Missione Euclid, cronaca di un lancio da Cape Canaveral

Scienze
Marta Meli

Marta Meli

Il diario della nostra inviata sulla missione della sonda dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), che durerà sei anni e che la porterà a indagare i misteri della materia e dell'energia oscure che costituiscono il 95% dell'universo

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Atterriamo di notte, all’aeroporto di Orlando, in mezzo alle famiglie con i trolley di Minnie e Topolino. L’indirizzo che abbiamo è quello di un hotel di Cocoa Beach, cittadina sulla spiaggia a ridosso della base di Cape Canaveral. All’ingresso ci accoglie la statua a grandezza naturale di un astronauta targato Nasa, è quello è il segnale che siamo nel posto giusto.

Il countdown

Il countdown è già iniziato. L’Agenzia spaziale Europea ci ha inviato una foto dal titolo “l’ultimo sguardo di Euclid sulla Terra”, dove si vede il satellite che sta per essere incapsulato nell’ogiva che lo custodirà durante il lancio. Qualche ora dopo l’appuntamento è nella sala “Avena di mare” di un altro hotel che affaccia sulla spiaggia. Dentro, un gran traffico di tavole da surf e comitive in partenza per tour spaziali. All’ingresso stavolta troviamo il modellino di un razzo e un volantino che annuncia il prossimo lancio: SPACEX FALCON9 -EUCLID, sabato primo luglio 2023, orario: 11.11.

"Un gatto nero in una stanza buia"

“E’ come cercare un gatto nero in una stanza buia. E non siamo neanche sicuri che il gatto ci sia veramente”. Descrive così la missione Euclid Henk Hoekstra, cosmologo olandese che fa parte del Consorzio scientifico internazionale, con oltre 2500 scienziati affiliati in tutto il mondo, che analizzerà i dati provenienti da Euclid, senza precedenti per volume in una singola missione spaziale: 170 petabyte di dati alla fine dei sei anni di durata nominale.

Euclid, il cacciatore dell’Universo oscuro. Euclid, un detective a caccia dei segreti della materia oscura. La missione dell’ESA per svelare il mistero cosmico della materia e dell’energia oscura. I titoli dei tg e dei giornali faticano a contenere l’ambizione di una missione mai tentata prima. “Vogliamo rispondere a domande circa la natura, la formazione e l’evoluzione dell’Universo che ci circonda” spiega Carole Mundell, responsabile Scienza dell’Agenzia spaziale Europea“. Indagheremo sul 95% dell’Universo ancora sconosciuto, che si pensa sia formato da due elementi misteriosi: la materia oscura e l’energia oscura. Un enorme mistero che chiede di essere risolto”. Mentre parla, mi viene in mente Fabiola Gianotti, direttrice generale del Cern, il suo commento durante una conferenza mostrando una delle prime foto inviate dal Telescopio James Webb. “Quando la guardate, aveva detto rivolta al pubblico in sala, voi vi soffermate sulla parte luminosa delle stelle, noi scienziati guardiamo il buio che c’è intorno”.

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Da Cape Canaveral

Dopo una giornata passata tra parcheggi infuocati e sale conferenze gelate (qui l’aria condizionata è così forte che ti entra nelle ossa), usciamo per fare il primo stand up all’aperto. Dennis Alberti, il collega operatore, ha trovato una duna da cui si vede la base e la rampa di lancio. Sulla strada incrociamo un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale di Astrofisica, molto emozionati alla vigilia del lancio. “Abbiamo preparato le bandiere”, ci dice Anna Maria Di Giorgio, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Coordinatore tecnico-scientifico dell’accordo ASI-INAF per il supporto alle attività per la missione. Mentre ci prepariamo non facciamo caso al gruppo di persone sedute dietro di noi su due file di sedie che aspettano. Ma quando inizio a parlare e parte la marcia nuziale capiamo che si tratta di un matrimonio sulla spiaggia, e speriamo che sia di buon augurio per il lancio, previsto tra poche ore.

“Procederemo in modo indiretto, studiando le cose che non si vedono attraverso quelle che si vedono” spiega Giuseppe Racca, Project Manager della missione. Euclid prenderà in esame gli ultimi 10 miliardi di anni, a metà dei quali l’Universo ha cominciato ad accelerare. Qual è l’energia che lo consente? Per capirlo faremo una scansione più dettagliata possibile di circa il 36 per cento di tutto il cielo in sei anni. Se vi sembrano tanti, considerate che per fare lo stesso lavoro il telescopio spaziale Hubble di anni ce ne metterebbe mille”.

Il messaggio parlava chiaro. “Solo per i media accreditati. Appuntamento sabato 1 luglio, ore 6 del mattino, Sand’s Space and History Center, 100 Spaceport Way, Cape Canaveral. Firmato: SpaceX”.

La missione Euclid in origine doveva partire dallo spazioporto ESA di Kourou, in Guyana Francese, a bordo di un vettore Soyuz, ma l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha costretto l’Agenzia a rivedere i suoi piani.

“La perdita del lanciatore è stata uno shock,” confessa Mikey Healy, responsabile dei progetti scientifici ESA – per Ariane 6 avremmo dovuto aspettare altri due anni, quindi abbiamo pensato a SpaceX. La prima telefonata l’ha fatta il Direttore Generale, e una volta avvenuto il contatto abbiamo capito che c’eravamo riusciti. Euclid sarebbe partito a bordo di un Falcon 9”.

