Cure continuative per anziani, Italia in ritardo anche dopo le riforme del Pnrr

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Nonostante gli interventi targati Pnrr in materia di disabilità e di non autosufficienza, il sistema italiano di cure continuative per anziani rimane ancora incompleto e in ritardo rispetto agli standard europei. A indicarlo un focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio

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“La possibilità di dover ricorrere, da un certo momento della vita, a cure sanitarie e assistenziali continuative (long term care, Ltc) è stata riconosciuta da tempo come uno dei nuovi rischi sociali”. Tuttavia, l’Italia, dove un cittadino su quattro ha ormai 65 anni o più, non ha ancora implementato un sistema sufficientemente robusto per affrontare questo rischio. In materia di disabilità e di non autosufficienza, le due riforme parallele previste dal Pnrr “rappresentano un passo avanti importante”, ma senza un adeguato finanziamento e una risoluzione delle disparità territoriali, il sistema italiano di cure continuative per anziani rimane ancora incompleto e in ritardo rispetto agli standard europei. È, in sintesi, quanto emerso da un recente rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), che ha analizzato le riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) in materia di disabilità e non autosufficienza, offrendo una panoramica dettagliata sulla situazione delle cure continuative per anziani in Italia.

I progressi e le criticità

Come sottolineato nel report, presentato lo scorso 19 giugno presso la Camera dei deputati, le nuove riforme sono state approvate “entro le scadenze previste dal Pnrr” e hanno “introdotto una disciplina uniforme di valutazione, sia per il riconoscimento della condizione di disabilità che di non autosufficienza, per semplificare la definizione del fabbisogno di assistenza e l’accesso ai servizi”. Ma “i tempi di attuazione sono piuttosto lunghi” e sono state rinviate molte “questioni fondamentali, tra cui la definizione dei diritti e quella degli standard dei servizi, che in parte dovrebbero essere affrontate con successivi decreti e regolamenti”. Rinvio spesso legato a "un limitato finanziamento", che continua a rappresentare un ostacolo significativo.

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Le differenze territoriali

Uno degli aspetti evidenziati dal rapporto riguarda le differenze territoriali. Il documento segnala che "la popolazione del Mezzogiorno rimane costantemente svantaggiata rispetto a quella del Centro e del Nord”.  Queste disparità territoriali sono aggravate dalla "timidezza delle riforme nella definizione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni)", lasciando il Mezzogiorno in una posizione di svantaggio. Inoltre, "il quadro dei servizi è estremamente diversificato tra le Regioni, ma anche tra singoli Comuni e Ats (che pure erogano limitati benefici monetari), e complessivamente non molto sviluppato". 

Il quadro europeo

Sul fronte europeo, "l’Italia, con una spesa inferiore al 2% nell’ultimo decennio, si colloca tra i paesi che dedicano al settore una quantità di risorse di livello intermedio”. Tuttavia, il modello italiano è prevalentemente “basato su trasferimenti monetari, spesso senza vincolo di spesa”, utilizzati generalmente per compensare i caregiver familiari o “per acquistare servizi di assistenza personale non sempre con contratti regolari”. Tra i Paesi virtuosi che sono intervenuti per introdurre un sistema forte e differenziato di Long term care, l’Upb segnala i Paesi Bassi, la Svezia e la Danimarca che dedicano circa il 3,5% del loro Pil a questo settore.

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