Le meraviglie dell'Universo targato Euclid
ScienzeLe prime cinque foto arrivate dal Telescopio spaziale dell’ESA mostrano un incredibile cosmo a colori. I dettagli raccontati da Giuseppe Racca, project manager dell'ambiziosa missione
“E’ come guardare il Monte Bianco dal Rifugio Torino”. Giuseppe Racca usa questo paragone per descrivere le prime cinque immagini dell’Universo inviate dal telescopio targato Esa Euclid. “Mi ricordo ancora di quando ci siamo incontrati lo scorso primo luglio in Florida a Cape Canaveral- racconta il project manager dell’ambiziosa missione – com’ero teso prima del lancio. E invece è andato tutto alla perfezione”.
Un Universo ad altissima risoluzione
A distanza di 4 mesi da quel volo verso lo spazio a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX, le prime cartoline a colori arrivate dallo spazio descrivono un Universo ad altissima risoluzione. “Oltre ad essere oggetti particolarmente spettacolari – spiega l’esperto dell’Agenzia Spaziale Europea – riflettono le capacità di Euclid, quello che il telescopio può fare, ovvero la combinazione di due cose essenzialmente: campi molto larghi, come fa il grandangolo in una macchina fotografica, e una definizione eccezionale all’interno di questo grandangolo, fino ai bordi dell’immagine”.
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Euclid e le foto
A colpire, leggendo le note esplicative, oltre alla qualità dei singoli scatti, è anche il fattore tempo
“Infatti dobbiamo tenere conto che tutte queste immagini sono il risultato di un giorno di osservazione, chiaramente non di fila ma tanti piccoli momenti diversi perché gli oggetti interessati si trovano in posti diversi, ma comunque un solo giorno, e considerando che faremo osservazioni per tutti i sei anni della missione pensate quale potrebbe essere il risultato finale”.
In orbita ad un milione e mezzo di Km dalla Terra
Euclid orbita ad un milione e mezzo di km dal nostro Pianeta intorno al punto L2 di equilibrio gravitazionale tra Sole, Terra e Luna. Il telescopio spaziale, costruito e gestito dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) con il contributo della NASA, porta con sé molti sogni e tecnologia made in Italy, grazie al contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e di numerose università italiane. “L’obiettivo scientifico della missione – continua il Project Manager di Euclid - ovvero indagare su materia oscura ed energia oscura, che sono cose che non si vedono direttamente, ma sono effetti indiretti su quello che si vede, è difficilissimo e tutta la missione è stata una caccia costante alla precisione. A partire dalla qualità delle immagini e dei colori abbiamo lavorato sempre al limite di quello che pensavamo di riuscire a fare. In più, la pulizia di tutto il satellite e del telescopio doveva essere estrema, perché bastava un granello di polvere per danneggiarlo, per non parlare della contaminazione con l’acqua, avevamo verificato che ne bastava un piccolo strato per creare un disturbo. Quando alla fine abbiamo visto che funzionava tutto, quasi non potevamo credere ai nostri occhi”.
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La Nebulosa Testa di Cavallo
Quale di queste foto l’ha colpita di più e quale aggettivo userebbe per descriverle?
“Quando dovevamo scegliere i target da osservare con un apposito comitato, ho sempre spinto per la Nebulosa Testa di Cavallo, che è un’icona riconosciuta da tutti, bellissima, ma è stata una scelta istintiva. Devo dire che lo scatto più rappresentativo forse è il grappolo di galassie del Perseo, un’immagine che racchiude in sé tutte le capacità di Euclid. Ovvero, poter vedere cose a 240 milioni di anni luce da noi, come questo ammasso di galassie, fino ad arrivare indietro a 10 miliardi di anni luce, il tutto in una stessa immagine. In questo caso abbiamo contato più di centomila oggetti, di cui 50 mila sono galassie. E’ qualcosa di spettacolare”.
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La missione
Le osservazioni continueranno per i sei anni di durata della missione. Obiettivo: indagare su materia ed energia oscura, che costituiscono il 95 per cento del nostro cosmo. Che tipo di informazioni riusciamo ad ottenere con questi primi scatti relativamente all’Universo oscuro?
“Per capire la cosmologia bisogna svolgere tantissime osservazioni e poi metterle insieme attraverso un processo di tipo statistico. Tornando all’immagine del Perseo, da sola già dimostra che il raggruppamento di queste galassie a grappolo può avvenire soltanto perché c’è la materia oscura, perché se non ci fosse non ci sarebbe abbastanza materia per tenere assieme il cluster, che nella sua evoluzione si sarebbe disperso. Per quanto invece riguarda l’energia oscura che fa espandere l’Universo in maniera accelerata, queste singole immagini non sono abbastanza per ottenere informazioni, ma si può già capire che se riusciamo ad avere misurazioni così perfette tra un paio d’anni potremo dire delle cose anche sull’energia oscura”.
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Le prossime tappe
Avete ottenuto queste foto nei tempi in cui vi aspettavate rispetto al lancio, avvenuto quattro mesi fa, e quali saranno le prossime tappe della missione?
“Le abbiamo ottenute un po’ dopo rispetto alle attese, perché abbiamo avuto un po’ di ritardi nella messa a punto di questo satellite. A volte, per spiegarlo alle persone, dico che è un po’ come avere una macchina di Formula 1 che esce già testata dal garage, ma poi necessita di prove ulteriori una volta arrivata in pista. Il nostro circuito è il cielo, quello vero, non quello finto che simulavamo nelle prove. Quindi accade che mentre il pilota fa dei giri di prova inizi a piovere, e la pioggia per noi sono stati i raggi cosmici che sbattevano contro i rilevatori, cosa che ha allungato i tempi. Abbiamo dovuto imparare a fare le curve e ci abbiamo messo circa sei settimane in più rispetto ai nostri calcoli iniziali, che su sei anni di missione non sono tante alla fine. Attorno al 27 novembre dovremmo riuscire a terminare tutte queste prove su pista ed essere pronti a cominciare la gara vera e propria”.
Quanto con queste foto ci siamo avvicinati al bordo abbagliante dell’Universo?
“Queste immagini guardano ancora al relativamente vicino, la più distante arriva a 240 milioni di anni luce e noi, come spiegavo, puntiamo a una distanza di 10 miliardi di anni luce. Ci troviamo sul bordo dell’Universo nel senso che riusciamo a vedere cose che non sono mai state osservabili in questa maniera da altri telescopi. Il nostro è stato progettato per creare la più grande mappa cosmica 3D mai realizzata. Come conseguenza avremo un’infinità di informazioni che magari non sono lo scopo della missione, ma la definizione e la perfezione delle osservazioni è tale che si potranno ottenere risultati scientifici neanche immaginabili al momento”.