey Road Studios su pellicola per la prima volta… […] La nostra passione è presentare il lavoro di registi pionieristici di qualità eccelsa quindi siamo davvero contenti che Mary stia portando la sua visione creativa in questo progetto”, ha dichiarato Alice Webb, CEO di Mercury Studios.

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La reazione degli Abbey Road Studios alla notizia del documentario

Si è unito al coro entusiastico di cui sopra anche l’AD degli Abbey Road Studios, Isabel Garvey.

Se questi muri potessero cantare… Sapete che ho perso il conto di quante volte ho sentito dire questa frase agli Abbey Road Studios nel corso di tutti questi anni? Non vedo l'ora che alcune di queste storie vengano raccontate e prendano vita in questo progetto che diventerà indubbiamente un documentario senza tempo”.

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La storia degli Abbey Road Studios

Gli Abbey Road Studios si trovano al numero 3 di Abbey Road, nel quartiere londinese di St John's Wood a Westminster.

Sorgono all’interno di un edificio in stile georgiano, acquistato nel 1929 dalla EMI (allora conosciuta con il nome di Gramophone) e sono stati inaugurati il 12 novembre del 1831.

 

A dare il la (letteralmente) al più celebre studio discografico del Pianeta è stata la storica registrazione nello Studio 1 di Land of Hope and Glory, scritta da Edward Elgar che dirigeva la London Symphony Orchestra.

 

Inizialmente si chiamavano EMI Studios, solo nel 1970 hanno cambiato nome ribattezzandosi come li conosciamo anche oggi.

 

La struttura iniziale era composta da tre studi di registrazione a cui si è poi aggiunta nel 1980 la console Penthouse per i mixing e le colonne sonore. Oggi comprende anche due studi mobili, nati negli ultimi anni.

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Lo Studio 2, vero tempio del rock

Il centro nevralgico in cui si sono scritti parecchi capitoli di storia della musica è lo Studio 2. I suoi muri, se potessero suonare, ci farebbero ascoltare rock. Come del resto questa sala storica ha fatto a partire dal 1957.

 

Proprio in quell’anno il cantante e attore inglese Cliff Richard assieme al gruppo di doo-wop e R&B statunitense, The Drifters, ha registrato presso lo Studio 2 Move It, uno dei primi singoli rock 'n' roll della storia della musica europea.

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Il legame tra Beatles e Abbey Road Studios

Anche se tanti artisti di fama internazionale hanno registrato i propri dischi lì dentro, sono soprattutto i Beatles a consacrare gli Abbey Road Studios come sinonimo di musica di qualità.

 

Il 6 giugno 1962 è stato il produttore discografico George Martin a portare per primo i Beatles tra quelle pareti. E da quell’anno fino al 1969 i Fab Four hanno registrato lì il 90% circa dell’intero loro repertorio. Dove esattamente? Nello Studio 2, ovviamente.

A immortalare letteralmente gli studi londinesi sarà il loro disco del 1969, intitolato Abbey Road dal nome della via e con la celeberrima foto di copertina che li ritrae sulle strisce pedonali.

Quello scatto di Iain Macmillan (fotografo scozzese da non confondere con il semi-omonimo Ian McMillan, ex calciatore scozzese) è tra i più noti della storia.

Dopo quell’album e quella cover (a cui sono legate incredibili leggende), la strada Abbey Road di Londra è diventata un luogo di culto, meta di pellegrinaggio dei fan da tutto il globo. Attorno agli studi vengono lasciati continuamente messaggi (soprattutto a tema Beatles), così tanti da costringere periodicamente a riverniciare i muri. Non per una questione di pubblico decoro ma per lasciare spazio a nuovi messaggi. Questa è Abbey Road.

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Oltre ai Beatles: i musicisti che hanno registrato agli Abbey Road Studios

Agli Abbey Road Studios si è data appuntamento tutta la storia del rock. Beatles a parte, ci sono innumerevoli mostri sacri dell’Olimpo musicale che qui dentro hanno scritto i propri capitoli.

Dal 1967 al 1975 i Pink Floyd vi hanno inciso tutti i loro album in studio (fino a Wish You Were Here). Pure il loro ex-leader Syd Barrett ha registrato qui dentro i suoi due dischi da solista.

L’elenco è lunghissimo e comprende i Queen, gli Europe, gli Spandau Ballet, I Simple Minds, Jeff Beck, The Police, gli Iron Maiden, Suzanne Vega, i Deep Purple e gli U2.

 

A questi si sono aggiunti dagli anni Novanta a oggi anche i Muse, gli Oasis, i Coldplay, Kylie Minogue, i Radiohead, i Blur, The Killers, The Subways, i Manic Street Preachers, gli OneRepublic, i Sigur Rós e The Shadows, giusto per citarne alcuni.

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Le colonne sonore cinematografiche registrate agli Abbey Road Studios

Negli anni Ottanta è nato lo studio Penthouse, quello adibito alle colonne sonore dei film.
Sito all’ultimo piano dell’edificio georgiano, ha visto (anzi: ha ascoltato) nascere le soundtrack di pellicole del calibro di Riders of the Storm, la trilogia di Guerre stellari di George Lucas, Camera con vista, la trilogia del Signore degli Anelli, il film cult Brazil di Terry Gilliam, Braveheart ed Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.

 

Anche Ennio Morricone ha inciso nelle sale londinesi molte colonne sonore, tra cui quella di The Hateful Eight di Quentin Tarantino.


© Filippo Alfero / LaPresse
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