E’ così che siamo finiti dentro questo pulmino, all’alba, in viaggio all’interno della Cape Canaveral Air Force Station verso il complesso di lancio 40, per vedere da vicino il razzo poco prima della partenza. Di fianco a noi scorrono edifici e lingue di verde acceso. Ai bordi della strada acqua e zanzare, qualcuno evoca persino i coccodrilli.

All’improvviso alla nostra destra sorge il sole, una ipnotica palla arancione che ci distrae. Vorremmo avere il tempo scattare una foto, ma la brusca sterzata del mezzo che svolta per Rocket Road ci ricorda che il nostro spettacolo è dall’altra parte del finestrino: eccolo, il lanciatore Falcon 9 con in cima il satellite Euclid. Il primo stadio del razzo, più scuro, è già stato utilizzato una volta. A circa due minuti e mezzo dal lancio si staccherà per ammarare poco dopo su una piattaforma in mezzo al mare. Verrà recuperato per essere utilizzato ancora, questa intuizione dei razzi riutilizzabili è stata la chiave del successo per la compagnia di Elon Musk, che ha abbattuto i costi dei lanci ed è diventata un partner insostituibile, non solo per la NASA. Il secondo stadio e l’ogiva che protegge il satellite invece sono nuovi come richiesto dall’Agenzia spaziale europea, per garantire un ambiente adeguatamente sterile alla preziosa e delicata strumentazione a bordo. Abbiamo meno di mezz’ora per fare le riprese e scattare foto. Camminiamo in mezzo all’erba folta, bagnata, che si attacca ai vestiti. Lascio la borsa in un punto e quando torno a cercarla quasi non la ritrovo, la vegetazione la stava già inghiottendo. Il ragno che ci cammina sopra come se fosse già casa sua è grosso e aggressivo, spero di non trovarne altri nascosti nelle tasche.

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In rampa di lancio

“Tutto procede bene” il messaggio è di Walter Cugno, vicepresidente esplorazione e scienza di Thales Alenia Space, che esattamente il primo luglio di 10 anni aveva firmato il contratto da prime contractor della missione e che oggi spera di festeggiare l’anniversario con il lancio. Thales è capofila delle aziende italiane che hanno ottenuto, sotto l’ombrello dell’ASI, il 35 per cento delle commesse industriali. Ha costruito la “carrozza” che porterà il satellite nello spazio profondo, mentre sono made in Leonardo il Sensore stellare che guida la direzione di puntamento del telescopio assieme al sistema di micro-propulsione e i pannelli fotovoltaici, per il funzionamento delle apparecchiature. “E’ uno degli ultimi lanci della mia carriera” mi aveva confessato Cugno alla fine della conferenza stampa, e lo guardo pensando a tutti quei colleghi negli ultimi 10 anni si sono dedicati a questa missione rubando il tempo alle loro famiglie. Per noi Euclid è come un figlio che sta per lasciarci”.

Ci siamo quasi. L’area media predisposta per seguire il lancio è una lingua di terra a tre chilometri dalla rampa di lancio. Sono le 11 del mattino e fanno 30 gradi, il sole a picco, bagni chimici e neanche una tettoia. Per fortuna c’è il pulmino con l’aria condizionata. “Ha sbagliato scarpe – mi dice l’autista guardando il mio urban outfit sportivo ma aperto, che indosso come un rituale scaramantico a ogni lancio, mostrandomi un grosso insetto nero nascosto tra l’erba. “quello morde e fa molto male”. Guardo istintivamente la collega della Tv spagnola in sandali, e mi chiedo che ne sarà di lei.

All’improvviso il Falcon 9 fende il cielo terso di Cape Canaveral come una freccia scoccata verso il cielo. Senza un vero countdown a disposizione, Il rumore che ci investe qualche secondo dopo quasi ci sorprende. Il razzo continua dritto per la sua strada. Il distacco del satellite dal lanciatore avverrà 41 minuti dopo.

“I conti non tornano nell’Universo – mi spiegherà più tardi Barbara Negri, responsabile volo umano e sperimentazione scientifica dell’Agenzia spaziale italiana- L’ambizione di questa missione consiste nel cercare risposte difficili a misteri che ora non capiamo. Inoltre è l’esempio di una grande collaborazione internazionale. Abbiamo capito che più la conoscenza si spinge in avanti più la collaborazione tra Paesi è necessaria”. 

“Un grande telescopio a un milione e mezzo di km dalla Terra che osserverà un terzo di tutto l’Universo, visibile e infrarosso. Da questa osservazione enorme dell’Universo così come lo conosciamo, dovremmo dedurre una risposta a quello che ancora non sappiamo, ovvero la presenza di energia e materia oscura”. Parola di Luca Stanco, Responsabile Nazionale INFN (Istituto Nazionale di fisica Nucleare), che così ci aveva risposto, qualche settimana fa, quando gli avevamo chiesto di spiegare la missione ai non addetti ai lavori.

Ora che Euclid ha iniziato il suo viaggio, ci vorranno 4-5 mesi per ricevere i primi dati che verranno elaborati da 9 centri sparsi in tutta Europa, tra cui uno in Italia, a Torino, presso Altec. Immagini e informazioni relative a oltre un miliardo di galassie con una mappatura in 3D di un terzo del cielo, destinata a diventare un’eredità inestimabile per la prossima generazione di ricercatori di tutto il mondo.

“Ne sono certo: tra i ricercatori che elaboreranno i dati di Euclid ci saranno dei futuri premi Nobel, perché faranno delle nuove scoperte sull’Universo” mi dice il Direttore Generale dell’Agenzia spaziale europea Joseph Aschbacher prima di scappare via, alla fine dell’ultima diretta.

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