Moda come incontro di pensieri, idee, storie e racconti. Moda come linguaggio dell’umano. Nell’edificio costruito dall’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II di Svevia va in scena la collezione Cosmogonie di Gucci, in vendita tra sei mesi. Super ospiti i Maneskin.
Non è mai semplice raccontare a parole una collezione. Perché dietro agli abiti c’è sempre un pensiero ingombrante. Se la collezione in questione è poi quella disegnata da Alessandro Michele allora la cosa si fa ancora più complessa. Il direttore creativo di Gucci ci ha ormai abituati ad accostarci alla sua estetica come parte di un linguaggio che va oltre la moda stessa. 101 look sono stati protagonisti a Castel del Monte in un tempo sospeso, tra il tramontare del sole e il sorgere di un’immensa luna rossa. Una serata di plenilunio che ha reso quel momento quasi irreale.
Castel del Monte, fortezza dalla forma ottagonale e dalla bellezza suggestiva
Che sarebbe stato un evento extra ordinario lo si capiva già dall’invito: 350 stelle registrate a nome degli invitati, una per ciascuno.
E poi la scelta della location, fortezza ottagonale voluta da Federico II di Svevia, castello dai leggendari contenuti esoterici, potente ed inquietante nello stesso tempo.
“Un luogo”, come ci ha raccontato Alessandro Michele prima dello show, “dove anche le pietre si incrociano tra loro, dove le misure sono magiche come lo sono le misure delle giacche, dei colli, di quei vestiti che da sempre sono la mia ossessione. Un luogo che sicuramente ha a che fare con la genesi del mio lavoro e che racconta quanto è importante mettere insieme delle costellazioni di cose.”
Un edificio che è un imbuto tra cielo e terra, che non si capisce bene cosa sia effettivamente, se un castello, se un mausoleo, ma i vestiti, ci spiega Michele, “hanno la stessa ambiguità, fanno viaggiare perché portatori di linguaggi diversi.
Oggi la moda non è più fare il sarto o il couturier a servizio dei clienti. Oggi mettere insieme una collezione significa raccontare qual è la propria idea di mondo e fare il mio lavoro significa entrare in un linguaggio fatto di referenze multiple, un coro gigantesco , un oceano immenso. Perché la moda non è più un geroglifico destinato a un’élite, la moda è esplosa e cerca di parlare a tutti.”
Da qui l’idea della cosmogonia, “perché tutto è collegato, raccontare la moda è mettere insieme delle relazioni, è un viaggio nei colori, nelle forme.”
Tra i riferimenti di questa nuova collezione c’è infatti il pensiero inclusivo di Hannah Arendt e Walter Benjamin, pensatori ebrei tedeschi all’epoca dei nazisti. Punto di partenza sono quelle costellazioni a cui il filosofo, che si è tolto la vita quando ha saputo che la Gestapo gli aveva sequestrato la sua biblioteca, faceva riferimento per descrivere il suo modo di collegare pensieri e idee.
La guerra di ieri come la guerra di oggi. Alla domanda se nell’immaginare questa collezione sia stato influenzato da quanto sta accadendo intorno a noi, Alessandro Michele ha risposto:
“La spinta che ho nel fare il mio lavoro è potente e va anche contro la morte nel senso che ogni cosa che faccio ha come obiettivo quello di glorificare la vita. Perciò anche in questo momento di grande dolore cerco di fare quello che so fare e in maniera ancora più evidente, come se le cose belle fossero una sorta di offerta, come se dovessimo costruire il contraltare all’orrore della guerra. Perché proprio in quei momenti, ancora di più, si ha bisogno delle ‘perle in fondo al mare’.”
Un rave parte dei vestiti
E in questo luogo magico Alessandro Michele ha organizzato quello che ha definito un rave, immaginando che anche ai tempi di Federico II, uomo di grande cultura, potesse essere un luogo di incontro.
“Ho pensato”, ci racconta Alessandro Michele, “che questo posto non doveva essere circondato solo dal silenzio, l’ho immaginato come una sorta di Silicon Valley di quel tempo. Del resto Federico di Svevia era un imperatore di grande cultura, conosceva 6/7 lingue, amava la poesia e la scrittura."
Così lo show è diventato un momento di festa, “un rave dei vestiti, di persone che cercano di essere qualcosa, di corpi che diventano vestiti e vestiti che diventano corpi.
Alle stelle fa riferimento un po’ tutta la collezione, in primo luogo perché i vestiti brillano illuminati dagli strass.
Ma in passerella sono evidenti anche elementi del passato, come i colli appoggiati, le forme che si rifanno agli anni ’30 e ’40, i gioielli che decorano i volti, la pochette di Greta Garbo, le borse di legno.
Un rimando al passato come nella scelta di Castel del Monte, che si presenta al visitatore nella sua imponenza ma che, una volta arrivati, ti catapulta in un presente dove la parola d’ordine è libertà.
Un presente che sa di pop e che ancora una volta fa di Gucci, e del suo direttore creativo, un trascinatore di stile.
La collezione è maestosa come lo è stato lo spettacolo, chiuso con Castel del Monte illuminato da una luna rossa e ricoperto dalle proiezioni della volta celeste, e che è valso ad Alessandro Michele la standing ovation del pubblico.
Tra i super ospiti dello show e performer all’after party i Maneskin.
“Per un designer, spiega Alessandro Michele, “lavorare con dei musicisti è esaltante. C’è un rapporto di scambio continuo. Quella con i Maneskin è una relazione nata spontaneamente, ci siamo conosciuti e c’è stata una sorta di reciproca curiosità. Sono degli incendiari che accendono i vestiti.”