
"Edipo re, Una favola nera" debutta in prima nazionale all'Elfo Puccini di Milano. FOTO
Lo spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia e Valentino Mannias, con costumi di Antonio Marras, debutta in prima nazionale il 15 marzo (fino al 14 aprile) all’Elfo Puccini. Un viaggio visionario e musicale in compagnia di Edipo, “colui che sogna i sogni profondi”. La gallery con le foto di Lorenzo Palmieri

Arriva in prima nazionale "Edipo re, Una favola nera", lo spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia, Valentino Mannias, con costumi di Antonio Marras. Un viaggio visionario e musicale in compagnia di Edipo, “colui che sogna i sogni profondi”. Dal 15 marzo al 14 aprile al Teatro Elfo Puccini di Milano. Di seguito la gallery con le foto di Lorenzo Palmieri
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Ferdinando Bruni e Francesco Frongia proseguono la loro ricerca di segni perturbanti e con sguardo contemporaneo provano a reinventare il rito della tragedia. In un primo studio, intitolato Verso Tebe, andato in scena nel febbraio 2020, avevano avviato un’indagine sul mito, partendo da Sofocle aprendosi alle innumerevoli variazioni e letture di cui è disseminata la letteratura fino ad oggi. Quel concerto di voci, con gli attori che leggevano le parti, è stato un preludio a questo nuovo Edipo Re.
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In un ambiente ligneo, dominato da colori chiari e disseminato di sabbia, sassi e carta, 4 attori danno corpo e voce a tutti i personaggi. Ferdinando Bruni e tre attori ‘under 35’ di grande talento moltiplicano le loro sembianze grazie alle preziose maschere di Elena Rossi e ai costumi materici di Antonio Marras, che diventano essi stessi presenze scenografiche ora mostruose, ora splendenti. Personaggi, oggetti e segni “allontanano il racconto da ogni realismo per avvicinarlo a una dimensione sciamanica e onirica, capace di emozionare e di parlare all’inconscio”.
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Una mostra allestita nel foyer dell’Elfo Puccini introduce lo spettatore alle atmosfere dello spettacolo: VESTIRE IL MITO - Disegni e studi preparatori di Antonio Marras per Edipo Re.
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Note di regia: "Il nostro viaggio verso Tebe è un viaggio attraverso uno delle leggende più note che ci arrivano dal mondo remoto, eppure vicinissimo, della civiltà greca: l’Edipo re. Una vicenda che ha l’andamento di una favola, con tanto di principe/bambino abbandonato sui monti da un pastore che aveva ricevuto da due genitori snaturati l’ordine di farlo morire, con l’uccisione di un mostro da parte del bambino, diventato nel frattempo impavido cavaliere, con il premio di una bella regina in sposa e di una corona di re".
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"Una fiaba nera, intendiamoci, una macchina infernale (come la chiama Cocteau), un meccanismo inarrestabile in cui ogni verso, ogni parola si fanno irti e frementi di dolorosa ironia e ambiguità. Il re smaschera sé stesso e si scopre mostro, ogni cosa che in lui sembrava gloriosa si rivela contaminata da orribili colpe e segna il destino di quella stessa città che lo aveva proclamato sovrano. La punizione che si autoinfligge per non aver saputo leggere dentro di sé è un contrappasso tutto sommato piuttosto rozzo: il nostro eroe si caverà gli occhi".
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"Il destino che lo travolge ha richiesto un bel grado di complicità da parte sua, ogni passo che ha fatto per allontanarsi da un finale tragico lo ha invece avvicinato al suo infelice epilogo ed è proprio in questo meccanismo implacabile che risiede l’ironia del fato: cercando di sfuggire al nostro destino cospiriamo con lui. Edipo vive in una perenne contraddizione causata da quello che sa, ma soprattutto da quello che non sa di sapere e questa trappola alla fine scatta su di lui e lo conduce proprio nel posto da cui sarebbe voluto scappare".
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"La tragedia dà voce ai complessi rapporti che intercorrono fra libertà e necessità, che sono tra i valori fondativi del nostro essere uomini e rappresenta per noi, creature del ventunesimo secolo, una sfida che ci mette di fronte a tutto quello che non riusciamo a controllare con le armi della ragione, grande mito della modernità. Nella tragedia la concezione del tempo come flusso lineare viene rovesciata".

"Il passato non è passato, il futuro si ripiega su stesso e il presente è attraversato da riverberi di passato e futuro che lo destabilizzano. Anche se la tragedia ci arriva da un mondo lontano, anche se le sue storie prendono ispirazione da narrazioni ancora più remote, è difficile immaginare qualcosa di più adatto alla nostra epoca di questa forma d’arte che descrive la transizione tra un vecchio mondo che sta scomparendo e un nuovo mondo di cui ancora sappiamo molto poco".

"Edipo sa qualcosa fin dall’inizio, ma si rifiuta di vedere e ascoltare quello che gli viene detto. Sarà Tiresia, colui che non vede, l’indovino cieco, a rivelargli che la causa dell’impurità che sta cercando di sradicare dal mondo deve cercarla in sé. Ma Edipo non dà ascolto alle sue parole e, accecato a sua volta da un’arroganza molto contemporanea, rifiuta di vedere e di capire. In questo modo da risolutore di enigmi diventa egli stesso enigma".

"La norma viene sovvertita e l’essere umano che cerca di contrastare gli eventi ne viene travolto, passando da agente ad agito, da innocente a colpevole, diventa qualcosa di sconcertante, incomprensibile e mostruoso".

"In questo nostro Edipo cerchiamo di reinventare con uno sguardo contemporaneo un rito di cui alla fine sappiamo molto poco: l’uso delle maschere, per esempio, istituito forse per motivi religiosi, allo scopo di abbandonare l’identità individuale per raggiungere l’ékstasis, (ἔκστασις), l’‘uscita da sé’, per noi diventa uno strumento per aiutare gli attori a un diverso percorso di immedesimazione; così come il cast tutto maschile ci allontana da ogni tentazione di realismo per portare il racconto a una dimensione quasi sciamanica".